Al 30 giugno 2022 le imprese femminili italiane sono un milione e 345mila, in crescita di appena lo 0,1% rispetto al secondo trimestre del 2021
Andrea Prete, Unioncamere: “Di fronte alle grandi sfide poste dal Pnrr al sistema produttivo nazionale, le donne italiane a capo di un’impresa stanno rispondendo positivamente”
L’Italia può contare oggi su un esercito di 1,3 milioni di imprese femminili, pari al 22,2% del tessuto produttivo nazionale. Realtà che si concentrano principalmente nel settore dei servizi, vantano fino a un massimo di nove addetti e una maggiore diffusione nel Mezzogiorno. E che, in alcuni casi, scontano una minore capacità di sopravvivenza. Il V Rapporto sull’imprenditoria femminile elaborato da Unioncamere in collaborazione con il Centro studi Tagliacarne e Si.Camera ne scatta la fotografia all’indomani della crisi pandemica. Svelando anche dove investono le donne d’impresa.
Imprese femminili in Italia: più piccole e fragili
Al 30 giugno 2022 le imprese femminili italiane sono un milione e 345mila, in crescita di appena lo 0,1% rispetto al secondo trimestre del 2021 ma a fronte di un calo dello 0,7% di quelle non femminili. Si concentrano principalmente nei servizi (si parla del 66,9% contro il 55,7% di quelle non femminili) e si tratta soprattutto di realtà di piccole dimensioni (96,8% di micro imprese contro il 94,7% della controparte) e di ditte individuali (61,4% contro il 48,2%). Il 36,8% opera nel Mezzogiorno contro il 33,7% delle non femminili. Ma sono più fragili: a tre anni dalla nascita restano in vita il 79,3% delle attività guidate da donne contro l’83,9% di quelle guidate da uomini; dopo cinque anni, queste percentuali scivolano rispettivamente al 68,1% per le donne e al 74,3% per gli uomini. Ciononostante, sempre più under35 decidono di avviare un’azienda. Basti pensare che le imprese giovanili femminili rappresentano il 10,5% del totale delle aziende guidate da donne a fronte di un peso del 7,6% nel caso delle aziende guidate da uomini.
Donne d’impresa: una su due non investe
All’indomani della crisi pandemica, la metà delle donne d’impresa non investe o non intende investire nel prossimo futuro. Ma, parallelamente, la ripresa post-covid ha spinto il 14% a investire nel digitale (contro l’11% delle realtà al maschile) e il 12% a puntare sulla sostenibilità ambientale (contro il 9%). Il 31% ha incrementato o mantenuto costanti gli investimenti in tecnologie digitali in questi anni (una percentuale equivalente a quella delle imprese non femminili) e il 22% ha adottato lo stesso approccio nei confronti del green (contro il 23% delle imprese non femminili).
“Di fronte alle grandi sfide poste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza al sistema produttivo nazionale, le donne italiane a capo di un’impresa stanno rispondendo positivamente, accelerando sul fronte degli investimenti digitali e in tecnologie più rispettose dell’ambiente”, conferma Andrea Prete, presidente di Unioncamere. “Ma questa inclinazione va sostenuta e aiutata”, aggiunge. Le donne d’impresa, infatti, desiderano migliorare la formazione in tecnologie 4.0 e green, sia a livello scolastico che universitario. Inoltre, richiedono un accesso agevolato alle risorse finanziarie e una semplificazione delle procedure amministrative.