Se il governo di Giorgia Meloni fosse un film, si direbbe un successo di pubblico e di critica: sono le rilevazioni degli istituti dei sondaggi, i giudizi espressi da analisti e agenzie di rating e le reazioni dei mercati finanziari a suggerire questa considerazione, a poco più di 100 giorni da inizio mandato. Secondo Morning Consult, un istituto di ricerca internazionale, Giorgia Meloni risulta, al 25 gennaio, la quinta leader di governo più popolare al mondo, secondo il parere della popolazione nazionale, preceduta in Europa solo dallo svizzero Alain Berset. Con un’approvazione del 53%, Meloni è riuscita a migliorare il dato che la stessa Morning Consult aveva rilevato subito dopo la vittoria elettorale, pari al 49% (anche se, in parallelo, si sono ridotti gli incerti, che hanno ingrossato le file degli scontenti, dal 33 al 39%).
La tenuta nella popolarità del governo Meloni non poteva dirsi scontata, se si considera che l’unico partito di opposizione al precedente esecutivo guidato da Mario Draghi, nel frattempo, ha approvato una Legge di Bilancio nel segno della sua continuità.
“Una delle prime misure del governo è stata l’approvazione del bilancio 2023, che prevede un deficit fiscale del 4,5% del Pil [in calo dal 5,6%, Ndr.], rimanendo sostanzialmente in linea con l’orientamento di bilancio prudente del governo precedente”, ha affermato l’agenzia di rating S&P in una nota del 30 gennaio, “nonostante alcune politiche controverse”. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da un esecutivo guidato da un partito bollato come ‘populista’ per lungo tempo, S&P anticipa “un inasprimento della politica fiscale”, ossia tagli alla spesa pubblica “perché il governo ha uno spazio fiscale molto limitato, dato l’elevato debito (147% del Pil nel 2023) e l’annunciata riattivazione dei vincoli fiscali imposti a tutti gli Stati membri dell’Ue dal Patto di stabilità e crescita nel 2024”. Oltre a S&P, il consenso generale degli analisti finanziari non prevede che il governo Meloni si avventurerà in generose politiche di spesa o tagli di tasse privi di coperture.
Il termometro dei mercati parla chiaro
Anche per questo i primi 100 giorni del governo non hanno provocato un allargamento dello spread Btp-bund, che rappresenta quanto l’Italia sia considerata un debitore a rischio rispetto a quello più affidabile (la Germania). Rispetto all’ultimo valore pre-elettorale, quello del 23 settembre, lo spread si è ridotto, al 1° febbraio, del -14,44%, scendendo da 219,7 a 188 punti base. Con un deciso abbassamento osservato, per di più, nei giorni successivi all’approvazione della Legge di Bilancio.
La Manovra del governo Meloni, del resto, ha concentrato due terzi delle risorse sulla moderazione dei costi delle bollette a famiglie e imprese. Alle altre misure gli osservatori finanziari hanno dato poco peso: “Il resto”, aveva commentato il 19 gennaio il senior economist di ING, Paolo Pizzoli, “è disperso in numerose misure, che vanno dal rifinanziamento del taglio al cuneo fiscale (ancora una volta, in continuità con il governo Draghi) all’estensione di un sistema di simil flat tax per i lavoratori indipendenti”. Nonostante i nomi evocativi (flat tax incrementale), ma anche un moderato taglio al cuneo fiscale sono misure il cui costo è relativamente contenuto. Anche le finestre di pensionamento anticipato riconosciute ad alcuni lavoratori, da sempre criticate dalle istituzioni sovranazionali come l’Ocse, sono diventate meno accessibili e generose delle analoghe misure approvate in passato.
Gli endorsement politici
Una postura così prudente e conservativa non ha tardato a guadagnare il plauso anche dell’establishment politico. In visita a Roma il 30 gennaio, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha pubblicamente lodato la “responsabilità” della premier italiana nei suoi primi 100 giorni di governo: “Volevo fare un in bocca al lupo alla Presidente del Consiglio”, ha dichiarato Michel, “e ringraziarla per la collaborazione molto franca, diretta e sincera che abbiamo avuto in questi mesi a livello europeo, sulla base degli interessi italiani ma anche con la volontà di tutelare l’Unione europea”. Sono parole che non lasciano trasparire troppo gli elementi più controversi finora portati sul tavolo dal governo italiano: le politiche migratorie e la volontà di rinegoziare i termini del Pnrr per l’Italia.
Anche The Economist, una delle letture preferite dell’élite politico-finanziaria globale, ha dovuto concedere a Giorgia Meloni, nonostante la storica avversità della testata ai leader di stampo populista, il fatto di non aver spaventato né i mercati né l’establishment europeo; peraltro, senza perdere quota di consenso nel Paese. Se questo è accaduto, però, è anche perché la parte difficile del lavoro non sarebbe ancora arrivata. “E’ ciò che non è successo da quando la destra ha preso il potere ad essere più eloquente”, ha scritto il newspaper britannico, “i mercati non hanno quasi sussultato all’avvento di un governo guidato da un partito che trae le sue origini dal neofascismo e che un tempo era sfacciatamente euroscettico”.
Quando arriverà sul tavolo il tema della riforma constituzionale, in senso semipresidenziale, le divisioni politiche con la Lega potrebbero esplodere, ha scritto l’Economist. Anche la verifica dei target per il rilascio dei fondi del Recovery resta ancora di là da venire, nonostante il governo abbia dichiarato di averli raggiunti tutti e 55. Ma, soprattutto, il timore di numerosi analisti è che la stretta monetaria della Bce e il quantitative tightening, che ridurrà i Btp nel portafoglio della banca centrale, finiranno per far aumentare di molto i rendimenti dei titoli di Stato italiani (che finora hanno tenuto). La normalizzazione monetaria, ritenuta necessaria per contenere l’inflazione in Europa, è stata ripetutamente criticata dal governo Meloni: l’elevato debito pubblico, infatti, espone il governo italiano a costi di rifinanziamento molto più sensibili all’andamento degli interessi richiesti dagli investitori. Questo significa che, se i tassi dei Btp salgono, ci saranno decisamente, per il governo ci saranno meno soldi per realizzare il programma politico e mantenere il consenso.
Secondo una nota degli analisti di Goldman Sachs datata 10 gennaio “la sostenibilità del debito italiano resterà in cima ai pensieri” a causa di “un’elevata emissione nel primo trimestre, l’inizio del Quantitative tightening a marzo e potenziali frizioni intorno all’implementazione del Next Generation Eu nel primo semestre del 2023”. Lo spread, secondo la banca d’affari dovrebbe risalire in area 260 punti base a causa di tutte queste sfide.
Se dovesse partire una speculazione sui Btp, la Bce interverrà con il suo scudo anti-spread, il Tpi? E’ l’interrogativo sui cui gli investitori, ma probabilmente anche i tecnici del governo, si stanno arrovellando da alcune settimane.
Se di un film davvero si trattasse, quello del governo Meloni è solo all’inizio: è partito con calma, ma promette colpi di scena.
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La condotta del governo Meloni come può influenzare l’andamento dei Btp che ho in portafoglio?
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