«Un pezzo meraviglioso, l’unico che si è salvato dalla celebre mostra del 1930». La “meraviglia” è una tela futurista di Bruno Munari, Buccia di Eva, prodotta nel 1929-30; la mostra è quella dell’architetto Sant’Elia e 22 pittori futuristi alla Galleria Pesaro di Milano nell’ottobre del 1930. A parlare è Freddy Battino, responsabile del dipartimento arte moderna e contemporanea de Il Ponte. La monumentale Buccia di Eva (immagine apertura) è forse il lotto leader fra i 116 del catalogo di presentazione dell’asta che la casa milanese terrà il 28 novembre 2023. Non potrebbe essere altrimenti: dopo aver girato l’Europa negli anni trenta, con l’avvento della guerra rimase bloccato oltre confine e poi «non se ne seppe più nulla. Fino al 2023, quando una mail è arrivata alla casa d’aste, segnalandone la presenza in una casa negletta».
Carlo Carrà, Senza titolo. Tutte le foto sono cortesia de Il Ponte
Così, questa Eva-Venere tornita ed essenziale nella sua rosea magnificenza approda sul mercato, con una quotazione decisamente interessante (60.000 – 80.000 euro). Una donna-archetipo di cui resta la “buccia” del frutto proibito. Il colore delle sue carni è il filo rosa che – inconsapevolmente – lega tutto il catalogo: tocchi di rosa o dei suoi derivati cromatici emergono in moltissime opere; si pensi solo al Dolce far niente di Alighiero Boetti (1979, 25.000 – 35.000 euro), al Senza titolo di Carlo Carrà (1941, 15.000 – 25.000 euro), al Cavallo bianco e zebra in corsa in riva al mare di Giorgio De Chirico (1932, 150.000 – 250.000 euro), o ancora, all’astrazione lirica della gouache Studio per Autour d’un point di Frantis?ek Kupka (1925 circa, 35.000 – 50.000 euro), «bellissima, mi era già transitata fra le mani». E a molte altre.
Alighiero Boetti, Dolce far niente
Il consueto sofisticato pedigree storico-culturale cui ci hanno abituati le aste della divisione di arte moderna e contemporanea de Il Ponte pervade gran parte dei lotti offerti. «Un catalogo molto apprezzato anche dai collezionisti esteri», ci rivela Battino. «Anche le gallerie internazionali stanno iniziando a comprare l’arte italiana. Piacciono Morbelli, Previati. Divisionismo e futurismo in genere restituiscono risultati molto buoni. Poi in quest’asta abbiamo una collezione di opere degli anni ’20 strepitosa. La raccolta dei futuristi presenta dipinti che non sono mai apparsi sul mercato, opere vergini».
Gerardo Dottori, Temporale – citta?
Il riferimento è a lavori – fra gli altri – di Luigi Russolo con Il Duomo (1929, 15.000 – 20.000 euro), Gino Severini con Paesaggio urbano con luci artifciali (1913, 35.000 – 45.000), Roberto Marcello Baldessari con Omaggio a Carra? (1914, 10.000 – 15.000 euro), Gerardo Dottori con Temporale – citta? (1919, 10.000 – 15.000), Enrico Prampolini con Paesaggio dinamico (1917, 20.000 – 25.000). Non mancano pregiati e ricercatissimi pezzi di scultura (Arturo Martini, Gio? Pomodoro, Lynn Chadwick, Fausto Melotti, Luigi Ontani, Edgardo Mannucci, Yves Klein, Lucio Fontana). E poi l’amatissima stella del momento, Salvo, da qualche anno presente in ogni asta dedicata ai capolavori italiani dell’arte del XX. Com’è che il mercato si è accorto di questo artista dal sapore quasi caraibico, pure quando dipinge la neve? «Se ne sono accorti gli americani. I collezionisti intendo, non le gallerie. Lo hanno scoperto per caso e se ne sono perdutamente innamorati», rivela Battino.
Lucio Fontana, Decorazione di armadio per ingresso
«Per non parlare della Decorazione di armadio per ingresso di Lucio Fontana (1956, 50.000 – 70.000). Un pezzo pazzesco di smalti e vetri, unico». Commissionato per un’abitazione milanese, è una puntuale testimonianza dell’attiva partecipazione dell’artista tra gli anni quaranta e cinquanta, al lavoro di quegli architetti impegnati nel progetto di rinnovamento architettonico che interesso? la citta? di Milano. Quante collezioni sono presenti in catalogo, dove erano ubicate? «Offriamo tre collezioni di sostanza, tutte provenienti dall’Italia nord occidentale». Le opere sono coperte da garanzie di vendita, come sempre più spesso accade nelle “major”? «No. Ma le nostre stime sono conservative, e il mercato le apprezza, come tutto il lavoro di ricerca che c’è dietro alla costruzione di ogni nostro catalogo».
Frantisek Kupka, Studio per Autour d’un point
Quali sono i motivi per cui si vende una collezione d’arte? «Si vende soprattutto al momento del passaggio generazionale, dell’eredità. Il denaro è fungibile, le opere d’arte no. In altri casi ci si prepara per tempo, pianificando la trasmissione intergenerazionale del patrimonio e sollevando i figli e in generale gli eredi da scelte difficili e non serene. Poi non mancano, come è naturale che sia nel collezionismo, le vendite fatte per migliorare la propria collezione».
L’ultima citazione di Freddy Battino è per quello che definisce il «cammino spirituale» di Emilio Scanavino, il grande (130×162 cm) olio su tela del 1964 intitolato “Tempo di preghiera” (40.000 – 60.000 euro), capace di far emergere «l’inganno oltre l’apparenza. Segni graffiati, linee, grovigli, la grande campitura cinerea sono i vocaboli di un percorso che ci accompagna in un percorso intimo e articolato alla ricerca si significati autentici e spirituali».
Emilio Scanavino, Tempo di preghiera
Profano si staglia invece fra gli altri dipinti il voluttuoso e imponente Il bosco d’amore di Renato Guttuso (80.000 – 120.000 euro): una tela di oltre 4 metri di larghezza, esposta nel 1984 a Milano presso Palazzo Reale: «Non ci si stanca di guardarlo», commentava il critico Giuliano Briganti.
Renato Guttuso, Il bosco dell’amore