La principale “minaccia” per chi riceve un bene in donazione è rappresentata dalla presenza dei legittimari. Infatti, il nostro ordi- namento riserva a tali soggetti (nello specifico coniuge e figli) una quota di eredità legittima della quale non possono essere privati.
A tal proposito, uno degli strumenti di tutela che la legge attribuisce al legittimario leso dalla disposizione del donante si rinviene nell’“azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione”, di cui all’art. 563 del Codice Civile, la quale impone al terzo avente causa del donatario la restituzione dell’immobile a favore del legittimario che ha esperito con successo l’azione di riduzione contro il donatario,
sempre che il patrimonio di quest’ultimo risulti
insufficiente a soddisfare le ragioni del legittimario. Tuttavia, se entro venti anni dalla data di
trascrizione della donazione non sia stata proposta opposizione alla donazione da parte dei
legittimari, l’azione di restituzione non potrà più
essere esercitata e non vi sarà più alcun rischio
per l’acquirente. E ciò a prescindere dal fatto
che il donante sia ancora in vita o meno. Come
noto, in tema di beni oggetto di donazione, uno
degli aspetti più discussi attiene alla loro commerciabilità, vale a dire alla possibilità di essere
venduti liberamente dal donatario senza che l’acquirente incorra nel rischio di essere coinvolto in liti ereditarie con i legittimari del donante.
Ora, per la donazione di cui all’art. 769 c.c. sono richieste particolari formalità: in particolare l’atto pubblico e la presenza di due testimoni. Inoltre, fondamentale risulta la presenza dell’animus donandi, ossia la consapevolezza del donante di attribuire al donatario un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione (elemento soggettivo) e l’effettivo depauperamento del suo patrimonio (elemento oggettivo). Diversamente, nella donazione indiretta la liberalità si realizza mediante uno o più atti che, conservando la forma e la causa propria, hanno l’effetto di arricchire il destinatario. Nella prassi, la fattispecie più diffusa di donazione indiretta, negozio con forma e causa propria del contratto di compravendita, è indicata con l’espressione “intestazione di beni a nome altrui”. È il caso ad esempio dell’immobile acquistato con il denaro del genitore e intestato al figlio. Con questo schema negoziale, oggetto della donazione rimane l’immobile, non già il denaro, ma si arricchisce il beneficiario senza ricorrere al tipo legale di donazione di cui all’art. 769 c.c.
Ci si è chiesti, quindi, se l’esercizio dell’azione contro gli aventi causa del donatario soggetto a riduzione possa essere esperita anche per gli immobili acquistati mediante donazione indiretta. Si tratta di capire se la riduzione delle liberalità indirette incida sulla circolazione di tali beni. Sul punto è intervenuta la Corte di Cassazione con la recente pronuncia del 2 dicembre 2022, n. 35461.
In particolare, i giudici di legittimità hanno smentito quanto affermato nella precedente sentenza dell’11 febbraio 2022 n. 4523 e hanno chiarito che laddove il donatario beneficiario della disposizione lesiva abbia alienato a terzi l’immobile donatogli tramite donazione indiretta, il terzo è al riparo da
ogni pretesa restitutoria del legittimario.
Nel caso di acquisto di immobile e intestazione ad altri, seppure oggetto della donazione sia l’immobile e non il denaro, alle riduzioni delle liberalità indirette non si può applicare il principio della quota legittima in natura, operante in caso di donazione ordinaria dell’immobile. Con la conseguenza che la riduzione delle donazioni indirette non mette in discussione la titolarità dei beni donati, né incide sul piano della loro circolazione.
In definitiva, la Cassazione ha chiarito la sicurezza degli acquisti di immobili di provenienza donativa indiretta riconoscendo la tutela all’affidamento del terzo avente causa del donatario.