Art Basel 2022 è tornata alle origini: nel luogo fisico di Basilea e nel tradizionale mese di giugno (giorni di apertura al pubblico: 16-19/06). È un’edizione vivace, si percepisce la voglia di dimenticare il biennio di pause, cancellazioni e rinvii che si è lasciata alle spalle. Le gallerie sono 289, i nuovi espositori 19 e gli artisti rappresentati circa 4000. Svettano nei percorsi di visita le opere monumentali, i corridoi dei percorsi brulicano di collezionisti blue chip come lo svizzero Uli Sigg, Mera Rubell, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Roger Federer, la star nft Beeple, la curatrice della Biennale d’arte 2022 Cecilia Alemani, il direttore del Guggenheim Richard Armstrong. E c’è già un record.
L’opera più costosa della fiera è il ragno gigantesco di Louise Bourgeois: Spider (1996) costa 40 milioni e fagocita – letteralmente – tutto lo stand di Hauser & Wirth. Chi la acquisterà? È già stata comprata. E si tratta del record di prezzo per l’artista, che ha superato se stessa: il suo Ragno più caro era fino a qualche giorno fa un esemplare, sempre del 1996, venduto nel 2019 da Christie’s per 32 milioni.
La galleria ha confermato l’indiscrezione. Il presidente di Hauser & Wirth, Marc Payot, ha inoltre aggiunto che l’acquirente è “un collezionista europeo”. Spider era stato esposto lo scorso anno a Monaco, in occasione dell’apertura della sede monegasca della galleria. In precedenza, a Londra (2016). L’opera risulta così essere la seconda più costosa di un’artista donna ad oggi. Al primo posto rimane Georgia O’Keeffe con Jimson Weed / White Flower No. 1, venduto da Sotheby’s nel 2014 per 44,4 milioni di dollari. Ad ogni modo, per l’artista nata nel 1911 e scomparsa nel 2010 si è trattato di un vero e proprio rimbalzo del valore delle sue opere, crollate nel 2021 a 14 milioni.
Foto ©Teresa Scarale
Ma i giorni di anteprima sono stati in generale molto prolifici per i galleristi. Sempre Hauser & Wirth ha venduto la serigrafia di Lorna Simpson Wings per 595.000 dollari a una istituzione Usa. Risulta che David Zwirner abbia venduto le sette fotografie a inchiostro di un Concorde di Wolfang Tillmans a un milione. Cliente: il museo norvegese di arte moderna Astrup Fearnley. Una “istituzione europea” ha comprato da Galleria Continua un dipinto di Yoan Capote per 850.000 euro.
Foto ©Teresa Scarale
David Zwirner ha venduto per 12,5 milioni di dollari a una collezione privata asiatica l’opera di Felix Gonzalez-Torres Untitled (Tim Hotel) (1992); per 3,5 milioni ha venduto Elizabeth (1984) di Alice Neel, sempre a una collezione privata. Pace Gallery (la nuova galleria di Jeff Koons) ha invece piazzato per 1,8 milioni di dollari una recentissima opera di Adrian Ghenie, Self-Portrait ‘en plein air’ 3 (2022). L’acquirente è un collezionista americano. La stessa galleria ha ceduto per 1,2 milioni di dollari un Robert Rauschenberg del 1987, mentre Thaddaeus Ropac ha venduto X-ray lila (2020) di Georg Baselitz per 1,4 milioni. Il medesimo Ropac ha affermato di sentirsi come “ai vecchi tempi”.
Anche se, a ben guardare, un’evoluzione c’è stata. Innanzitutto nelle regole di ammissione: per la prima volta, l’organizzazione guidata da Marc Spiegler ha ammesso giovanissime gallerie, non necessariamente esistenti anche con sede fisica, e aperte da meno di tre anni. Una mossa per compiacere il mercato, che ha fame di nuovi talenti: di fianco agli artisti established e blue chip, campeggiano le opere di Rashid Johnson, Avery Singer, Alvaro Barrington, Rachel Jones, Christina Quarles, Florian Krewer, Robin Kid, Omar Ma, per dire. Altissima la quota del venduto per i giovani nei giorni di pre-opening: ma spesso i contratti erano già stati stretti prima, con l’invio dei pdf.
Foto ©Teresa Scarale
A dispetto di questo tumulto, alcuni habitué non si sono fatti vedere, preferendo Documenta (18/06 – 25/09/2022) o la Biennale. Ma alla fine è da Art Basel, che si deve passare, da collezionisti. Molto ricercate per esempio le opere dei partecipanti alla 59. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia. Così, per citarne una, la galleria parigina Kamel Mennour ha venduto rapidamente le opere di Zineb Sedira (alla Biennale rappresenta la Francia) e di Latifa Echakhch (padiglione svizzero). Vale il detto: “Quello che vedi a Venezia, lo compri a Basilea”.
Zineb Sedira, Foto ©Teresa Scarale
Dalle voci dei galleristi e degli advisor, dai primi dati di vendita, emerge un mercato famelico, che ha voglia di recuperare il tempo passato e di non perdersi le star di domani, senza rinunciare ai pezzi forti degli artisti consolidati. L’incerto orizzonte geopolitico ed economico non suscita prudenza, ma il desiderio di non perdere occasioni.