L’allungamento della durata del mutuo ha un costo per il mutuatario, dato che la quota di interessi aumenta proporzionalmente con il numero di anni di contratto
Papucci: “Consigliamo di allungare la durata del mutuo solamente a coloro che faticano a pagare la rata attuale e hanno davvero necessità di ridurre le loro spese mensili”
Governo al lavoro contro il caro-mutui. Sul tavolo la possibilità di fornire ai mutuatari a tasso variabile una soluzione per alleggerire il peso mensile delle rate, rendendo obbligatorio l’allungamento del periodo di ammortamento. Ma conviene davvero? E se sì, quando? We Wealth ne ha discusso con Nicoletta Papucci, direttore marketing di MutuiOnline.it, elaborando una simulazione per calcolare in che misura la quota di interessi aumenterebbe se si decidesse di allungare la durata di un mutuo di 250mila euro a 20 anni di ulteriori 10 anni.
“Nel caso in cui il governo decidesse realmente di legiferare a favore dell’obbligatorietà dell’allungamento della durata dei mutui, probabilmente limiterebbe l’utilizzo della norma a una parte di mutuatari più in difficoltà (per esempio, come per la norma di fine 2022 che obbliga le banche ad accettare il passaggio dal tasso variabile al tasso fisso, per mutui sotto i 200mila euro per mutuatari mai insolventi con Isee familiare sotto i 35mila euro) e indicherebbe la durata massima del mutuo, che difficilmente va oltre il compimento dei 75 anni anagrafici dell’intestatario”, spiega innanzitutto Papucci. L’allungamento della durata del mutuo, in ogni caso, ha un costo per il mutuatario, dato che la quota di interessi aumenta proporzionalmente con il numero di anni di contratto.
Allungare la durata del mutuo conviene?
In una simulazione fornita da MutuiOnline su dati reali di mercato, ipotizziamo che un impiegato di 40 anni abbia sottoscritto un mutuo per l’acquisto di una prima casa nell’ottobre del 2019. Supponiamo che l’importo del finanziamento, della durata di 20 anni, fosse di 140mila euro e che il valore dell’immobile fosse di 200mila euro. Optando per il tasso variabile la rata iniziale per un mutuo sottoscritto all’epoca, quando i tassi raggiungevano lo 0,48% nella migliore delle opzioni, si attestava sui 612 euro. Oggi, a un tasso del 4,22%, la rata è salita mediamente del 41,3% a 865 euro. Ad ogni modo, in 20 anni di durata si pagherebbero 67.526 euro di interessi. Nel caso in cui si decidesse di allungare la durata di 10 anni, portandola a 30, la quota di interessi aumenterebbe del 59% arrivando a 107.053 euro e la rata mensile diminuirebbe solo del 20,7% (686 euro). “Si capisce facilmente come l’allungamento della durata porti un sollievo limitato alle famiglie, e solo nel breve termine”, osserva Papucci. “Considerando questo aumento di costo complessivo, consigliamo di allungare la durata del proprio mutuo solamente a coloro che faticano a pagare la rata attuale e hanno davvero necessità di ridurre le loro spese mensili”.
Mutui, come mettersi al riparo dai tassi alti
Come suggerito dall’Associazione bancaria italiana, per mettersi al riparo dai tassi alti esistono tre alternative: la surroga, il fondo Gasparrini o la possibilità introdotta a fine 2022 dall’attuale governo di passare da un mutuo a tasso variabile a fisso con la propria banca. La surroga permette di trasferire il proprio mutuo a un’altra banca senza costi aggiuntivi, modificando la durata del finanziamento o la tipologia di tasso o l’importo totale nel caso in cui si abbia liquidità extra da versare. “È completamente gratuita grazie alla Legge Bersani del 2007 ed è sempre l’opzione più conveniente per il cliente in quanto permette di confrontare tutte le offerte presenti sul mercato e scegliere quella migliore per le proprie esigenze”, spiega Papucci.
Il Fondo Gasparrini permette di sospendere il pagamento delle rate del mutuo per prima casa per coloro che si trovano in difficoltà per cause gravi come la perdita del lavoro, la morte o la non autosufficienza; per accedervi è necessario fare domanda compilando un apposito modulo tramite la propria banca. C’è poi la norma introdotta dalla Legge di bilancio di quest’anno (197 del 29 dicembre 2022) che, come anticipato, obbliga le banche ad accordare il passaggio da variabile a fisso in alcuni casi – mutui sottoscritti prima del 2023 di importo non superiore ai 200mila euro per mutuatari mai insolventi con Isee familiare sotto i 35mila euro – e a un prezzo fissato. “Questo prezzo prevede il mantenimento dello spread esistente e un tasso di riferimento in base agli anni di durata del mutuo rimanenti. A causa di questa modalità di costruzione del tasso e al fatto che fino a un anno fa gli spread sui tassi variabili erano abbastanza alti (essendo i tassi di riferimento negativi), il prodotto è raramente particolarmente conveniente per i mutuatari”, osserva Papucci. “Esistono infine delle tipologie di prodotto che permettono durante la vita del mutuo di passare un tot di volte da variabile a fisso, o i mutui a rata costante che permettono di fissare la rata mensile mantenendo un tasso variabile”, ricorda l’esperta.
Ma come scegliere tra le varie opzioni? “Come sempre la scelta migliore dipende da vari fattori relativi alla propria situazione economica e contrattuale, tra cui la tipologia di mutuo in essere, la durata rimanente, le sue condizioni, lo stipendio mensile e il numero di familiari a carico”, dice Papucci. Poi conclude: “Il consiglio per i possessori di mutuo a tasso variabile è quello di cercare di surrogare quanto prima verso un tasso fisso: quest’ultimo è al momento un porto sicuro, ha tassi su livelli storicamente più che accettabili e più convenienti dei variabili (a giugno quasi di 80 punti base) e tiene lontani da rischi di altri probabili rialzi del costo del denaro nei prossimi mesi perché non direttamente influenzato dalle decisioni della Banca centrale europea”.