I settori in cui può trovare applicazione sono quelli del commercio, dei servizi, dell’artigianato e dell’agricoltura.
Secondo la dottrina prevalente, tale forma di impresa, anche se gestita con la collaborazione dei familiari, presenta la natura di impresa individuale, conseguendone che:
- la gestione ordinaria è di competenza esclusiva del titolare dell’impresa;
- la posizione degli altri familiari assume rilevanza esclusivamente nei rapporti interni;
- soltanto il titolare dell’impresa, e non anche i collaboratori, è responsabile per le obbligazioni assunte nell’esercizio dell’impresa e soggetto a fallimento;
- soltanto sul titolare dell’impresa gravano gli obblighi di natura fiscale (i.e. soggettività passiva iva; obblighi connessi alla posizione di sostituto di imposta; formazione del reddito d’impresa derivante dall’attività esercitata dall’impresa familiare).
Ai collaboratori familiari, sono riservati particolari diritti quali:
- il mantenimento, secondo il tenore patrimoniale della famiglia;
- la partecipazione agli utili dell’impresa e ai beni acquisiti con essi, agli incrementi dell’azienda (anche in ordine all’avviamento) in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato;
- la partecipazione alla gestione dell’attività laddove siano interessati aspetti di carattere straordinario.
In caso di cessione dell’azienda, inoltre, i collaboratori conservano il diritto di prelazione.
Stante tutto quanto sopra, uno dei vantaggi di tale forma di impresa consiste nella possibilità da parte dell’imprenditore di poter usufruire del lavoro del coniuge e dei familiari senza istaurare un vero e proprio rapporto di lavoro. Inoltre, non occorrono particolari e costose formalità per la creazione, è sufficiente una scrittura privata autenticata recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti.
Sotto il punto di vista fiscale, la norma che rileva è l’art. 5, commi 4 e 5, del Tuir, ai sensi della quale l’imprenditore può imputare ai collaboratori familiari, che abbiano prestato in modo continuativo e prevalente l’attività di lavoro nell’impresa, fino al 49% degli utili conseguiti dall’impresa (e non anche le perdite, che restano invece sempre in capo all’imprenditore), in proporzione alla loro quota di partecipazione agli utili, a condizione che:
- i familiari partecipanti all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, dalla scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo d’imposta;
- la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore rechi l’indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l’attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo di imposta;
- ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente.
L’impresa familiare, inoltre, avendo natura individuale, dal 2022 non è più soggetta a Irap.
Considerato che la tassazione delle persone fisiche è di tipo progressivo (l’imposizione aumenta più che proporzionalmente rispetto all’incremento del reddito), è di chiara evidenza come la possibilità di spalmare il 49% degli utili prodotti su più collaboratori consenta di attenuare la progressività delle imposte evitando l’applicazione di più alti scaglioni Irpef in capo all’imprenditore. Il risparmio fiscale risulterà maggiore all’aumentare degli utili. Per contro, nel caso di perdite derivanti dalla gestione dell’impresa familiare, l’imprenditore potrà utilizzarle in compensazione con altri eventuali redditi imponibili, garantendosi un beneficio anche in tale scenario.