Grazie all’abbondanza di liquidità e ai tassi d’interesse favorevoli le imprese hanno giocato su un terreno assai favorevole, che ha consentito loro di ottenere denaro dal mercato a rendimenti contenuti
Nel confronto dei fondi raccolti fra il 2020 e il 2021, è la componente relativa ai prestiti quella che ha accelerato di più, seguita da quella relativa alle emissioni azionarie
Nella sommatoria di titoli di debito, azionari e prestiti, le società hanno raggranellato la bellezza di 12.100 miliardi di dollari, oltre 5mila miliardi dei quali solo negli Stati Uniti. E’ quanto ha calcolato il Financial Times sulla base dei dati forniti da Refinitiv. Si tratta di un incremento del 17% rispetto a un 2020 che era già stato contraddistinto da una crescita anno su anno del 25%. Gli effetti dell’iniezione di liquidità da parte delle banche centrali, del resto, avevano già iniziato a farsi sentire sin dallo scorso anno.
Grazie all’abbondanza di liquidità e ai tassi d’interesse favorevoli le imprese hanno giocato su un terreno assai favorevole, che ha consentito loro di ottenere denaro dal mercato a rendimenti contenuti. Nel confronto dei fondi raccolti fra il 2020 e il 2021, è la componente relativa ai prestiti quella che ha accelerato di più, seguita da quella relativa alle emissioni azionarie.
Per quanto riguarda le obbligazioni, invece, si sono osservate dinamiche contrastanti. Da un lato, le emissioni ad elevato rating, ossia eseguita da società particolarmente solide, si sono ridotte sia negli Usa sia in Europa. Al contrario, le emissioni di bond “spazzatura”, da parte di società a basso rating e dalla più dubbia solvibilità, sono aumentate. Nel complesso, la contrazione dei capitali raccolti dalle società tramite il canale obbligazionario si è ridotta del 3%.
Le emissioni di junk bond, nel dettaglio sono aumentate del 17%, portandosi poco al di sotto dei 650 miliardi di dollari, mentre i leveraged loan (prestiti scambiati su mercati Otc) sono più che raddoppiati a 614 miliardi.
Come avevamo raccontato in un precedente articolo, all’imponente dimensione delle Ipo di quest’anno non ha fatto seguito, per molte nuove arrivate in Borsa, un percorso positivo. Per molti grandi nomi che si sono quotati nel 2021, infatti, le valutazioni attuali si trovano al di sotto del prezzo dell’Ipo. Secondo il Renaissance Ipo Index, un indicatore della performance delle società che si sono quotate di recente negli Usa, è attualmente negativo dell’8%: in rapporto alla performance dell’S&P 500, è il peggiore risultato mai registrato dalle Ipo dal 2009, ossia da quando l’indice è stato lanciato.
L’ultimo record del 2021, infine, l’hanno segnato le Spac – società quotate il cui obiettivo è quello di fondersi con una società intenzionata a sbarcare più agevolmente in Borsa. Per la prima volta, infatti, i capitali raccolti negli Stati Uniti attraverso le Spac hanno superato le Ipo tradizionali, con un risultato da oltre 152 miliardi di dollari, concentrato nel primo trimestre del 2021. Non è ancora chiaro se la Spac-mania sia destinata a durare. Il 2022 potrà indicare una risposta: sono circa 200 le Spac sono attualmente a caccia di una società-target da portare in Borsa entro l’anno prossimo, secondo i dati Dealogic.