Nei casi in cui in sede di passaggio generazionale non sia possibile effettuare un semplice trasferimento di partecipazioni tra familiari occorre tenere in considerazione differenti soluzioni e opportunità.
Soluzioni differenti rispetto al semplice trasferimento di partecipazioni tra familiari
In tal senso, la necessità di un ricambio generazionale in ambito proprietario può talvolta implicare il trasferimento a terzi dell’intera partecipazione o della maggioranza di essa, tramite una vendita a investitori istituzionali che operano nel settore o che intervengono tipicamente in fase di “turnaround” o laddove vi sia necessità di un ricambio generazionale.
In altri casi ancora, in luogo del tradizionale passaggio generazionale in ambito familiare, si fa luogo ad un passaggio di proprietà tramite l’ammissione delle partecipazioni alla negoziazione su un mercato regolamentato o un sistema multilaterale di negoziazione.
In alternativa (o, in talune particolari circostanze, in connessione) alle predette eventualità, gli amministratori e i dirigenti dell’impresa possono rendersi promotori di un’operazione di acquisizione con indebitamento della società che gestiscono, configurando ciò che viene generalmente definito come “management buyout” o anche “Mbo”.
In conformità alla generale struttura delle operazioni di “merger leveraged buyout”, l’Mbo implica tipicamente la costituzione di una società veicolo da parte del management (“BidCo”) al fine di acquistare il capitale della società “target” gestita. Generalmente in tale contesto le risorse finanziarie di BidCo necessarie per l’acquisizione sono ottenute (prevalentemente) tramite l’accesso a forme di credito, garantite dagli asset della target. Acquisito il capitale della target e operata la fusione tra BidCo e la società target, in capo al management già proprietario delle partecipazioni in BidCo si possono venire a sommare la qualifica di lavoratore dipendente o assimilato e quella di socio della stessa impresa datrice di lavoro.
Quale tassazione si applica negli Mbo?
Come noto, a fini reddituali, la remunerazione in qualità di dipendente o lavoratore assimilato sconta una tassazione Irpef che può arrivare sino al 43%, mentre i proventi che possono essere ottenuti in ragione della qualifica di socio scontano una ben più favorevole tassazione del 26%.
La posizione dell’Agenzia delle entrate sugli Mbo
A tal proposito, laddove non sia prevista a favore dei manager-soci alcuna partecipazione agli utili in misura più che proporzionale all’investimento effettuato, o non siano ravvisabili altre tipologie di diritti patrimoniali “rafforzati”, l’Agenzia delle entrate, con la risposta a interpello n. 427 del 2019, ha dapprima precisato come fosse da ritenere “indubbia” la qualificazione di redditi di natura finanziaria per dividendi e plusvalenze percepiti da soci che fossero anche lavoratori dipendenti o assimilati, con tassazione quindi al 26%.
Nondimeno, successivamente, con la risposta a interpello n. 565 del 2020, la stessa Agenzia delle entrate ha avuto modo di precisare come l’eventuale presenza di clausole di “leavership” incondizionate possa condurre a una ri-qualificazione di dividendi e plusvalenze in reddito di lavoro dipendente o assimilato (ed alla conseguente più gravosa tassazione progressiva Irpef), indifferentemente dall’esistenza o meno di diritti patrimoniali rafforzati in capo alle partecipazioni considerate.
Tutto ciò posto, emerge l’opportunità di un’attenta strutturazione degli accordi contrattuali relativi all’Mbo, soprattutto nei casi in cui l’operazione preveda una compartecipazione di management e investitori istituzionali.
(Articolo scritto in collaborazione con Thomas Yang, di Lca Studio Legale)
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Sui premi di risultato Mbo la tassazione è ordinaria o separata? Cosa succede se l’incentivo è stato pagato al manager nell’anno successivo a quello di maturazione?
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