L’Italia può contare su 12.000 ambasciatori del suo stile e delle sue bellezze. Sono i cosiddetti viaggiatori “alto-spendenti”, appartenenti a dieci nazionalità diverse. Occupano meno dell’1% delle nostre strutture e rappresentano il 3% circa del numero di notti totali trascorse dai turisti nel Belpaese. Ma generano il 25% della spesa turistica totale, 60 miliardi di euro incluso l’indotto (la spesa diretta ammonta a 25 miliardi – 7 miliardi per il soggiorno, due per la ristorazione, 14 per visite, escursioni e compere). Vale a dire il 3% del pil. I dati, frutto di due studi (BCG e Bain & Company), sono stati presentati da Altagamma nel corso della conferenza “Turismo di Alta Gamma – Leva Strategica per l’Italia”.
«Sono una nicchia di consumatori sofisticati, che fungono da opinion leader e influencer», commenta Matteo Lunelli, presidente di Altagamma. La condivisione sui social delle esperienze è compulsiva, istantanea. E non solo per i millennial e la GenZ. «Se una volta in Italia vivono un’esperienza indimenticabile, diventano i nostri migliori (o peggiori…)
testimonial». Prosegue Lunelli, «le nostre città d’arte si sono svuotate, ora tocca a noi decidere come riempirle. Il turismo alto di gamma è una leva strategica, un asset per il nostro sviluppo».
Il salto da compiere è qualitativo: «Dobbiamo attrarre flussi alto spendenti, non solo turistici».
Il turista che alloggia in strutture di eccellenza spende oltre nove volte più della media, mentre un hotel a 5 stelle impiega il doppio dei dipendenti. «Il lusso ha un effetto moltiplicatore sul pil», sottolinea Claudia D’Arpizio, senior partner di Bain & Company. «Quanto a
posizionamento, l’Italia batte chiunque. È la meta più desiderata dai viaggiatori d’alta gamma, vince con valori doppi rispetto alla Francia, che ci segue. Ma, all’atto concreto, non è il luogo prescelto per le vacanze di un certo tipo», prosegue Claudia D’Arpizio.
«Nell’Alto di gamma l’Italia non vince mai la partita: vince Parigi». Per esempio, fra le destinazioni montane le più cercate sono Madonna di Campiglio e Cortina, ma poi gli Uhnwi scelgono destinazioni svizzere e francesi. «Abbiamo un enorme potenziale non ancora scaricato a terra. Anche dal punto di vista marittimo, perdiamo nei confronti delle coste francesi. La Francia vince nell’univocità di messaggio. I francesi comunicano in modo monolitico “Parigi”, il loro modello di vita è molto codificato». La varietà italiana – che è anche una ricchezza – compromette l’unitarietà del racconto. E ci penalizza. Il potenziale del contributo del turismo di alta gamma in Italia potrebbe infatti essere da due a quattro volte superiore al valore attuale. I consumi diretti potrebbero passare da 25 miliardi fino a 60-100 miliardi.
Così, l’Italia è solo il terzo paese più visitato dai turisti di fascia alta, battuto dai cugini d’Oltralpe (primi) e dal Regno Unito, secondo. Oggi, solo tre o quattro Uhnwi su 10 scelgono l’Italia come meta dei viaggi di lusso.
Il terreno da recuperare nei confronti degli ultra ricchi cinesi
L’Europa rappresenta la destinazione numero uno del turismo mondiale, che vi genera il 10% del pil continentale. In Italia, l’80% dei turisti sono stranieri. La maggior parte della nuova ricchezza viene dalla Cina, e noi dobbiamo essere in grado di intercettarla. Sono stati circa 320.000 i turisti cinesi che hanno viaggiato in Italia nel 2019, spendendo il 40% in più rispetto alla media. «Ma siamo solo la sesta meta per i luxury traveller della Cina, i quali non vedono l’Italia come destinazione chiave per montagna, campagna e mare».
Come migliorare? Con trasporti interni adeguati. Si pensi allo Shinkansen, in Giappone, un treno che permette di visitare in breve tempo tutto il paese e di godere di un trattamento luxury. «Da noi ci si diverte meno che a Ibiza», aggiunge la D’Aprizio per esempio. «Ci manca un calendario sociale, del divertimento». L’80% dei miliardari cinesi non vengono in vacanza in Italia: i cinesi sono più attenti della media alle indicazioni degli influencer; amano la trendiness e la comodità, usufruiscono molto di help desk e intermediari.
Restiamo il punto di riferimento mondiale per le città d’arte, ma non basta. La bellezza e il patrimonio artistico e naturale da soli non bastano. Si potrebbe lavorare sull’idea di un grand tour italiano, pensare a vagoni suite, elicotteri, idrovolanti, a un sistema di ville di pregio per l’ospitalità di chi non ama gli hotel, alla nautica. «Dovremmo fare scala per creare campioni nazionali. Non avere paura delle grandi catene internazionali del lusso», suggerisce Matteo Lunelli. Tutto questo va compiuto e comunicato con un piano marketing adeguato. «La
Cina rappresenta il 40% del mercato del lusso globale. Non possiamo restare fuori dalla top five».
L’Italia può contare su 12.000 ambasciatori del suo stile e delle sue bellezze. Sono i cosiddetti viaggiatori “alto-spendenti”, appartenenti a dieci nazionalità diverse. Occupano meno dell’1% delle nostre strutture e rappresentano il 3% circa del numero di notti totali trascorse dai turisti nel Belp…