Il diritto di interpello consente al contribuente di conoscere preventivamente la posizione dell’amministrazione finanziaria circa l’interpretazione di una qualsiasi norma tributaria in relazione ad un caso concreto
Prima di porre in essere una condotta fiscalmente rilevante, il contribuente può rivolgere all’Agenzia delle entrate un’istanza per ottenere chiarimenti sull’interpretazione, applicazione o disapplicazione di norme di legge di varia natura, relative a tributi erariali
– Interpello ordinario
Attraverso questa forma di interpello il contribuente è messo nelle condizioni di ottenere indicazioni precise da parte dell’Amministrazione finanziaria circa l’interpretazione di una norma tributaria che, a suo avviso, presenta condizioni di incertezza oggettiva.
In buona sostanza, il soggetto passivo – interessato ad ottenere un parere relativo a fattispecie concrete e personali – chiede all’amministrazione in che modo debba essere interpretata una certa norma, della cui applicazione sussistono condizioni di incertezza. È evidente che per integrare la condizione di obiettiva incertezza non vi devono essere precedenti pareri o precedenti indicazioni dell’amministrazione sul tema oggetto di interpello.
Ciò significa che, a pena di inammissibilità, è onere del contribuente, prima di promuovere l’istanza di interpello ordinario, verificare che l’amministrazione non si sia già spesa sul punto, mediante la pubblicazione di atti di prassi, circolari o risoluzioni.
Sempre nell’ambito dell’interpello ordinario, si segnala il cd. interpello qualificatorio: detta istanza consente di estendere la richiesta di parere non solo al caso in cui in condizione di oggettiva incertezza ricada l’interpretazione della norma ma anche nel caso in cui vi siano condizioni di incertezza, a dire del contribuente, circa l’inquadramento del fatto concreto; dunque incertezza sulla qualificazione tributaria della fattispecie personale prospettata dal contribuente.
– Interpello probatorio
Si tratta di una richiesta rivolta all’amministrazione finanziaria per ottenere un parere sulla sussistenza delle condizioni – o sull’idoneità degli elementi probatori – che permettono di accedere a specifici regimi fiscali.
In questa categoria di interpello rientrano le istanze relative alle seguenti fattispecie: le istanze Cfc (controlled foreign companies) attraverso le quali il contribuente residente dimostra di integrare i presupposti per ottenere la disapplicazione della disciplina sulle imprese estere partecipate; le istanze per le partecipazioni acquisite per il recupero dei crediti bancari; le istanze per la continuazione del consolidato o per l’accesso al consolidato mondiale; le istanze presentate dalle società che integrano i requisiti per essere considerate non operative.
– Interpello anti-abuso
Costituisce uno strumento mediante il quale il soggetto passivo chiede all’amministrazione se le operazioni che vuole realizzare possono o meno costituire fattispecie di abuso del diritto.
– Interpello disapplicativo
Rappresenta l’unica tipologia di interpello con carattere obbligatorio; ciò significa che il contribuente può liberamente richiedere un parere all’amministrazione circa la sussistenza delle condizioni che consentono la disapplicazione di norme tributarie antielusive che, ad esempio, limitano deduzioni, crediti d’imposta, detrazioni.
Poiché è interesse del contribuente ottenere la disapplicazione di una norma antielusiva che limita deduzioni, detrazioni o crediti di imposta, è onere dello stesso provare che nella situazione concreta, così come prospettata nell’istanza, non possono concretamente realizzarsi effetti elusivi.
– Interpello sui nuovi investimenti
Detto interpello, introdotto con il decreto internazionalizzazione del 2015, consiste in un’istanza rivolta all’Agenzia delle entrate da parte di soggetti (italiani o stranieri) interessati a fare importanti investimenti sul territorio dello Stato; non inferiori a 30 milioni di euro.
L’obiettivo del contribuente, in questo caso, è quello di ottenere in via preventiva un parere da parte dell’Agenzia sul complessivo trattamento tributario che verrà applicato al piano di investimenti che intende effettuare.
Nel caso dell’interpello in commento, l’Agenzia potrà risponde entro 120 giorni e la risposta fornita sarà vincolante a favore del contribuente.
Il contribuente che intende promuovere e presentare l’istanza – che può essere sottoposta per iscritto, su carta libera – deve premurarsi di corredare l’interpello di tutte le informazioni che consentono all’Amministrazione finanziaria di rendere un parere chiaro e puntuale. A tal riguardo, è onere del contribuente indicare all’interno dell’istanza: i dati identificativi del contribuente (o del suo rappresentante); l’indicazione della tipologia di interpello che si sottopone; la descrizione dei fatti che hanno generato nel contribuente il dubbio interpretativo per il quale chiede parere; le disposizioni di legge su cui si chiede l’interpretazione dell’amministrazione finanziaria; la soluzione interpretativa proposta dal contribuente; la data e la sottoscrizione.
Una volta ricevuta l’istanza, l’ufficio competente è tenuto a pronunciarsi, e quindi fornire una risposta scritta e motivata, entro 90 giorni (per gli appelli ordinari) ed entro 120 giorni per le altre tipologie.
In ogni caso, la mancata risposta da parte dell’ufficio competente entro il termine indicato vale come silenzio assenso: ciò significa che la soluzione prospettata dal contribuente all’interno dell’istanza è considerata come valida dall’Agenzia delle entrate.
Infine, si segnala che l’Agenzia conserva la possibilità di rettificare il parere espresso comunicando al contribuente la nuova interpretazione. In questo caso però, il contribuente che, sulla scorta del primo parere ricevuto – dunque prima della rettifica – ha già adottato un certo contegno o una certa condotta, non potrà essere destinatario di alcun atto impositivo o sanzionatorio.