Il più importante elemento da sottolineare forse è che il questo regolamento disciplina due fenomeni trattati a oggi in modo diverso in Italia: (i) il crowdfunding basato sul prestito e (ii) il crowdfunding basato sull’investimento. E ciò sul presupposto che entrambe le tipologie di crowdfunding possano essere strutturate quali alternative di finanziamento comparabili.
Così, la prestazione dei servizi di crowdfunding è intesa dal nuovo regolamento come l’abbinamento tra gli interessi a finanziare attività economiche di investitori e titolari di progetti tramite l’utilizzo di una piattaforma di crowdfunding, che consiste in una delle seguenti attività: (i) intermediazione nella concessione di prestiti; (ii) collocamento senza impegno irrevocabile, di cui all’allegato I, sezione A, punto 7), della direttiva 2014/65/UE, di valori mobiliari e strumenti ammessi a fini di crowdfunding emessi da titolari di progetti o società veicolo, e ricezione e trasmissione degli ordini di clienti (…) relativamente a tali valori mobiliari e strumenti ammessi a fini di crowdfunding.
Che si tratti di lending-based crowdfunding o di investment-based crowdfunding, ai sensi del nuovo regolamento, poco cambia. In entrambi i casi, infatti, l’iter autorizzativo sarà il medesimo, tanto più che l’Esma ha il compito di istituire un registro pubblico e aggiornato di tutti i fornitori di servizi di crowdfunding autorizzati e di tutte le piattaforme di crowdfunding che operano nell’Unione europea conformemente al regolamento crowdfunding.
Se sul fronte equity crowdfunding ci si aspetta un mero adeguamento della disciplina domestica ai ridisegnati contorni della legislazione europea, ci si chiede come l’italiano social lending si concili con queste nuove regole e, soprattutto, se possa conciliarsi, visto l’impianto normativo a oggi vigente.
Le piattaforme di markeplace lending, come da alcuni definite, devono operare nel rispetto delle norme che disciplinano le diverse riserve di attività tra cui la raccolta del risparmio presso il pubblico, attività tipicamente (ed esclusivamente) riservata alle banche (art. 11 del Testo unico bancario). Proprio avuto riguardo a questa tipologia di attività, con delibera n. 584/2016, la Banca d’Italia pubblicava infatti il provvedimento recante le disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche, fornendo le prime linee guida agli operatori in materia di social lending (o lending based crowdfunding). È stato chiarito che non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico la ricezione di fondi da parte di gestori di piattaforme: (i) autorizzati quali istituti di pagamento (ex art. 114-novies, comma 4, Testo unico bancario) o istituti di moneta elettronica o intermediari finanziari di cui all’art. 106 del Tub, nella misura in cui i fondi acquisiti siano inseriti in conti di pagamento e utilizzati esclusivamente per la prestazione dei servizi di pagamento da parte dei gestori medesimi; (ii) autorizzati all’emissione di moneta elettronica, nella misura in cui i fondi ricevuti siano connessi all’emissione di moneta elettronica. Dal lato dei prenditori, non si supera il confine della raccolta del risparmio, laddove l’acquisizione di fondi sia: (i) svolta attraverso trattative personalizzate con i finanziatori; o (ii) effettuata presso soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale, operanti nel settore bancario, finanziario, mobiliare, assicurativo e previdenziale.
Quanto descritto, per stessa ammissione della Banca d’Italia, non è che una sintetica ricognizione del fenomeno del lending crowdfunding, finalizzata a individuarne gli elementi essenziali, sì da sottrarre il fenomeno dalla disciplina della raccolta del risparmio tra il pubblico.
Un intervento normativo organico in materia si rende necessario (rectius, imposto) in ragione della dell’attività configurata dal regolamento crowdfunding come “intermediazione nella concessione di prestiti”, resa dai prestatoti dei servizi di crowdfunding attraverso le relative piattaforme. Attività che si accinge a riscoprire autonoma dignità nella tassonomia delle riserve di legge.
Articolo realizzato insieme ad Annamaria Pavone, associate Orrick