I risultati delle ricerche di Bernanke, Diamond e Dybvig spiegano “il motivo per cui è fondamentale evitare i crolli bancari”, ha affermato l’Accademia
Per il grande pubblico Ben Bernanke è stato il presidente della Federal Reserve in uno dei momenti più difficili della storia finanziaria, avendo guidato la banca centrale durante e dopo la Crisi del 2008 (per la precisione, fra il 2006 e il 2014).
Prima della sua esperienza da banchiere centrale, però, Bernanke ha dato un contributo significativo alla ricerca economica da studioso della Grande Depressione e delle crisi bancarie. Ed è per quel contributo che la Accademia reale svedese delle scienze ha deciso di assegnargli il Premio Nobel 2022 per l’Economia, assieme ad altri due pionieri nella ricerca sulle crisi finanziarie e sul mondo bancario, Douglas Diamond (University of Chicago) e Philip Dybvig (Washington University di St. Louis).
Secondo il comunicato dell’Accademia i tre studiosi “hanno migliorato significativamente la nostra comprensione del ruolo delle banche nell’economia, in particolare durante le crisi finanziarie”. I risultati delle loro ricerche spiegano “il motivo per cui è fondamentale evitare i crolli bancari”.
In particolare, Bernanke ha evidenziato, con il suo studio pubblicato nel 1983, come le crisi bancarie e i relativi fallimenti fossero stati uno degli elementi cruciali che hanno determinato la grave depressione economica degli anni Trenta. Questo ha comportato un crollo nella produzione, un boom della disoccupazione i cui effetti si sono trasmessi, dagli Stati Uniti, a livello globale. “Al tempo della pubblicazione del lavoro di Bernanke la visione comune era che le banche erano fallite per effetto della crisi, non erano state una causa della crisi”, ha affermato l’Accademia durante la cerimonia di premiazione, “oggi, la visione di Bernanke è quella comune e ha ricevuto solide conferme empiriche negli anni”.
Le analisi di Bernanke, Diamond e Dybvig “hanno avuto una grande importanza pratica nella regolamentazione dei mercati finanziari e nella gestione delle crisi finanziarie”, che oggi prevedono importanti requisiti prudenziali per evitare che gli istituti di credito siano a rischio fallimento in caso di scenari economici avversi. Se negli anni ci si è abituati ad analizzare la solidità patrimoniale della banche e a sottoporle agli stress test, lo si deve anche alla consapevolezza dei danni che deriverebbero da un eventuale fallimento bancario di grosse proporzioni.
Diamond e Dybvig, da parte loro, hanno mostrato i perversi effetti che il timore di un fallimento bancario può innescare fra i risparmiatori: la corsa agli sportelli per il ritiro dei depositi ‘prima che sia troppo tardi’, rischia di diventare una profezia che si autoavvera. “Queste dinamiche pericolose possono essere evitate se il governo fornisce un’assicurazione sui depositi e agisce come prestatore di ultima istanza per le banche”, ha spiegato l’Accademia. Questa assicurazione è ormai la norma: il Fondo interbancario italiano, ad esempio, garantisce tutti i depositi fino a 100mila euro – anche in caso di default.
“Le intuizioni dei vincitori”, ha dichiarato Tore Ellingsen, presidente del Comitato per il Premio in Scienze Economiche, “hanno migliorato la nostra capacità di evitare gravi crisi e costosi salvataggi”.