“A livello italiano e europeo non esiste una norma che obblighi, vincoli o inviti ciascuno di noi a dire la verità”, spiega l’avvocato Umberto Ambrosoli
Una delle armi per combattere il fenomeno, secondo la direttrice generale di Telethon Francesca Pasinelli, è quella di iniziare a produrre della corretta contro-informazione
Per Guido di Fraia, prorettore dello Iulm, “le società che fanno poco digital marketing sono penalizzate” rispetto ai produttori di bufale
Lo sa bene Pepsi, produttrice internazionale della celebre bevanda zuccherata, che nel 2016 – in seguito alla diffusione di una fake news relativa a alcune dichiarazioni che sarebbero state rilasciate dalla ceo Indra Nooyi – avrebbe visto crollare notevolmente e in pochi giorni il prezzo delle proprie azioni (dati Alva). Insomma le fake news, per le aziende, non sono solo una minaccia reputazionale. Come difendersi? Se ne è parlato a Milano, nella sede di Borsa Italiana, in occasione dell’evento organizzato per i 25 anni di Twister communications group.
Cos’è una fake news
“Una bufala? Una notizia vera che viene smentita? Propaganda politica o teorie complottiste?”, si chiede Edoardo de Biasi, consigliere delegato per i contenuti editoriali di Milano Finanza, che ha moderato l’evento. “Non lo so – prosegue – l’unica cosa che so è che l’informazione è potere e le cosiddette fake news ci sono sempre state. Siamo entrati in un’era in cui internet ha cambiato tutto: la notizia è diventata una commodity e internet fa da diffusore di notizie sbagliate. Come si può evitare questo? Con consapevolezza dell’impatto del digitale.
“A livello italiano e europeo non esiste una norma che obblighi, vincoli o inviti ciascuno di noi a dire la verità”, ha spiegato Umberto Ambrosoli, avvocato e presidente onorario dell’associazione civile Giorgio Ambrosoli. “Ciascuno è libero di manifestare il proprio pensiero come crede”, ha aggiunto l’avvocato, sottolineando che è proprio da questa libertà che si nasconde la maggiore difficoltà di equilibro tra la libertà di pensiero e il diffondersi in fake news.
“Le legislazioni tra cui operano i grandi motori di ricerca non sono sempre omogenee. In Italia questa difficoltà di equilibrio fa sì che nell’ordinamento non esista una norma generale a tutela della verità”, ha proseguito Ambrosoli, sottolineando che tuttavia una recente sentenza della Corte di giustizia Ue ha stabilito che qualora a un social network o un motore di ricerca venisse imposta la cancellazione di un’informazione riguardante un cittadino europeo, questa dovrà essere efficace a livello globale. “È già un passo avanti – ha spiegato -. Ma penso che una maggiore capacità di autocritica individuale sia il giusto percorso da intraprendere”.
Fake news e imprese: Cosa fare
Non c’è una regola generale per combattere le fake news. Ma può aiutare l’esperienza di chi ci si confronta giorno dopo giorno. È il caso ad esempio dell’ambito della ricerca medico-scientifica, tra le più colpite dal fenomeno delle notizie false. “La sanità è probabilmente l’ambito dove le fake news proliferano maggiormente”, ha commentato Francesca Pasinelli, direttore generale di fondazione Telethon.
“Credo che ci siano sempre state, anche molto prima di internet – ha proseguito – ma oggi sono amplificate nella trasmissione (fake news, fake pictures, fake video). Sta diventando un problema che riguarda anche la relazione tra paziente e medico. Nessun medico può dire oggi che la propria relazione con il paziente non passi prima da un confronto tra il paziente e informazioni che può trovare in internet”.
“Una delle armi per combattere questo fenomeno – secondo Pasinelli – è quella di iniziare a produrre della corretta contro-informazione. Non solo giornali, tv e siti, ma anche le stesse imprese devono iniziare a raccontare in termini semplici (e diversi dal latino latinorum che crea diffidenza) la realtà delle cose”.
È d’accordo con Pasinelli anche Andrea Bellandi Saladini, direttore dell’Accademia civica digitale. Per il giovane fondatore dell’Accademia le fake news sono una vera e propria forma di “inquinamento digitale”. La generazione dei Millennials, che Saladini definisce “pioniera (non nativa) del digitale” è piuttosto sensibile a questi temi. Secondo Saladini uno dei modi per non essere mai etichettati come ‘fake’ è quello di inserire sempre le fonti nelle proprie pubblicazioni o articoli.
Per Guido di Fraia, prorettore dell’università Iulm, “le aziende devono interrogarsi su come comunicare nell’era dell’intelligenza artificiale”. Questo anche perché “le istituzioni si sono mosse tardi e male rispetto al tema delle fake news”. Un aspetto da non trascurare, secondo di Fraia, è quello del digital marketing: “Le fake news purtroppo tendono a essere ben posizionate tra i risultati dei motori di ricerca. Per questo le società che fanno poco digital marketing sono penalizzate”.