È curiosa e desta più di un interrogativo la vicenda dei quadri dell’eredità Vollard, recentemente decisa dal Tribunale di Grande Istanza di Parigi. Innanzitutto, si tratta di inestimabili capolavori: un paesaggio marino di Guernsey (1883) e uno studio per il “Giudizio di Paride” (1908-1919) di Pierre-Auguste Renoir; una “Natura morta con mandolino” (1885) di Paul Gauguin e un acquarello “Sottobosco” (1890-1892) di Paul Cézanne.
Altrettanto significativo e articolato è l’apparato normativo sulla base del quale si è sviluppata ed è stata decisa la vicenda: si discute, infatti, di previsioni emanate in periodo bellico o post-bellico, tutte per come vigenti in Francia (segnatamente: l’ordinanza del 12 novembre 1943 sulla nullità degli atti di spoliazione compiuti dal nemico o sotto il suo controllo; la dichiarazione interalleata del 5 gennaio 1942; il decreto del 13 dicembre 1944, relativo alla gestione “dei beni e degli interessi privati”; il decreto n. 46-1542 del 22 giugno 1946, relativo alla restituzione dei beni depredati in Francia e trasferiti dal nemico fuori dal territorio nazionale; il decreto n. 47-2105 del 29 ottobre 1947, relativo alla restituzione dei beni depredati dal nemico; il decreto n. 49-1344 del 30 settembre 1949, relativo alla fine delle operazioni della commissione di recupero artistico e, naturalmente, il codice di giustizia amministrativa).
Peculiare anche l’antefatto: il caso prende avvio alla morte di Ambroise Vollard, mercante d’arte e gallerista, deceduto il 22 luglio 1939, noto per essere stato un promotore delle avanguardie, di cui pubblicizzava i lavori, vendendoli ai più grandi collezionisti europei e americani.
Ma è una storia di opere d’arte razziate dai nazisti in tempo di guerra?
Non proprio.
Con la sua galleria di rue Laffitte 6, a Parigi, Vollard fu tra i primi, a inizio ‘900, a sostenere Pablo Picasso, appena arrivato nella capitale francese, nonché ad avere rapporti con importanti artisti come Cézanne, Rouault, Gauguin, van Gogh e Chagall, dai quali venne anche più volte ritratto.
Con un testamento del 1911, egli aveva designato come suoi eredi i suoi quattro fratelli e sorelle (Lucien, Félix, Jeanne e Léontine), insieme ad una nipote ed ai consorti de Galéa, con il loro figlio Robert, amici di lunga data di Vollard. L’atto di ultima volontà nominava altresì il fratello Lucien quale esecutore testamentario, mentre Etienne Bignou venne indicato dai consorti de Galéa quale loro rappresentante ed esperto, e Martin Fabiani fu invece il “consulente” scelto da Lucien Vollard.
Proprio con la complicità di quest’ultimo, i due esperti riuscirono, nel periodo di amministrazione dell’eredità Vollard (che coincise con quello di durata e, poi, di fine della seconda guerra mondiale), a distrarre alcune opere dall’attivo successorio, per immetterle quindi sul mercato: i dipinti arrivarono in Germania, dove furono rinvenuti alla fine della guerra; per questo motivo, le opere erano elencate nel NMR, National Museums Recovery, ovvero l’inventario dei beni usciti dalla Francia durante la seconda guerra mondiale e ritrovati fuori dai confini nazionali, istituito per restituire ai legittimi proprietari eventuali opere esportate illegalmente.
Nel 2016, gli eredi Vollard hanno quindi chiesto alla Direzione dei Musei di Francia e al Ministero dell’Europa e degli Affari Esteri la restituzione di queste opere classificate nel repertorio del National Museums Recovery (NMR): da qui è iniziata poi la vicenda giudiziaria, che sembra ora essersi conclusa con la sentenza resa il 10 febbraio ultimo scorso dal Tribunale di Grande Istanza di Parigi.
Con questa decisione è stata infatti ordinata la restituzione da parte del Musée d’Orsay (che deteneva in custodia alcuni dei dipinti) e dello Stato agli eredi, i quali, tuttavia, nel mentre hanno dovuto affrontare un giudizio amministrativo contro il Ministero dell’Europa e degli Affari esteri, all’esito del quale il Ministero si è rifiutato di consegnare certe opere e ha procrastinato la propria decisione su altre; un giudizio (sempre amministrativo) di impugnazione della risposta ricevuta dal Ministero e la causa (articolatasi in un procedimento avanti il Tribunale civile ordinario di Parigi e in un procedimento avanti la Corte di Cassazione) in tema di accertamento e dichiarazione della proprietà dei dipinti, poi appunto decisa dal Tribunale di Grande Istanza.
L’elemento peculiare di questo è caso è che Vollard non era di origine ebraica, e quindi il sequestro dei suoi beni non ricadeva sotto le leggi razziali; ciononostante, i giudici francesi hanno affermato che ogni opera recuperata nel dopoguerra deve essere restituita al legittimo proprietario, anche se non è stata saccheggiata dai nazisti.
La Francia ha affermato che non presenterà appello e procederà alla restituzione dei quadri.