Il disegno di legge di Bilancio 2025: imposta sostitutiva del 16% sulla rivalutazione
Il disegno di legge di legge di Bilancio 2025 prevede l’introduzione a regime di un’imposta sostitutiva, nella misura del 16%, sulla rivalutazione delle partecipazioni negoziate e non in mercati regolamentati e dei terreni agricoli ed edificabili posseduti non in regime di impresa.
Le origini della misura: dalla legge delega del 2023 alla nuova imposta
La misura agevolativa si inserisce nel solco delle novità la cui introduzione era già stata prospettata dalla legge delega per la riforma del sistema tributario prevista dell’agosto ’23 (Legge del 9 agosto 2023 n. 111) la quale, nell’ambito della revisione e semplificazione del sistema tributario interno, all’articolo 5, co.1, lett. h) prevedeva:
- (i) l’introduzione, in via definitiva, di un’imposta sostitutiva sulla rivalutazione di terreni e quote di partecipazione;
- (ii) la possibilità di applicare aliquote differenziate per l’imposta in ragione del periodo di possesso del bene.
Perché la nuova imposta rappresenta una novità significativa
Si tratta di una novità dirompente. Se non altro perché ci troviamo (finalmente) dinanzi alla sistematizzazione di un’imposta sostitutiva che, prima del recente intervento riformatore, aveva trovato introduzione con gli artt. 5 e 7 della Legge n. 448 del 2001 e, aspetto più problematico, una riproposizione con costanza pressoché annuale in regime di proroga.
Le modifiche succedutesi via via negli anni hanno sempre riguardato essenzialmente due aspetti: la misura dell’imposta sostitutiva (per i terreni, ad esempio, inizialmente era pari al 4% e, negli anni, poi innalzata all 8%, 10%, 14%, fino al 16% nel 2023) e l’individuazione del termine entro cui procedere con gli adempimenti necessari per l’accesso all’agevolazione.
In questa prospettiva, è significativo l’intervento legislativo operato con la legge di bilancio dello scorso anno, per il 2023, legge 197/2022, la quale ha previsto, in chiave innovativa, che l’agevolazione (ovvero la rivalutazione di quote e terreni) operasse anche per titoli, quote e diritti negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, individuando, all’articolo 5, i criteri per la determinazione del valore di questi ultimi; prima di detto intervento riformatore, la misura fiscale in parola valeva solo per gli strumenti non negoziati in mercati regolamentati.
In uno scenario caratterizzato, dunque, da continui rinvii di termini e disposizioni transitorie, era legittimo attendersi un intervento chiarificatore: sicché il disegno di legge elaborato nell’ambito della manovra di bilancio 2025 si apprezza proprio per aver sistematizzato, finalmente, il regime di imposizione sostitutiva in discussione.
Al di là di questo aspetto, le modifiche strutturali introdotte dal disegno di legge di bilancio 2025 sono minime. Se non altro perché l’agevolazione si atteggia in chiave di continuità con le precedenti “versioni” rinnovate di anno in anno prima della recente sistematizzazione.
I beneficiari oggetto della rivalutazione
Con riguardo al perimetro soggettivo, possono beneficiare di questa misura esclusivamente le persone fisiche, le società semplici e i soggetti a queste equiparati, nonché gli enti non commerciali.
Al contempo, sono esclusi dall’ambito di applicazione del regime coloro che detengono la partecipazione in regime di impresa.
Da ciò discende che, in concreto, possono beneficiare della rivalutazione le persone fisiche (soggetti Irpef) o giuridiche (soggetti Ires), non esercenti attività commerciali, e le società semplici (e i soggetti a queste equiparati), che realizzano un reddito “diverso” nella forma delle plusvalenze di cui alle lett. a), b), c) e c-bis) del comma 1 dell’art. 67 (redditi diversi) del Dpr 917/1986 (Tuir).
I beni oggetto della rivalutazione
Con riferimento al perimetro oggettivo, i beni il cui costo può essere rivalutato sono i terreni (sia agricoli, sia edificabili) e le partecipazioni, sia quelle in società non negoziate (come storicamente previsto), sia quelle negoziate nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione (come previsto a partire dalla legge di bilancio per il 2023).
Sotto il profilo temporale, i beni possono essere rivalutati soltanto nel caso in cui siano posseduti alla data del 1° gennaio dell’anno corrente.
