L’Ets cinese infatti coinvolgerà inizialmente 2.225 aziende del settore energetico, aziende responsabili per un settimo delle emissioni globali di carbonio derivanti dalla combustione dei combustibili fossili
Stando al prezzo medio sulle sette borse pilota, il prezzo del carbonio sulla borsa di Hong Kong potrebbe essere compreso tra i 40 e i 50 yuan, l’equivalente di 5,24 e 6,55 euro
“Con l’imminente istituzione dell’Ets cinese, gli emission trading arriveranno a coprire quasi un quarto delle emissioni di Co2 planetarie” ha commentato Edoardo Croci dell’Università Bocconi
In Cina c’è aria di rivoluzione. Non politica, ma bensì ecologica. La terra del Dragone, patria di gran parte delle emissioni globali di carbonio, è infatti pronta al cambiamento: da rossa vuole diventare verde. Come? Gli obiettivi di raggiungere il picco di emissioni non dopo il 2030 e lo zero netto entro il 2060 saranno supportati da un’invenzione borsistica in cantiere da ormai un decennio (e già presenti altrove): un sistema di scambio delle emissioni. A riportarlo è il Wall Street Journal, secondo cui il sistema è ai nastri di partenza.
Secondo il quotidiano newyorkese, Pechino sarebbe infatti pronta a lanciare il nuovo programma nazionale di scambio di emissioni già questo venerdì. Non sarà però la capitale cinese a dare domicilio al nuovo sistema, che invece sarà operante ad Hong Kong. Una volta avviato si tratterebbe del più grande mercato del carbonio al mondo e raddoppierebbe la quota di emissioni globali coperte da tali programmi. L’Ets cinese infatti coinvolgerà inizialmente 2.225 aziende del settore energetico. Secondo i calcoli dell’Agenzia Internazionale dell’Energia si tratta di aziende altamente inquinanti, al punto da essere responsabili per un settimo delle emissioni globali di carbonio derivanti dalla combustione dei combustibili fossili. Come tale sistema permetterà una riduzione delle emissioni? Rendendole economicamente rilevanti per chi le produce. Le aziende coinvolte riceveranno dei diritti di emissione, che consentono loro di poter rilasciare una certa quantità di carbonio ogni anno. Se vogliono produrre di più, dovranno comprare altri diritti sul mercato; alternativamente se il loro fabbisogno dovesse risultare minore, possono vendere le proprie quote di carbonio. Lo scambio di diritti potrà avvenire tramite negoziazione o asta.
Va poi sottolineato come le aziende coinvolte non saranno soggette a limiti assoluti sulle emissioni, come avviene in altri programmi. Ad ogni azienda verrà riconosciuta una quota massima decisa sulla base di parametri di riferimento che prendono in considerazione le prestazioni degli anni precedenti. La prima fase del sistema coprirà più di 2.000 centrali elettriche ma è già previsto che nei prossimi tre-cinque anni il mercato si espanderà ad altre sette industrie ad alte emissioni: petrolchimica, chimica, materiali da costruzione, ferro e acciaio, metalli non ferrosi, carta e aviazione nazionale. Chi produce cemento, alluminio e acciaio sarà coinvolto già a partire dall’anno prossimo. Non si sa ancora invece il prezzo a cui verrà scambiato un permesso, unità equivalente a una tonnellata di emissioni. Stando al prezzo medio sulle borse pilota, riportato da Zhao Yingmin, viceministro per l’ecologia e l’ambiente, il prezzo del carbonio sulla borsa di Hong Kong potrebbe essere compreso tra i 40 e i 50 yuan, l’equivalente di 5,24 e 6,55 euro. Un prezzo considerevolmente più basso rispetto ai circa 59-70 dollari a tonnellata del programma di scambio delle emissioni in Europa e dei 55-69 dollari a tonnellata nel sistema del Regno Unito e in linea invece con quelli statunitensi.
Secondo
Edoardo Croci,
docente all’Università Bocconi in politiche ambientali, intervistato da We Wealth, l’emission trading al via in Cina ha due implicazioni importanti: aumenta considerevolmente le emissioni soggette a questi programmi e ribadisce l’intenzione di Pechino a impegnarsi contro il cambiamento climatico. “In assenza di regole a livello di Nazioni Unite sui carbon markets sono nati una serie di mercati a livello nazionale, regionale e locale.
Oggi si contano 46 mercati a livello nazionale tra sistemi di emission trading e di
tassazione, che complessivamente
coprono il 18% delle emissioni globali” spiega Croci che evidenzia come il mercato europeo,
l’European Ets, attualmente sia il mercato più grande coprendo poco meno del
5% delle emissioni globali. “La Cina è destinata a rubarne il primato. Con l’imminente istituzione dell’Ets cinese, tali programmi arriveranno a coprire quasi un quarto delle emissioni di Co2 planetarie” commenta Croci che conclude: “la seconda implicazione è la rinnovata
disponibilità della Cina alla decarbonizzazione, che già nel 2013 aveva avviato sette mercati pilota a livello regionale. L’impegno da parte di Pechino non è ancora all’altezza di quelle che sono le ambizioni dell’accordo di Parigi, ma la costituzione di un e
mission trading è un grande segnale di volontà ad inquinare di meno”.
L’Ets cinese infatti coinvolgerà inizialmente 2.225 aziende del settore energetico, aziende responsabili per un settimo delle emissioni globali di carbonio derivanti dalla combustione dei combustibili fossiliStando al prezzo medio sulle sette borse pilota, il prezzo del carbonio sulla borsa di Hong …