La rinuncia all’eredità non travolge anche le donazioni che il rinunciante abbia ricevuto in vita dal defunto, in quanto egli le può ritenere “sino alla concorrenza della porzione disponibile
Quando opera la rappresentazione, le donazioni fatte a favore del legittimario che ha rinunciato non gravano sulla disponibile bensì tornano a gravare sulla legittima
Il legittimario che rinunzia all’eredità (quando non si ha rappresentazione) può sulla disponibile ritenere le donazioni o conseguire i legati a lui fatti.
Questo è uno dei principi ricavabili dalla recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 12813 del 2023.
Tuttavia, come motivano più nel dettaglio i giudici della Suprema Corte, la circostanza di cui sopra è sottoposta a delle condizioni.
Infatti, è vero che il legittimario che rinunzia all’eredità (quando non si ha rappresentazione) può sulla quota disponibile ritenere le donazioni o conseguire i legati a lui fatti, ma occorre che non vi sia stata espressa dispensa dall’imputazione, se per integrare la legittima spettante agli eredi è necessario ridurre le disposizioni testamentarie o le donazioni, restano salve le assegnazioni, fatte dal testatore sulla disponibile, che non sarebbero soggette a riduzione se il legittimario accettasse l’eredità, e si riducono le donazioni e i legati fatti a questo ultimo.
La regola e l’eccezione
L’art. 521 c.c. mira, in linea teorica, a “sanzionare” il legittimario che, avendo già ricevuto delle donazioni in vita, in conto di legittima, preferisce rinunciare all’eredità, determinando in tal modo un aggravio della posizione degli altri legittimari, ponendo potenzialmente in pericolo, ai fini della riduzione, le disposizioni mortis causa, che, se invece avesse accettato, sarebbero state immuni dalla riduzione, in quanto gravanti sulla disponibile.
In questo caso il legislatore prevede che le pretese degli altri legittimari debbano essere indirizzate proprio nei confronti delle disposizioni che il rinunciante intendeva ritenere con la propria scelta, mettendo al riparo quelle altre donazioni o legati che invece sarebbero gravate sulla disponibile, ove vi fosse stata accettazione.
Tuttavia, osservano i giudici di legittimità, occorre tenere conto dell’ulteriore previsione di cui al terzo comma dell’art. 564 c.c. che prevede che il legittimario che subentra per rappresentazione debba imputare alla propria quota di riserva le donazioni ed i legati dispensati da imputazione fatti al proprio ascendente.
In buona sostanza:
- se l’avvenuta rinuncia all’eredità da parte degli originari donatari esclude la collazione, mancando l’attuale qualità di coeredi in capo ai medesimi
- secondo un certo orientamento, sarebbe però possibile per il donatario ritenere le donazioni nel caso si rappresentazione. Infatti, laddove operi l’istituto della rappresentazione (art. 457 c.c.), il rinunciante donatario potrà mantenere le donazioni ricevute le quali però si trasmetteranno automaticamente a favore dei rappresentanti.
Come meglio chiarisce la Corte di Cassazione nella sentenza in esame, riferendosi inoltre a un orientamento più consolidato, vi sarebbe in ogni caso il diritto del donatario di ritenere i beni oggetto della donazione (anche in assenza di rappresentazione), i quali in ogni caso gravano sulla disponibile.
Ove, invece, si verifichi il subentro dei discendenti del rinunciante, le stesse donazioni e legati vanno invece fatti gravare sull’indisponibile e quindi sulla quota di legittima, nella quale sono subentrati i rappresentanti, che per effetto tale previsione sono appunto tenuti a procederne all’imputazione.
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Il principio di diritto
Ai sensi dell’art. 552 il legittimario che rinuncia all’eredità ha diritto di ritenere le donazioni o di conseguire i legati a lui fatti, anche nel caso in cui operi la rappresentazione, senza che i beni oggetto dei legati o delle donazioni si trasmettano ai rappresentanti, fermo restando però l’onere di questi ultimi di dover imputare le stesse disposizioni alla quota di legittima nella quale subentrano iure repraesentationis.