La quota di mercato di Hong Kong è in costante aumento negli ultimi anni. Il dato più significativo è stato registrato nel 2020 con il 23,1% del fatturato contro il 17,5% del 2019. Nel primo semestre del 2021 la quota di mercato è salita al 22,2% del totale segnando il sorpasso su Londra che si è fermato ad una quota del 19,7%. New York rimane leader del mercato con una quota del 45,1% del totale in crescita rispetto al 44% del 2020 ma in calo rispetto al 2019 (51%).
Altri dati del report di Deloitte evidenziano come i compratori asiatici diventano i maggiori investitori in asta nel primo semestre 2021, con preferenza per gli artisti viventi e gli acquisti online. Forte la richiesta di artisti internazionali.
Guardando al mercato dell’arte contemporanea del periodo 2020-2021 (secondo e primo semestre), Artprice nel Report dedicato al settore conferma l’ascesa del mercato cinese nel panorama internazionale. I dati evidenziano che Hong Kong, unita a Taiwan e alla Cina sono diventati il principale mercato mondiale per l’arte contemporanea, non solo per gli artisti asiatici, ma anche per un numero crescente di artisti occidentali. Il contributo combinato di queste tre piazze al mercato globale contemporaneo (circa 1 miliardo di dollari) rappresenta il 40% del suo valore. Seguono gli Stati Uniti con il 32% del mercato e il Regno Unito con il 16%. La Francia occupa la quarta posizione con il 2,2% e precede la Germania che copre l’1,7% del mercato.
Con riguardo a Hong Kong il tasso di invenduto è il più basso al mondo: appena il 10% contro una media globale del 30%. Hong Kong è stata anche leader del “mercato premium” del periodo con 129 risultati di Contemporary art che hanno superato la soglia del milione di dollari, 6 in più rispetto agli Stati Uniti. Inoltre, i cataloghi delle aste della città asiatica hanno presentato nel periodo di osservazione opere di qualità elevata e di livello internazionale come quelle di Basquiat e Richard Prince che hanno registrato importanti aggiudicazioni e record d’asta.
In questa direzione hanno da tempo lavorato Christie’s, Sotheby’s e Phillips, che negli anni hanno aperto il mercato di Hong Kong alle maggiori firme occidentali. Ciò si unisce ai nuovi format delle aste online aperte all’intero pubblico globale e ad alcune partnership avviate con importanti player locali del settore arte. Come, ad esempio, quella di Phillips con Poly International, quarta casa d’aste al mondo.
Questi fattori hanno aperto le porte del mercato a nuovi collezionisti asiatici, più giovani e più tecnologici, che nel periodo 2020 – 2021 hanno contribuito al 30% circa delle vendite realizzate.
Il modello di Hong Kong viene ora esportato in altri paesi della regione, tra cui Seoul e Tokyo. In particolare, il Giappone grazie ad alcune riforme fiscali dedicate al settore aspira a diventare il prossimo polo asiatico dell’arte, secondo un’analisi contenuta nel report di Deloitte Private. Il regime fiscale dei Freeport (porti franchi) è stato significativamente semplificato in modo da favorire fiere e mercanti per l’esibizione di opere d’arte in aree specifiche e per favorire gli acquisti da parte di compratori internazionali che si vedono ora ridotti gli oneri fiscali locali.
A questo si aggiunge la riforma delle imposte sulle successioni per i beni artistici che nel regime previgente prevedeva un carico fiscale che poteva arrivare fino al 55% del valore del bene. Ora con la riforma fiscale si agisce su più fronti: da un lato si interviene per favorire la pianificazione anticipata e le donazioni di beneficienza cercando di limitare il deflusso all’estero di opere d’arte di valore e, dall’altro, si promuovere l’esposizione delle opere nei musei d’arte e l’impiego di opere d’arte per compensare le imposte di successione. Questo ambizioso obiettivo giapponese dovrebbe beneficiare della stretta sul regime dazi sull’arte che il governo di Hong Kong sta discutendo in questo periodo. Fino ad oggi i dazi di Hong Kong sono stati azzerati per agevolare le operazioni sul territorio da parte di compratori esteri.