- Il costo complessivo di un Pos può variare da meno dell’1% del transato, nel caso in cui ci sia un maggior utilizzo di carte nazionali, a un massimo del 3% con le carte internazionali, le più costose in termini di fees
- Tap to Pay su iPhone funziona con le carte di credito, debito e prepagate contactless dei principali circuiti di pagamento, come American Express, Discover Global Network, Diners, Mastercard e Visa
L’iPhone diventa un Pos. Come recentemente annunciato dalla società di Cupertino, chi ha un’attività commerciale in Italia potrà ora accettare pagamenti direttamente con lo smartphone. Tramite la nuova funzionalità “Tap to Pay” – lanciata in realtà negli Stati Uniti nel 2022 per arrivare nel nostro Paese solo la scorsa settimana – sarà sufficiente che l’esercente chieda al cliente di avvicinare la propria carta di credito, debito o prepagata, l’iPhone, l’Apple Watch o un altro wallet digitale al suo cellulare e la transazione verrà completata senza la necessità di ulteriori dispositivi o terminali di pagamento. I Pos tradizionali, insomma, scompariranno? È prematuro dirlo.
Quanto costa un Pos
Uno dei fattori da considerare è innanzitutto quello dei costi. “Determinare quanto costa attualmente agli esercenti un Pos tra commissioni e canone mensile è molto complesso, poiché dipende da molteplici fattori”, spiega a We Wealth Ivano Asaro, direttore dell’Osservatorio innovative payments del Politecnico di Milano. Innanzitutto, il contratto tra l’esercente e la banca che fornisce il servizio di acquiring può influenzare notevolmente il costo, osserva l’esperto. Questo contratto può prevedere commissioni percentuali su ogni transazione – in alcuni casi comprendendo in aggiunta anche una parte fissa – oppure un canone mensile fisso che non dipende da quante transazioni vengono effettuate con pagamenti digitali. Inoltre, anche la tipologia di Pos scelto e le sue caratteristiche tecniche sono altre variabili da considerare, dato che esistono molti modelli disponibili sul mercato (oltre ai sopracitati Pos tradizionali, ricordiamo gli Smart Pos, Mobile Pos e Software Pos) con costi conseguentemente diversi.
“Le commissioni pagate poi sulle singole transazioni dipendono a loro volta da variabili esogene dall’esercente, che vanno a impattare sul costo complessivo a seconda della tipologia di clientela”, aggiunge Asaro. “Per esempio, un locale in un piccolo paese potrebbe avere una preponderanza di pagamenti in contanti, mentre un locale con caratteristiche simili ma in una località turistica potrebbe avere un numero maggiore di transazioni digitali. Quest’ultimo potrebbe poi accettare anche carte internazionali, gestite quindi da un circuito extra europeo con costi diversi di gestione”. Sebbene dunque le variabili da considerare siano molteplici, rendendo difficile una stima precisa, il costo complessivo di un Pos può variare da meno dell’1% del transato nel caso in cui ci sia un maggior utilizzo di carte nazionali a un massimo del 3% nel caso delle carte internazionali (nelle rare fattispecie in cui si applica anche un costo fisso a ogni singola transazione). “Nel mezzo ovviamente poi c’è una moltitudine di carte – prepagate, di debito e di credito europee – ognuna con commissioni diverse applicate a seconda dell’acquirer”, ricorda l’esperto.
Apple manderà in pensione i Pos?
Fatte queste premesse, secondo Asaro è prematuro dire che la funzionalità innovativa introdotta da Apple manderà in pensione i Pos tradizionali. Innanzitutto, ci sono tante variabili che rendono il servizio di “Soft Pos” più adatto a determinati esercenti e situazioni e meno ad altri (come il costo e la proprietà dell’iPhone su cui il servizio verrà installato). “Sicuramente il servizio Tap to pay e in generale i Soft Pos (anche quelli basati su Android) possono essere molto adatti, per natura, ai micro-esercenti o ai lavoratori in mobilità”, afferma Asaro. “Di recente però abbiamo osservato un interesse crescente anche da alcuni grandi esercenti che stanno considerando di affiancare il Soft Pos a sistemi di cassa e Pos tradizionali già presenti in negozio, con l’obiettivo di offrire una nuova esperienza di acquisto ai clienti (basti pensare all’addetto di un negozio che segue il cliente nella scelta del prodotto e, invece di mandarlo in cassa, gli permette di pagare direttamente utilizzando lo smartphone di cui è già in possesso per catalogo, ordini e così via)”.
Tap to Pay: quanto costa (e come funziona)
Quanto al costo di “Tap to Pay” di Apple occorrono alcune precisazioni. “Sarà gratuita l’app da scaricare sull’iPhone, molto probabilmente ci saranno dei risparmi dovuti al mancato noleggio o acquisto del Pos fisico, ma ci saranno comunque dei costi legati alle transazioni e al servizio offerto dalla banca o dall’acquirer che lo propone”, spiega Asaro. A titolo esemplificativo, Nexi consente agli esercenti di accettare pagamenti contactless utilizzando un iPhone e l’app Nexi SoftPos al costo di 19 euro Iva inclusa e a canone zero. SumUp e myPos hanno invece un’offerta a costo zero con un canone fisso a transazione. Gli operatori “tradizionali” si stanno quindi muovendo per essere tra quelli che offrono il servizio e non rimanere fuori dal giro, dichiara Asaro. Oltre a Nexi, SumUp e myPos, le prime piattaforme di pagamento a offrire Tap to Pay su iPhone sono Revolut, Stripe, Adyen e Viva; presto sarà disponibile anche con Fabrick, Numia e Sella.
Tenuto conto che servizi come questo innescheranno cambiamenti nei modelli di business e negli attori coinvolti, ci si chiede infine quale sarà l’effetto sulle abitudini dei cittadini e delle cittadine. “I pagamenti digitali sono in costante crescita e i consumatori stanno dimostrando, nei numeri, di apprezzarli in maniera sempre più chiara”, sostiene Asaro. “Nel 2023 siamo arrivati a pagare il 40% dei consumi con carte o wallet digitali, avvicinandoci al pareggio con il contante (che vale il 44%). Quindi ogni occasione d’uso in cui le possibilità di pagamento digitale aumentano sono certamente ben gradite e non faranno altro che alimentare questa crescita”, aggiunge. Poi conclude: “I Soft Pos rientrano proprio in questa casistica, abilitando nuovi lavoratori ed esercenti ad accettare i pagamenti digitali e permettendo a grandi esercenti di migliorare l’esperienza d’acquisto dei clienti. Tutto ciò favorirà, molto probabilmente, un’ulteriore crescita dei pagamenti digitali in Italia”.