Lo scenario della storia è in un fazzoletto di terra al confine tra Puglia e Basilicata, tra Adriatico e colline terrazzate
Il protagonista è Pasquale Natuzzi, figlio dell’ebanista lucano ha costruito non solo un’azienda, ma un intero distretto industriale dell’arredamento creando lavoro in un’area svantaggiata
Dove tutto ebbe inizio
Figlio di un ebanista, aveva 19 anni e da poco insieme alla sua famiglia si era trasferito da Matera a Taranto. L’azienda di divani che conosciamo oggi vedrà però la luce proprio a Matera a inizio anni ’70. Ma durò poco: dopo un anno la fabbrica fu distrutta in un incendio e Pasquale tornò nuovamente in Puglia a Santeramo in Colle, nella provincia di Bari, dove tutt’ora ha sede l’headquarter del gruppo. È quello il momento a partire dal quale l’azienda inizierà a scalare: senza smarrire la sua vocazione artigianale, Natuzzi si evolverà in una realtà industriale di eccellenza.
Il lusso democratico sbarca nella Grande Mela
Negli anni ’80 i suoi divani che sposano l’idea del lusso democratico inizieranno a conquistare i consumatori di tutto il mondo. Agli inizi degli anni ’90 il gruppo si è quotato alla Borsa di New York e ha fondato la prima catena in franchising italiana dedicata al mobile imbottito: Divani&Divani by Natuzzi. Le collezioni si sono poi arricchite di mobili, complementi e accessori, dando vita al total living Natuzzi. Negli anni 2000 Natuzzi ha infine iniziato il suo sviluppo retail aprendo punti vendita a New York, Dubai, Nuova Delhi, Pechino, San Paolo, Sydney, Londra. Contemporaneamente ha avviato collaborazioni con designer di fama internazionale e lo stile si è evoluto fino a quello che oggi Pasquale Natuzzi junior, il figlio trentenne del fondatore definisce un’attività di “harmony maker”. “Laddove c’è un angolo noi faremo una curva”, è da sempre d’altronde il motto di Natuzzi Senior: stile e manifattura, il meglio possibile della produzione italiana.
Il controllo resta in mano alla famiglia (ma si apre a manager esterni)
E ciò che rende oggi Natuzzi uno dei marchi di arredamento più noti al mondo. Circa il 90% del fatturato (328 milioni di euro nel 2020) proviene dalle vendite dei propri brand, attraverso un capillare retail network con negozi di proprietà e in franchising.
E resta, Natuzzi, una solida azienda familiare. Se il 38,4% del capitale è flottante, in mano soprattutto a investitori qualificati, molti dei quali con sede negli Usa, la maggioranza (56,5%) resta saldamente in mano a Pasquale Natuzzi, attraverso una holding finanziaria. Un ulteriore 5,1% è detenuto da altri due membri della famiglia Natuzzi. Da giugno scorso il fondatore ha assunto l’incarico di presidente esecutivo, focalizzato sulle strategie di lungo termine, mentre il ruolo di ceo è passato ad Antonio Achille, ex McKinsey.
Il legame con il territorio e il destino del Distretto delle Murge
È una storia, quella che stiamo raccontando, di un’eccellenza costruita soprattutto attraverso un legame viscerale con un territorio, con cui lo scambio è continuo e ineliminabile. Le intuizioni di Pasquale Natuzzi hanno rappresentano un modello di business valido per numerose aziende manifatturiere locali che negli anni ’90 sono sorte rapidamente nell’area circostante, molte fondate da ex-collaboratori Natuzzi. Che hanno di fatto dato vita al Distretto Murgiano del Mobile Imbottito in quello che è anche conosciuto come il “triangolo del salotto” tra Santeramo, Matera ed Altamura: un piccolo miracolo del Sud. A inizio anni 2000 questo distretto ha raggiunto il suo momento di massimo splendore, con un valore di oltre 1400 milioni di euro in termini di fatturato, più di 500 imprese attive a livello di produzione finito e semilavorati, e un totale di 11mila addetti.
