Per le opere dell’arte classica, si usa generalmente il termine “expertise”, cioè una descrizione precisa dell’opera con parere motivato di un esperto sulla sua originalità e provenienza.
In genere, a richiedere l’expertise è il venditore (collezionista, gallerista o antiquario) che utilizza il certificato per poter commercializzare l’opera; per fare questo, si rivolgerà a critici d’arte più o meno famosi, a storici dell’arte o a esperti specializzati.
Il dato più importante da tenere in considerazione comunque è che il certificato di autentica delle opere d’arte deve recare la sottoscrizione del soggetto che l’ha rilasciato; in genere si tratta dello stesso artista, ma può essere rilasciato anche dalla galleria di riferimento, da associazioni o fondazioni legate all’artista, oltre che dagli archivi e da esperti più o meno titolati.
E il punto è proprio questo: ad oggi, non esiste alcun albo o registro degli esperti d’arte cui poter attingere in occasione di valutazioni o stime di questo tipo. Per il legislatore infatti è un’attività di consulenza libera che chiunque può svolgere; sarà poi il mercato a selezionare gli esperti più quotati, quelli più preparati e quelli meritevoli di maggiore o minore considerazione.
Sul punto, appare interessante riportare quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Milano che, con la sentenza n. 1054 del 4 maggio 2020, ha stabilito che chiunque può chiedere che venga riconosciuta l’autenticità di un’opera d’arte, perché questa richiesta tutela il diritto del proprietario dell’opera stessa.
Nel caso sottoposto ai giudici meneghini, un collezionista conveniva in giudizio la Fondazione Lucio Fontana, sostenendo che la scultura bronzea di sua proprietà era stata realizzata dall’autore Lucio Fontana e chiedeva che la Fondazione rilasciasse una dichiarazione di autenticità dell’opera. Ebbene, la Corte d’Appello di Milano confermava che l’opera in esame, per la quale la Fondazione aveva negato l’archiviazione come opera unica prodotta dall’autore in vita, non era autentica.
Il punto, nel caso in esame, però non è il riconoscimento o meno della paternità di un’opera d’arte; il punto è che i giudici hanno confermato quanto sostenuto dalla Fondazione, secondo cui l’opera in esame era “una riproduzione abusiva” dell’originale, ma sono giunti a questa conclusione senza prendere per oro colato quanto sostenuto dallo stesso archivio dell’artista, ma solo dopo aver ricevuto i risultati di una Consulenza Tecnica d’Ufficio. E allora, se può essere messo in discussione anche il parere della Fondazione ufficiale dell’artista, chi acquista un’opera come può essere sicuro che quell’opera sia originale?
L’esame, anche questa volta, andrà fatto caso per caso perché vale anche il contrario, essendoci opere di artisti privi di una fondazione “ufficiale” la cui paternità non viene messa in discussione
Il consiglio quindi, quando si acquista un’opera d’arte, è sempre quello di porre la massima attenzione a ogni fase dell’acquisto e ricordare che le precauzioni non sono mai troppe; chi pensa, rivolgendosi al critico d’arte di turno che magari vede ogni giorno in televisione, di stare in “una botte di ferro” si sbaglia di grosso perché rischia di ritrovarsi con una botte di ferro, ma al posto della scultura originale dell’artista!