Coinvolta (e presumibilmente inconsapevole della provenienza controversa del gioiello) la cantante Beyoncé, quinta donna e prima di origini afroamericane ad indossare il famoso Giallo di Tiffany. L’accusa di colpevolezza a lei rivolta? L’aver associato la propria immagine a un diamante (forse) insanguinato, dopo tanto essersi battuta per i diritti e l’emancipazione del popolo afroamericano attraverso la propria musica. Non immune agli strali delle critiche l’altra metà dei coniugi Carter, il rapper e imprenditore Jay-Z. Anch’egli volto della campagna di fianco alla moglie, con un’acconciatura di dreadlock che rende omaggio al creatore del quadro alle sue spalle, Jean Michel Basquiat, anch’egli “complice” di quell’establishment, quel capitalismo che l’artista di origini portoricane aveva preso in giro e demistificato nel corso della sua carriera.
Beyoncé e Jay-Z nella campagna About Love di Tiffany & Co., agosto 2021.
La storia del Giallo di Tiffany, dal Sud Africa a Audrey Hepburn
È il 1877 quando il cosiddetto Giallo di Tiffany viene scoperto dalla società londinese De Beers in una miniera della città di Kimberley, in Sud Africa, allora colonia dell’Impero Britannico. La pietra dura grezza consta di 287.42 carati quando Charles Lewis Tiffany, il fondatore dell’omonima casa di gioielleria americana, l’acquista l’anno successivo per un valore di circa 18 mila dollari (oggi si stima che il Giallo di Tiffany possa valere circa 30 milioni di dollari). Dopo la trattativa, il brillante viene spedito a Parigi per essere tagliato a cuscino, una forma quadrata con angoli arrotondati e grandi sfaccettature perfetta per i diamanti colorati in quanto capace di ravvivare e riverberare l’intensità del colore. Attualmente una delle più grandi gemme scoperte nel Novecento, il Giallo di Tiffany ha svolto un ruolo centrale nella reputazione e nella legittimazione della maison come autorità dei diamanti nel corso dell’ultimo secolo.
Dalla sua scoperta, la pietra è stata indossata solamente quattro volte. La prima fortunata è la socialite americana Mary Whitehouse, in occasione di un ballo di beneficienza organizzato da Tiffany & Co. nel luglio del 1957. È tuttavia Audrey Hepburn a rendere il diamante così noto agli occhi del pubblico grazie al film Colazione da Tiffany, del 1961. Per la promozione della pellicola, il diamante viene infatti montato al centro della collana Ribbon Rosette di Jean Schlumberger, un complicato intreccio di nastri di oro tempestati di diamanti bianchi. Nel 2019 è invece la volta della cantante Lady Gaga, che lo indossa in una nuova montatura durante la cerimonia degli Oscar. Nel 2020, invece, il Giallo di Tiffany cinge il collo dell’attrice Gal Gadot nel remake di Assassinio sul Nilo, in uscita nel febbraio 2022 negli Stati Uniti. Fino all’ultima donna a indossarlo, Beyoncé.
Mary Whitehouse indossa il Giallo di Tiffany nel 1957.
Audrey Hepburn indossa il Giallo di Tiffany nel 1961.
Lady Gaga indossa il Giallo di Tiffany nel 2019.
Gal Gadot indossa il Giallo di Tiffany nel 2020.
Cos’è un diamante insanguinato?
Ma il Giallo di Tiffany è davvero un diamante insanguinato? Le Nazioni Unite definiscono tale una gemma minata in zone di conflitto e usata dalle milizie e dai signori della guerra per finanziare le proprie operazioni. Secondo la maison americana, il celebre brillante non ne sarebbe un esempio, in quanto “Tiffany ha una politica di tolleranza zero verso i diamanti di guerra, e ricava le proprie pietre solamente da provenienze certe e paesi che sono firmatari del Kimberley Process”, ovvero l’insieme dei rigidi controlli all’importazione e all’esportazione che dal 2003 regolano il mercato dei diamanti.
Tra il 1980 e il 1999, guerre civili come quelle dell’Angola, Sierra Leone e della Repubblica Democratica del Congo furono infatti in larga parte finanziate dal commercio illegale di diamanti da parte dei ribelli. In Angola, ad esempio, negli anni Ottanta il 19% della produzione era rappresentata da diamanti insanguinati e oltre il 21% era invece venduta per scopi illegali o non etici, secondo i dati del World Diamond Council. Nel 2004, un anno dopo l’introduzione del Kimberley Process, il mercato dei diamanti insanguinati rappresentava circa l’1% della produzione in Angola, continua lo stesso ente. Oggi, più del 99% dei brillanti venduti nel mondo è stato ricavato legalmente.
Una definizione da ampliare
Tuttavia, ancora nel 2018 l’Human Rights Watch sottolineava come il mercato dei diamanti sollevasse al presente gravi violazioni dei diritti umani. Nonostante il Giallo di Tiffany possa tecnicamente non essere un diamante insanguinato secondo la definizione delle Nazioni Unite, secondo alcuni opinionisti tale esclusione non è garanzia dell’assenza di pratiche di sfruttamento del lavoro, specialmente per i brillanti più antichi, e soprattutto a danno dei lavoratori Neri (e spesso bambini), i principali impiegati nelle miniere De Beers alla fine dell’Ottocento.