Se ci dovesse essere una patrimoniale cosa accadrebbe se ho tutti i miei risparmi liquidi sul conto corrente? E se avessi invece i soldi all’estero? Sarei esente?
A questi e ad altri casi sono state date delle risposte per capire se l’introduzione di una patrimoniale potrà andare a toccare il proprio patrimonio o meno
A inizio aprile il gruppo del Partito Democratico (Pd) alla Camera ha avanzato l’idea di un contributo di solidarietà a carico dei redditi più elevati, per il 2020 e il 2021, che riguarderebbe i cittadini con redditi superiori agli 80mila euro annui. Secondo le stime del Pd il gettito previsto sarebbe di circa 1,3 miliardi di euro annui. Altre ipotesi sono in campo. E subito torna alla mente il prelievo forzoso deciso nel 1992 del governo Amato. Cosa accadrebbe ai risparmi degli italiani se il governo decidesse di introdurre una nuova tassa sul patrimonio? C’è il rischio che si arrivi a un altro intervento retroattivo?
We Wealth ha sentito alcuni esperti del settore, tra cui Emanuele Grippo, socio dello studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli &Partners, e Massimiliano Campeis, senior partner dello studio avvocati Campeis, e ha preso in esame sei casi, tra i più significativi, analizzando il possibile impatto di una nuova patrimoniale.
Prima di esaminarli, individualmente, può essere utile ripercorrere la storia recente delle imposte sul patrimonio.
Non è la prima volta, infatti, che gli italiani si trovano ad avere a che fare con governi che mettono le mani nei loro portafogli. La mossa che è rimasta più impressa nella memoria dei risparmiatori è appunto quella introdotta con il decreto dell’11 luglio 1992 dall’allora governo Amato, nel suo primo mandato da presidente del consiglio. Con quel decreto venne, infatti, deliberato retroattivamente un prelievo forzoso del 6 per mille sui conti correnti bancari degli italiani. La lira era sotto attacco e l’obiettivo era evitare che la moneta uscisse dal Sistema monetario europeo (Sme). Amato voleva trovare in tempi rapidi una soluzione a una crisi finanziaria che, secondo il suo governo, non era risolvibile attraverso interventi di politica monetaria. L’ipotesi di una svalutazione della lira fu inizialmente accantonata perché l’Italia aveva, già allora, un debito pubblico troppo elevato e un ulteriore indebolimento della divisa avrebbe aggravato lo stato delle finanze pubbliche.
Il prelievo forzoso portò nelle casse dello Stato circa 100 mila miliardi di lire. Questo, tuttavia, non scongiurò il peggio: il 16 settembre 1992, infatti, la lira fu costretta ad uscire dal Sistema monetario europeo a causa di una forte speculazione finanziaria da cui trasse profitto soprattutto il finanziere George Soros, tramite il suo fondo Quantum.
L’Italia ha però nel suo Dna la patrimoniale e un secolo di storia parla chiaro. La prima proposta di tassa sul patrimonio arrivò nel 1919 con il governo Nitti. L’idea si poggiava sul progetto studiato dall’allora onorevole Meda che aveva ipotizzato un’imposta proporzionale dell’1 per mille sui patrimoni superiori alle 10 mila lire. Nel 1926 fu la volta del prestito del Littorio, misura del governo Mussolini. La manovra prevedeva la trasformazione forzosa di 15 miliardi di debito pubblico a breve/medio termine in un debito a lungo termine. Negli anni 1936, 1937 e 1938 arrivò la patrimoniale sugli immobili (3,5%), sul capitale delle Spa (10%) e sul capitale delle aziende in forma non azionaria (7,5%). Il gettito delle ultime due si esaurì negli anni della guerra, mentre l’imposta immobiliare si protrasse fino al suo riscatto (1951-1952). Nel 1940 fu la volta di una nuova patrimoniale, più sullo stile Meda, che però andò a colpire esclusivamente persone fisiche, società, associazioni e ogni altro ente purché di valore superiore alle 10 mila lire, con un’aliquota proporzionale dello 0,5%. Dopo il prelievo forzoso del 1992, che segnò particolarmente la storia italiana, nel 1996 ci fu l’Eurotassa lanciata dal governo Prodi. Obiettivo era quello di ridurre il disavanzo dello Stato dello 0,6%, per consentire il rispetto dei parametri di Maastricht ai conti pubblici italiani, permetto l’ingresso dell’Italia nell’area euro. Si è dunque dato vita a un’addizionale sulle imposte sul reddito delle persone fisiche che si basava su cinque aliquote progressive (dallo 0% al 3,5%). Nel 2011 venne emanato il decreto Salva Italia e dell’introduzione dell’Imu sulla prima casa. E infine nel 2014 toccò ai pensionati. Fu infatti istituito un contributo di solidarietà dal 6 all’8% per le pensioni superiori ai 91 mila euro.
