Nel corso degli ultimi decenni, la limitata presenza delle donne nei contesti imprenditoriali e di business – soprattutto in riferimento ai ruoli più apicali – è diventato un hot topic sia per i media sia per la comunità accademica. Seppure la sempre maggiore attenzione posta sulle questioni di genere possa risultare ridondante e rischiare di apparire come una moda, che alcune imprese in primis possono cavalcare per mere questioni reputazionali, è importante non sminuire le problematiche che affliggono molte donne che si affacciano al mondo del lavoro e che cercano di guadagnarsi una posizione di rilievo.
Nonostante l’introduzione delle quote rosa abbia favorito l’ingresso delle donne nei Cda e nonostante sempre più donne stiano scalando le catene gerarchiche delle aziende per le quali lavorano, ad oggi risultano ancora sottorappresentate nei ruoli manageriali di alto livello. La nostra analisi su un campione rappresentativo di 241 aziende italiane evidenzia infatti che solo il 10% sono guidate da amministratici delegate e che in media i team manageriali sono formati solo per il 21% da donne (cioè una donna ogni quattro uomini). Ancora più preoccupante è il fatto che ben 67 aziende (40% del campione) non impiegano manager donna. Questi risultati rimangono pressoché invariati nel momento in cui ci si focalizza sulle 122 imprese del campione che sono a conduzione familiare e che dovrebbero essere – almeno in linea teorica – mag- giormente predisposte a un coinvolgimento delle donne (ad esempio, quelle di famiglia) nell’azienda. Infatti, malgrado solo il 10% degli ad di queste aziende sia donna, nel 92% dei casi si tratta di esponenti della famiglia che controlla l’azienda.
Il tema del coinvolgimento delle donne è particolarmente importante nei family business. Sebbene la famiglia sia stata tradizionalmente vista come patriarcale, le donne hanno sempre svolto un ruolo chiave – occupandosi della gestione domestica, accudendo i figli e facendo da collante. La famiglia, per certi versi, può essere vista come una forma primordiale d’impresa. Le caratteristiche che distinguono le donne dagli uomini possono però giocare un ruolo chiave, non solo all’interno della famiglia in senso stretto, ma anche nella gestione dell’azienda di famiglia. La presenza delle donne favorisce infatti un clima di maggiore collaborazione e tolleranza. Grazie alle esperienze e competenze diverse che possono aver vissuto e accumulato nel corso delle loro vite, le donne possono apportare prospettive differenti rispetto a quelle degli uomini con le quali analizzare i problemi aziendali. Queste diverse prospettive favoriscono a loro volta discussioni costruttive e soluzioni più creative. Inoltre, data la loro tendenza a prendersi cura e aiutare le altre persone e a mettere in primo piano l’altruismo familiare e il benessere collettivo, le donne potrebbero essere maggiormente in grado di prendere decisioni che preservino il capitale socio emotivo dell’impresa – in altre parole quella forma di capitale non finanziario che una famiglia imprenditoriale accumula quando persegue i propri obiettivi familiari e non economici. Infine, alcuni studi scientifici condotti da noi e altri colleghi hanno dimostrato come la presenza di donne possa avere implicazioni positive per l’innovazione – particolarmente importante per le aziende familiari che sono tipicamente resistenti al cambiamento – e per le performance aziendali, sia nel loro complesso sia con specifico riferimento alla responsabilità sociale.
Per questi motivi, è importante che le donne possano avere la possibilità di far sentire la propria voce. Per favorire il passaggio delle donne dalla famiglia all’azienda è necessario che nelle aziende familiari si lavori per diffondere una cultura della diversità e inclusione di genere. Puntare sulla diversità significa favorire la presenza formale delle donne in azienda, evitando che continuino a giocare ruoli secondari o informali – cioè senza essere impiegate formalmente nell’azienda e interpellate perlopiù per gestire questioni familiari piuttosto che aziendali. Per farlo, risulta importante superare la mentalità che spinge i capi azienda, tipicamente uomini, a preferire a priori successori dello stesso sesso mettendo in secondo piano eventuali membri familiari donna che potrebbero ben ricoprire il loro ruolo. La nomina di amministratrici delegate o il loro ingresso nei team manageriali potrebbe stimolare un processo decisionale più ricco e che consideri punti di vista diversi, che sono insiti, non solo nelle esperienze personali a livello formativo e lavorativo, ma anche nelle caratteristiche intrinseche distintive di donne e uomini. Allo stesso tempo, è importante favorire la presenza di role model – in famiglia e in azienda – che stimolino le donne di famiglia a non essere frenate nel loro desiderio di una carriera nell’impresa di famiglia o di crearne una propria. Ciò è particolarmente importante in questo periodo, nel quale la crisi scaturita dal diffondersi della pandemia ha frenato ulteriormente la creazione di imprese al femminile e reso più difficile il lavoro delle donne in azienda. Favorire la diversità non è però sufficiente affinché le donne riescano ad avere un ruolo in azienda. È infatti importante che una volta assunte, le donne siano effettivamente incluse, e quindi coinvolte nelle attività e nei processi decisionali aziendali. A questo scopo, è necessario superare gli stereotipi di genere che tendono a far sì che – in modo conscio o inconscio – gli uomini le considerino, ad esempio, meno competenti, più imprevedibili e meno degne di fiducia. Di conseguenza, questi stereotipi fanno sì che, seppur in contesti in cui la diversità è incentivata, le donne non siano effettivamente incluse, le loro competenze non sfruttate e le loro opinioni non considerate.
(articolo tratto dal magazine We Wealth di marzo)