Ma la globalizzazione e la trasformazione dei mercati mercato hanno posto nuove dinamiche, mettendo in discussione i vantaggi competitivi acquisiti nel tempo. La crisi economica mondiale e la concorrenza straniera hanno provocato una rivoluzione. Dal 2007 in poi, nel Distretto c’è stata una perdita di migliaia di posti di lavoro, con la chiusura di molte imprese che non hanno avuto le forze o la capacità per rinnovarsi. Fino all’anno della pandemia, da cui però, ciò che resta della florida industria dei divani sta mostrando di sapersi riprendere rapidamente. Il Mobile Imbottito della Murgia nel primo semestre 2021 ha registrato una crescita del 12,3% rispetto allo stesso periodo del 2019 (Monitor Distretti di Intesa Sanpaolo). Nei primi sei mesi dell’anno le imprese sono riuscite a fronteggiare la mancanza di materie prime e le difficoltà di approvvigionamento dovute alla crisi logistica globale che ha interrotto le catene di approvvigionamento essenziali. Difficile prevedere che cosa accadrà nei prossimi mesi.
Il vantaggio competitivo di Natuzzi: l’innovazione
Certamente a favore di Natuzzi c’è il forte focus sull’innovazione, di processo e di prodotto, da sempre basata su un sapiente mix di tecnologia avanzata e competenze artigianali.
“Nel 2021 – dicono dall’azienda a We Wealth – abbiamo realizzato la prima fabbrica Lean con tecnologie 4.0 all’interno di uno stabilimento manifatturiero del Distretto del Mobile Imbottito di Puglia e Basilicata. Il nuovo processo produttivo parte dall’esigenze del cliente e vi si adatta. Flessibile, digitale, efficiente e sostenibile, la nuova fabbrica rappresenta il futuro della produzione di Natuzzi e stabilisce nuovi standard per l’industria dell’arredamento e del design”.
L’intera produzione made in Italy è progettata e realizzata in stabilimenti di proprietà nelle province di Bari, Matera e Taranto. Qui vengono realizzati i prodotti Natuzzi Italia – il Brand che aspira ad un posizionamento luxury – venduti quasi esclusivamente nei negozi monomarca a gestione diretta o in franchising. In Italia Natuzzi gestisce anche una conceria (Natco) a Pozzuolo del Friuli in provincia di Udine.
Effetto Covid
I prodotti Natuzzi Editions – il marchio di lusso accessibile, in Italia “Divani&Divani by Natuzzi” – sono invece interamente progettati in Italia e realizzati in diversi distretti strategicamente posizionati per servire al meglio i singoli mercati (principalmente Cina, Romania e Brasile).
E chiaramente, essendo il legame con il territorio quasi l’essenza di questa impresa, è fortissimo l’impegno a restiruire. Le inziative sono tante e consolidate. Ma per citare tempi recenti, nel 2020, nel pieno dell’emergenza pandemica, l’azienda ha avviato la produzione di mascherine chirurgiche in uno dei suoi stabilimenti pugliesi. In meno di tre settimane ha superato i test previsti dalle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità, adattando macchinari e competenze: le postazioni tradizionalmente dedicate al taglio e alla cucitura dei rivestimenti degli imbottiti sono state trasformate in postazioni per taglio, cucitura e confezionamento di mascherine e ai macchinari già presenti in stabilimento è stato aggiunto quello per la sanificazione finale. Le mascherine prodotte sono state destinate al fabbisogno interno aziendale e ai Presidi Ospedalieri, alla Protezione Civile ed alle Forze dell’Ordine che operano sul territorio.
E un altro impegno che ha sempre accompagnato la storia aziendale è la formazione. In un territorio segnato da un altissimo tasso di disoccupazione giovanile, in assenza di piani formativi pubblici e con un sistema scolastico completamente scollato dal mondo delle imprese, Natuzzi ha creato cultura d’impresa.
Il valore della formazione
Durante i periodi di grande crescita ha investito per anni nelle Scuole di Formazione e Addestramento Professionale per avviare i giovani, attraverso la formazione sul campo, alle varie mansioni specialistiche legate alla produzione del divano. Inoltre, è stata antesignana dell’alternanza scuola/lavoro oggi praticata dagli Its (Istituti Tecnici Superiori), con cui ha iniziato a collaborare da subito istituendo un corso “Biennale di Alta Formazione in Meccanica del Legno”. È stata così creata una nuova figura professionale nell’ambito del design e dell’arredamento: Tecnico di Alta Specializzazione per l’innovazione di prodotto e di processo. Un grande impegno per favorire l’occupazione giovanile nel territorio creando nuovi profili professionali in grado di progettare, sviluppare e produrre secondo logiche innovative, funzionali alla competitività e alla sostenibilità.