1) Il mio patrimonio è allocato in liquidità
In questo caso c’è ben poco da fare. Se ci sarà una patrimoniale stile “prelievo forzoso” del 1992, i soldi verranno prelevati nella percentuale decisa dall’esecutivo. Nell’ipotesi (poi accantonata) del Pd relativa a un “contributo di solidarietà” le somme in giacenza sul conto sarebbero escluse dal prelievo, perché questo andrebbe a impattare direttamente ed esclusivamente sul reddito. Non importa dunque quanti soldi liquidi o meno si hanno sul conto corrente.
2) Sono un cittadino italiano ma ho i soldi in un conto corrente all’estero
Anche in questo caso non si scappa dalla patrimoniale. Lo scambio di informazioni e la trasmissione dei dati tra le Amministrazione fiscali dei diversi paesi garantisce un regime di piena trasparenza a livello internazionale. E dunque, conoscendo nei minimi dettagli le somme detenute all’estero dai cittadini italiani, il prelievo, forzoso o meno, potrà essere effettuato senza problemi dallo Stato italiano.
3) Ho il patrimonio investito in titoli di Stato, azioni, obbligazioni o fondi d’investimento
Nel caso si dovesse dare il via a un prelievo forzoso come quello avvenuto nel 1992 le somme investite in Btp, azioni, obbligazioni societarie o altri strumenti finanziari, come i fondi comuni saranno escluse dall’imposta. Se invece l’eventuale nuova tassazione andrà a colpire la ricchezza finanziaria (ad esempio intervenendo sull’imposta di bollo, che oggi vale il 2 per mille delle somme investite sul deposito) gli strumenti finanziari saranno coinvolti e si dovrà pagare la percentuale richiesta.
4) Il mio patrimonio è conservato in una cassetta di sicurezza
In questo caso, il denaro non sarà coinvolto dall’imposta patrimoniale, di qualunque genere essa sia. Da ricordare che nella cassetta di sicurezza si possono conservare: contanti, orologi, gioielli, quadri, titoli, assegni, oro. L’unico modo per ottenere una tassazione da questa ricchezza è che il titolare dichiari spontaneamente il contenuto. In caso contrario, si dovrebbe ordinare un’apertura forzosa di tutte le cassette di sicurezza. Misura assai improbabile.
5) Una parte dei miei risparmi è in una polizza vita
L’imposta patrimoniale non dovrebbe toccare questi strumenti. Infatti le polizze vita, se ben costruite, hanno una natura previdenziale. In questa logica, dovrebbe prevalere la necessità di tutelare le suddette finalità previdenziali del cittadino che ha sottoscritto la copertura assicurativa.
6) Sono fiscalmente residente all’estero ma ho un conto corrente o un deposito titoli in Italia
In questo caso se il governo italiano dovesse decidere di imporre un’imposta patrimoniale, di qualsiasi natura, il suddetto cittadino estero non sarà colpito. Le imposte infatti sono esclusivamente di competenza nazionale. Resta fermo che si deve essere fiscalmente residenti all’estero e non solo di facciata. Come nel caso in cui si sposta la residenza fiscale all’estero per eludere le tasse in Italia, ma in realtà si ha una vita stabile nella penisola italiana. In questo caso, l’Agenzia delle entrate potrebbe contestare il trasferimento della residenza fiscale all’estero.
In conclusione, comunque, al momento ci sono solo voci e tante ipotesi. Così come dubbi e incertezze sulle tempistiche di una simile mossa: ora, a fine anno o più avanti? Stando a quanto circola in ambienti legali, le voci che si sentono sembrano comunque concordare su una cosa: se si dovesse arrivare all’introduzione di una nuova patrimoniale, questa misura dovrebbe avere caratteristiche diverse rispetto al prelievo forzoso, per evitare di colpire indistintamente anche le fasce più deboli della popolazione.