Lanzillo: “Un’azienda familiare deve costantemente tenere in considerazione alcune sfide peculiari come le questioni legate alla proprietà o alla transizione generazionale”
Solo 2 aziende su 10 stanno attualmente pianificando futuri cambiamenti negli assetti proprietari e 1 su 10 ha definito o formalizzato un piano di transizione
Il 71% delle aziende familiari italiane crede che la propria natura – fondata sulla generazione del valore nel lungo periodo e non sulla mera redditività nel breve termine, oltre che sulle tradizioni e sui valori – le renda più resistenti alle incertezze congiunturali. Il 69% dei leader familiari, infatti, non considera il contesto esterno allarmante in un orizzonte temporale di 12 mesi e 8 su 10 si dichiarano ottimisti sulle prospettive di crescita della loro azienda. Ma le loro stime si scontrano con una mancanza, che rischia di rendere “pericolosa” la loro percezione di resilienza: quando si parla di transizione generazionale, uno dei fattori centrali per le imprese familiari insieme allo sviluppo di modelli di buona governance, solo 2 su 10 affermano di star attualmente pianificando i futuri cambiamenti negli assetti proprietari.
“A prescindere dalle contingenze legate alla congiuntura macroeconomica e geopolitica, le realtà familiari affrontano ulteriori questioni connesse alla loro stessa natura, che possono alterare il corso dell’attività e il futuro dell’organizzazione”, spiega Ernesto Lanzillo, Deloitte Private leader, commentando i risultati di una nuova ricerca dal titolo Aziende familiari: transizione nella continuità condotta da Deloitte Private su 100 imprese italiane di tipo familiare. “Un’azienda familiare, infatti, deve costantemente tenere in considerazione alcune sfide peculiari come la difficile interazione tra scelte di business e di investimento, nonché le questioni legate alla proprietà, alla transizione generazionale o alle dinamiche familiari”, aggiunge.
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Il punto però è che appena una su dieci ha già definito e formalizzato un piano di transizione. Inoltre, oltre un quinto afferma che ad oggi non c’è una nuova generazione a cui passare il testimone; quando invece è presente e interessata a raccoglierlo, nel 31% dei casi, sembrerebbe non essere comunque pronta a prendere le redini dell’azienda. C’è da dire che l’81% delle intervistate ritiene indispensabile formare la generazione successiva con l’affiancamento dei leader attuali oppure, per il 71%, promuovere esperienze in altre aziende per favorire la contaminazione e lo sviluppo di nuovi approcci imprenditoriali. “Con il 54% delle aziende intervistate che è guidata dalla prima generazione, i dati del nostro studio evidenziano come molte imprese familiari non abbiano ancora vissuto la transizione generazionale”, ribadisce Lanzillo. “È cruciale che questo momento di evoluzione della governance e dell’organizzazione, connesso appunto al cambio della leadership familiare, venga opportunamente preparato e pianificato”, avverte.
Per gestire efficacemente le dinamiche aziendali e adattarsi ai cambiamenti esterni, secondo l’esperto, è inoltre altrettanto importante sviluppare un modello di buona governance. A tal proposito, l’operatività effettiva del consiglio di amministrazione diventa un elemento essenziale per garantire il futuro dell’azienda e preservare l’eredità familiare, ma non è formalizzata da quasi una realtà su due. Le imprese che hanno formalizzato il consiglio dichiarano in due casi su tre che accoglie solo membri della famiglia proprietaria. Eppure, una parte di esse sa che il supporto di professionisti esterni consentirebbe di perfezionare alcune competenze essenziali per la crescita, come monitorare e anticipare i trend di mercato (35%), comprendere a fondo il prodotto e le tecnologie avanzate (30%), adattarsi ai cambiamenti (24%) e sviluppare una leadership coinvolgente e una comunicazione chiara e trasparente (24%).