Giovanni Gastel, il racconto della sua estetica
Fotografo di successo, protagonista di servizi di moda sin dagli anni ’80, profondo conoscitore dell’arte applicata alle immagini. Da sempre circondato da bellezza, poesia e cultura è uno dei professionisti più apprezzati del settore anche a livello internazionale. Ha contribuito all’evoluzione della moda come la conosciamo adesso esaltandone seduzione ed erotismo. Con immagini eleganti, sospese tra realtà e sogno, ha raccontato le donne, protagoniste assolute dei suoi scatti. Innumerevoli i suoi lavori anche per campagne pubblicitarie di notissimi brand commerciali. Amato dai collezionisti e dalla critica, dalle donne e dalla moda, è sempre stato coerente con sé stesso passando con disinvoltura dallo still life al ritratto, dallo scatto di moda alla ricerca.
Nei suoi lavori è evidente una forte componente personale nel rappresentare le donne in modo sofisticato e elegante in un equilibrio che quasi le spersonalizza…
Le donne sono un universo psicologico lontanissimo da quello maschile con una elevata componente di mistero per me. Mi hanno sempre attratto i meccanismi mentali femminili. C’è da dire però che quando fotografo per la moda il protagonista della fotografia è il vestito, non la donna. La scelta della donna è funzionale al vestito. Non mi occupo del suo universo personale. La donna qui diventa attrice. Quando faccio ritratto è un pò diverso. Dedico del tempo prima di scattare per comprendere il nucleo chi ho davanti. Però come dico sempre non sono uno specchio, sono un filtro. È la donna che entra dentro l’obiettivo e ne viene fuori reinterpretata da me. Quando fotografo cerco comunque di rappresentare, in quello scatto, la massima espressione della donna in termini assoluti. Le mie donne emanano luce, non la ricevono.
Come si riconosce quel collegamento imprescindibile tra artista e opera nei suoi lavori tali da renderli immediatamente identificabili?
L’eleganza è il filo conduttore. Il buongusto, il rispetto per la donna. L’eleganza anche come valore morale. Come rispetto delle regole per una convivenza civile. L’eleganza è molto più erotica della volgarità. La volgarità consiste nel fingere di essere qualcos’altro. La fotografia invece è un atto di coerenza e di seduzione. Non sento la necessità di cedere al nudo per attirare l’attenzione. In termini generali interpreto la fotografia come un atto teatrale nel senso che quando vedo una cosa molto interessante per strada non penso di fotografarla ma penso di rifarla. Uso quello che ho visto e lo reinterpreto secondo il mio stile.
Rispetto all’arte contemporanea la fotografia deve ancora esprimere tutto il suo potenziale. Dopo un 2018 di stasi, il mercato della fotografia nel 2019 ha registrato un trend positivo, con fatturati in rialzo e livelli di invenduti in calo.
Adesso è un momento in cui si possono creare delle collezioni importanti a prezzi ancora accessibili. La fotografia d’autore è oramai stata accettata come forma d’arte da tutti i grandi musei del mondo. E’ sicuramente in ascesa e continuerà questo trend nei prossimi anni.
Secondo il Report di Deloitte Art&finance 2019 appena presentato il mercato secondario della fotografia si caratterizza per notevoli complessità inerenti l’autenticità e il valore che le diverse edizioni di una stessa opera possono avere…
Io ho risolto questi limiti, questi nodi che rendono il mercato oggi difficilmente praticabile. Io faccio tiratura definitiva e eterna. La tiratura delle mie fotografie è generalmente limitata a cinque esemplari, in alcuni casi a tre esemplari. A me rimane la prova d’autore. Il tutto viene accompagnato da una expertise e da una certificazione notarile. Il formato lo lascio libero, nel senso che lascio che sia chi acquista a sceglierlo ma vale sempre come un esemplare. Nessuno potrà produrre più esemplari neanche in formati diversi, neanche dopo la mia morte. La trovo una forma di rispetto nei confronti di chi acquista fotografia. Mi immedesimo nei panni del collezionista e ne comprendo le esigenze di autenticità, data, firma e numero estremamente limitato di esemplari in giro per il mondo. Nel commercio il tanto certifica, in arte certifica il poco.
Il Tribunale di Milano nella recente sentenza n. 2539/2020 del 23 aprile 2020 ha delineato gli elementi che caratterizzano la fotografia “artistica” rispetto a quella “semplice” precisando che “il riconoscimento del valore artistico risiede nella capacità creativa dell’autore. Vale a dire nella sua impronta personale, nella scelta e studio del soggetto da rappresentare così come nel momento esecutivo di realizzazione e rielaborazione dello scatto, tali da suscitare suggestioni che trascendono il comune aspetto della realtà rappresentata”. In tal modo la fotografia può beneficiare della “tutela rafforzata” prevista dalla legge sul diritto d’autore.
Mi sembra una correttissima definizione quella dei giudici milanesi. Addirittura, dico che un’opera d’arte ben riuscita lascia un lato aperto in modo che l’osservatore possa entrare e contribuire alla sua creazione. Il plusvalore lo dà anche quello. La rielaborazione da parte dell’artista rimane comunque l’aspetto fondamentale. Il soggetto rimane sé stesso ma viene rappresentato come io lo vedo, secondo il mio vissuto e le mie emozioni.