È soprattutto una storia di limiti che vengono continuamente
superati quella di Ivana Ciabatti, la Signora dell’oro toscano. Il risultato di
un percorso iniziato da zero è quello che lei chiama “capitalismo umano”, dove
il profitto dell’azienda è legato a doppio filo al benessere dell’uomo. La
signora Ciabatti nasce in un piccolo borgo del Casentino, nella campagna tra
Firenze e Arezzo. Il destino sembra essere segnato e Ivana inizia a lavorare in
una delle tante botteghe orafe del distretto. Finché, a 27 anni, non decide di fare
il primo dei grandi salti che caratterizzano la sua carriera e di mettersi in
proprio. “Nel mio progetto avevo coinvolto un socio finanziatore”, racconta a
We Wealth l’esordio, tutto in salita. “Ero giovane, con poche risorse
economiche e soprattutto una donna, in un mondo tutto maschile”. E quindi? “E
quindi ho coltivato un’idea folle: andare a comprare l’oro direttamente nelle
miniere. Che voleva dire andare in giro per il mondo, dal Medio Oriente,
all’Africa, all’America del nord e del Sud, all’Africa, all’Oceania, a trattare
a tu per tu con gli estrattori”. Una rivoluzione allora e anche ora che ha
portato Italpreziosi a diventare azionista delle miniere da cui acquista la
materia prima – un modello di business unico – e a fatturare 6,8 miliardi di
euro nel 2021 (che ne fanno una delle aziende orafa più grandi del mondo). E
Ciabatti a diventare Presidente Nazionale di Confindustria Federorafi e Vice
Presidente della Federazione Europea del Gioiello (EFJ). “Saltiamo un intermediario e accorciamo la catena
del valore tra oro grezzo e produzione, tra materia prima e chi la lavora.
Acquistiamo dunque il materiale grezzo direttamente dalla miniera, lo
raffiniamo e lo vendiamo alle aziende che lo trasformano in gioielli o anche
nei settori industriali più disparati, e a banche e privati in forma di
lingotti”.
La catena del valore del metallo giallo
La raffinazione è il core business dell’azienda e avviene con un processo chimico industriale che consente di separare l’oro dai minerali non nobili. “Tutti gli impianti tecnologici innovativi che utilizziamo per questo processo sono prodotti in Toscana – precisa Ciabatti – Le macchine con cui realizziamo invece i lingotti le costruisce una startup che ho fondato nel 2019, la TeraAutomation, in cui lavora un gruppo di ingegneri con un’età media di 35 anni e a stretto contatto con il Sant’Anna di Pisa”.
Ma Italpreziosi si occupa anche di altro, presidiando tutta la complessa catena del valore dell’oro. E dunque produce oro da investimento, nella forma di lingottini con purezza uguale o superiore a 999 e in 24 carati, da 5 grammi a un chilo di peso. L’azienda è nella lista delle 69 aziende nel mondo che sono certificate ‘good delivery’ dalla Lbma-London Bullion Market association: la certificazione attesta che i lingotti, per la loro purezza, sono scambiabili come moneta.
Le diverse anime dell’oro
“L’oro è molte cose: materiale incorruttibile con cui si costruiscono gioielli, ma anche elemento imprescindibile di componenti elettrici, è la materia con cui si producono i gioielli, è riserva delle banche centrali e safe haven nel mondo degli investimenti. L’oro è soprattutto – aggiunge Ciabatti – una risorsa finita, per questo preziosa. Ma quello estratto può essere trasformato infinite volte: noi lo recuperiamo anche dalle lavorazioni industriali attuando una vera economia circolare”.
Ciabatti è molto attenta all’elemento della sostenibilità a tutto tondo. Tanto da aver redatto nel 2021 il primo Rapporto di Sostenibilità, per rimarcare come “la salvaguardia dell’ambiente, la tutela e la promozione dei diritti umani, il rispetto di standard del lavoro sicuri ed equi, anche attraverso l’innovazione tecnologica, rappresentino i principi fondanti del nostro operato – dice Ciabatti – in un contesto globale dove persistono le incertezze legate al Covid-19 e ai conflitti geo-politici, siamo sempre più motivati a proseguire con orgoglio nel nostro cammino sostenibile anche con nuovi investimenti per creare nuove possibilità per la nostra azienda e per la comunità”. Il bilancio di sostenibilità è in effetti l’ultimo tassello di un impegno che esiste da sempre. “L’oro è un business ad alto rischio sul fronte etico: perché le miniere vanno di pari passi con la deforestazione e sono locate i luoghi dove il rispetto dei diritti dei lavoratori non sono necessariamente la norma. Non possiamo ignorarlo”. Come non si può ignorare che “un lingottino d’oro dei nostri arriva a costare 50mila euro ed è piccolo, può essere nascosto e si presta a essere usato per riciclaggio, ricettazione, finanziamento a gruppo armati, senza considerare il rischio di violazione dei diritti umani nelle miniere stesse – spiega Ciabatti – Dobbiamo tenere alta la guardia sempre: a partire da una gestione responsabile della filiera. Noi aderiamo, per esempio, al progetto internazionale Planetgold, avviato in 8 Paesi, che si propone di sostenere le comunità locali di minatori artigianali nell’eliminazione del mercurio dalla catena di produzione. Siamo stati tra i primi al mondo inoltre a parlare di oro etico e tracciabilità; e abbiamo realizzato in Honduras una miniera dove si usa solo acqua per l’estrazione e impiantato nella foresta una clinica al servizio dei minatori e delle loro famiglie. Una volta esaurita la vena aurifera, infine, rispristiniamo la vegetazione perché il nostro impatto sia prossimo allo zero”.
Bisogna ridurre l’impatto ambientale e sociale
E in Italia Italpreziosi sta realizzando uno stabilimento nuovo completamente sostenibile. Sul fronte dell’ambiente, grazie all’istallazione di sistemi fotovoltaici ad alta efficienza, favorendo processi chimici a freddo, che non impiegano combustibili fossili e grazie a un sistema di recupero delle acque reflue per ridurre al minimo i consumi idrici”.
Al fine di ridurre al minimo l’impatto ambientale e le emissioni di gas serra, Italpreziosi impiega processi chimici “a freddo” e ha installato tecnologie solari fotovoltaiche nella parte superiore della sede centrale. L’azienda ha aderito anche all’iniziativa di Print Relief, per cui per le quasi 900mila pagine stampate dal 2020, sono stati ripiantati 107 alberi e lavora per individuare un packaging eco-compatibile. Ma non solo: l’impegno è forte anche sul fronte sociale. “Siamo attenti alla formazione del personale, leva strategica per migliorare la competitività. Rispetto al 2020 le ore dedicate alla formazione sono quasi triplicate (1012 contro le 431 del 2020) coinvolgendo il 50% dei dipendenti. E abbiamo un asilo nido, una mensa a metri zero, una coltivazione bioponica. Il mio obiettivo è dare segnali positivi: ho sognato e sogno ancora di far profitto, ma con etica, dignità, morale”.