La clausola della roulette russa (russian roulette clause) consiste in una particolare pattuizione che può essere utilmente inserita – con funzione antistallo – specialmente negli statuti sociali o nei patti parasociali relativi a società il cui capitale sociale sia ripartito tra due soci con partecipazione paritaria, consentendo di superare situazioni potenzialmente idonee a bloccare l’attività economica dell’impresa e che potrebbero condurre alla liquidazione della società per impossibilità del raggiungimento dello scopo sociale.
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Cosa prevede la clausola della roulette russa
Tale disposizione, infatti, prevede – nella sua forma base – che, in caso di stallo decisionale irrisolvibile, un socio possa offrire all’altro socio di acquistare la sua partecipazione a un prezzo fisso predeterminato, consentendo al socio destinatario dell’offerta di accettarla (e, quindi, di vendere la propria partecipazione al prezzo indicato dalla controparte) ovvero di rifiutarla, con l’obbligo però di acquistare la partecipazione del socio offerente al medesimo prezzo.
La clausola in parola, tipica della prassi nordamericana, è stata importata nei Paesi di civil law dando origine a non pochi problemi di innesto nei diversi sistemi giuridici. In particolare, per quanto riguarda l’ordinamento italiano, essa è stata oggetto di perplessità quanto alla sua compatibilità con specifici principî di carattere civilistico.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 22375 del 25 luglio 2023
Proprio tali principî vengono ripercorsi dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 22375 del 25 luglio 2023, per poi giungere all’affermazione della validità della clausola, nella specie inserita in un patto parasociale di una società con due soci aventi identica partecipazione, in quanto espressione dell’interesse degli stessi di evitare situazioni di stallo e di possibile liquidazione della società che proprio il paritetico esercizio del diritto di voto potrebbe determinare.
In particolare, quanto al possibile contrasto con l’art. 1355 del codice civile, che sancisce la nullità dell’alienazione di un diritto o dell’assunzione di un obbligo ove esse siano subordinate a una condizione sospensiva che le faccia dipendere, rispettivamente, dalla mera volontà dell’alienante o da quella del debitore (cosiddetta condizione meramente potestativa), la Corte di Cassazione sottolinea come nel caso della clausola della roulette russa non operi alcuna condizione meramente potestativa, sia perché la fissazione del prezzo dell’offerta di acquisto non è svincolata da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza e, quindi, non è il frutto dell’arbitrio del socio proponente (quest’ultimo dovendo, invece, tenere in debita considerazione il possibile esito della decisione della controparte), sia perché la clausola può attivarsi soltanto in presenza di una situazione di blocco societario predeterminata dalla clausola stessa.
Con riferimento poi al presunto mancato rispetto dell’art. 1349 del codice civile in tema di determinazione o determinabilità dell’oggetto del contratto, la Suprema Corte argomenta che il nostro ordinamento giuridico consente a una parte di determinare unilateralmente l’oggetto del contratto, purché ciò avvenga secondo parametri obiettivi di riferimento o, comunque, in modo da tutelare una parte dalle finalità meramente speculative dell’altra: nel caso della clausola della roulette russa è dunque il meccanismo di funzionamento della stessa che pone le parti in una situazione di reciproco equilibrio negoziale, dal momento che viene attribuito al socio oblato il diritto di esercizio di una opzione put o call che fa da contraltare alla determinazione unilaterale del prezzo da parte del socio offerente.
Ad avviso della Corte di Cassazione non sussiste neppure una violazione del divieto di patto leonino sancito dall’art. 2265 del codice civile (per cui è nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite), alla luce sia della operatività solo eventuale della clausola (come, al verificarsi di uno stallo societario), sia del già citato meccanismo di funzionamento della clausola stessa, che può rivolgersi contro il socio che per primo l’abbia attivata.
In merito alla supposta necessità che la clausola in esame individui un valore minimo volto a garantire una congrua valorizzazione della partecipazione del socio uscente, in conformità al relativo principio desumibile dagli artt. 2437 (in tema di recesso del socio) e 2437 sexies (in tema di riscatto di azioni) del codice civile, i giudici di legittimità rilevano, innanzitutto, che nella clausola della roulette russa non vi è nessun socio di minoranza da tutelare in quanto i due soci hanno una partecipazione equipollente e che, peraltro, la decisione ultima (come, se vendere o acquistare) spetta al socio che subisce l’iniziativa e non a quello che l’assume.
Inoltre, laddove inserita nei patti parasociali – e, quindi, volontariamente accettata dai soci contraenti – è esclusa in radice la necessità di applicare il principio di equa valorizzazione della partecipazione sociale, dal momento che il socio destinatario dell’offerta non è in una situazione di soggezione pura a fronte dell’altrui diritto potestativo, ma fruisce a propria volta di un diritto di scelta.
In ogni caso – sostiene la Corte di Cassazione – la clausola della roulette russa deve essere esercitata secondo i principî generali di correttezza e buona fede; ove così non fosse, il socio oblato potrebbe sempre agire per il risarcimento del danno, o per paralizzare l’attivazione della clausola con l’exceptio doli generalis, o ancora per far dichiarare l’inefficacia dell’atto traslativo della partecipazione societaria.