Il processo tecnico della rivalutazione: come funziona
Dal punto di vista tecnico, anche alla luce della recente sistematizzazione, la rivalutazione consiste nel sostituire al costo fiscale del bene quello determinato da una perizia di stima giurata (cui si applica l’articolo 64 del c.p.c) redatta da un esperto e dunque, stante il dato normativo da un soggetto iscritto all’albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, nonchè dei revisori contabili. Da tale asseverazione emerge il valore “attuale” del bene e su questo, quindi, è calcolato il valore dell’imposta sostitutiva da versare pari, come già anticipato, al 16%.
Per quanto riguarda i titoli, quote o diritti non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, il valore “attuale” è pari alla frazione del patrimonio netto della società.
Con riferimento, invece, ai titoli quotati nei mercati regolamentati, la rideterminazione si effettua non sul valore di perizia ma tenendo conto della media aritmetica dei prezzi rilevati nel suddetto mercato con riferimento al mese di dicembre dell’anno precedente.
Rivalutazione delle partecipazioni e terreni: vantaggi e convenienza fiscale
È logico domandarsi a quali vantaggi porterebbe la scelta di usufruire del regime di imposizione sostitutiva e, in particolare, della rivalutazione.
Con sforzo di sintesi, la rivalutazione consente di ridurre o azzerare la plusvalenza emergente in caso di cessione: in questa ipotesi, infatti, occorre assoggettare a tassazione l’eventuale plusvalenza che ne deriva, determinata ordinariamente come differenza tra il corrispettivo di vendita e il costo fiscale del bene, e sostituire – è proprio questo il punto cruciale della rivalutazione – al costo fiscale del bene il valore rideterminato sulla base della perizia di stima.
In tal senso, per valutare la convenienza dell’opzione per il regime sostitutivo della rivalutazione, è opportuno operare un confronto tra quella che sarebbe la tassazione ordinaria in caso di cessione del bene e, quindi, di assoggettamento a tassazione della relativa plusvalenza e il regime tributario che, invece, deriverebbe dall’applicazione della rivalutazione.
Il tutto con una importante precisazione: quando si procede alla rivalutazione, colui che rivaluta deve versare l’imposta sostitutiva del 16% sull’intero valore periziato del bene, sicché in taluni casi potrebbe essere svantaggiosa la rivalutazione, risultando più conveniente tassare la plusvalenza in regime ordinario, ossia come differenza fra il corrispettivo incassato e il costo fiscale del bene.
In linea generale, se il costo fiscale è basso, è probabile che la rivalutazione sia più conveniente rispetto ad applicare la tassazione ordinaria; nel caso in cui, invece, il costo fiscale fosse abbastanza vicino al corrispettivo di vendita, la rideterminazione potrebbe risultare costosa e meno vantaggiosa.
In altri termini, affinché la rivalutazione risulti conveniente è necessario che l’imposta sostitutiva del 16% applicata sul valore della partecipazione posseduta sia inferiore al 26% della plusvalenza realizzata in assenza di rivalutazione.
La procedura pratica: tempistiche e adempimenti da rispettare
A livello operativo, la rivalutazione è condizionata all’espletamento di due adempimenti, da compiersi entro il 30 novembre di ogni anno, ovvero: la redazione, laddove prevista, della perizia di stima giurata onde determinare il valore “attuale” del bene, e il versamento dell’imposta sostitutiva pari al 16% da applicare al valore rivalutato (si precisa che il versamento potrà essere effettuato in una unica soluzione o in tre rate annuali di pari importo; in caso di rateazione sono dovuti gli interessi).
L’esclusione delle società estere prive di stabile organizzazione
In questo scenario, occorre osservarsi che l’art. 5 del disegno di legge di bilancio (rubricato “rideterminazione del valore di terreni e partecipazioni”) ha previsto di aggiungere il comma 7 bis, dopo il comma 7, all’articolo 5 della legge n. 448 del 2001.
Con tale aggiunta, il legislatore vorrebbe prevedere che la rivalutazione non si applichi alle plusvalenze realizzate dalle società estere prive di stabile organizzazione in Italia. Un’esclusione, quella recata dal nuovo comma 7 bis, che trova giustificazione nella necessità di circoscrivere l’applicazione del regime agevolato ai soli soggetti che abbiano un collegamento effettivo con il nostro ordinamento (fermo restando che le società estere, al ricorrere dei relativi presupposti, potranno comunque beneficiare del regime Pex per le cessioni di partecipazioni sociali detenute in Italia).
In ogni caso, si tratta di un’esclusione (quella appena descritta) che non incide sul giudizio positivo da riconoscersi alla sistematizzazione del regime agevolato applicabile alla rivalutazione di quote e terreni.
Sistematizzazione che conferisce stabilità e certezza a una misura che attendeva d’essere definitivamente acquisita dal nostro sistema tributario da più d’un ventennio.