«Un’attimo che si asciuga la vernice».
La vernice è quella di un Franco Angeli (1935-1988), trovatosi a dipingere «più da morto che da vivo», per dirla con il generale di brigata Roberto Riccardi, a capo del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. L’occasione è quella della Intelligence Week di Vento & Associati. Il Comando, istituito nel 1969 – un anno prima della Convenzione Unesco di Parigi – in 50 anni di attività ha recuperato tre milioni di opere d’arte trafugate, sventato traffici di falsi, disarcionato filiere di scavi clandestini. Un esercito della bellezza che grazie ad appostamenti, giorni passati in auto, falsi acquirenti, sofisticate tecniche di indagine, ha protetto il nostro patrimonio nazionale nel nome della Costituzione, con una competenza spesso superiore a quella di alcuni storici dell’arte.
Prosegue il generale Roberto Riccardi: «Non difendere l’arte in Italia è un crimine, perché equivale a distruggerla. È il dono “del padre” che abbiamo il dovere di consegnare ai nostri figli. Gli artisti sono persone che aggiungono al mondo bellezza, sensibilità. Noi non combattiamo nel segno di Marte, combattiamo nel segno di Venere», prosegue il generale Riccardi. Quella della tutela delle arti è una vocazione antica, che affonda le radici fino al generale Belisario e arriva all’agente segreto Rodolfo Siviero , passando per Raffaello prefetto delle antichità di Roma.
Si pensi a Han van Meegeren, uno dei più grandi falsari della storia. Uno dei suoi falsi Vermeer finì nella collezione del gerarca nazista Hermann Göring, e il falsario «riuscì a salvarsi dall’accusa di collaborazionismo solo realizzando davanti ai giudici un autentico falso Vermeer, fra scrosci di applausi». Nel caso delle 650 opere false di Franco Angeli, «avevamo ritrovato il cliché per imitare il celebre mezzo dollaro Usa adoperato dal maestro. Le persone coinvolte erano quelle che più di altre avrebbero dovuto proteggerne l’opera: quelle dell’archivio Franco Angeli».
Oppure, ricorda il generale, «al caso di 17 dipinti sottratti al Museo Castelvecchio di Verona, fra cui Mantegna, Rubens, Canaletto, Pisanello. Il basista era un addetto alla sicurezza del museo, fidanzato di una della banda. In quel caso, abbiamo recuperato la refurtiva prima che arrivasse a Odessa». Il successo di molte operazioni si basa sulla imprescindibile collaborazione dei partner europei e internazionali: i traffici non si fermano certo alle frontiere e la sensibilità sta aumentando. A tal proposito il generale rammenta il caso di un farmacista di Bruxelles trovato in possesso di 775 pezzi di archeologia dauna: se ne era innamorato in un museo di Trinitapoli. E la porta del Bataclan dipinta da Banksy, ritrovata nel 2020 in Abruzzo: uno dei trafugatori era un italo-francese di Tortoreto Lido.