Secondo un’analisi di Barclays, nel prossimo anno le masse gestite dai fondi monetari potranno aumentare di altri 1.500 miliardi di dollari
Sono salite a 5.600 miliardi di dollari le masse gestite dai fondi monetari, con un flusso di ulteriori 242 miliardi di dollari dallo scorso 15 marzo
La corsa dei fondi monetari non si è fermata nelle ultime settimane e, secondo alcune previsioni, non lo farà nemmeno nei prossimi mesi. I dati aggiornati a martedì 4 marzo, compilati da CraneData, hanno mostrato un record da 5.600 miliardi di dollari di masse gestite dai fondi monetari, con un flusso netto di ulteriori 242 miliardi di dollari dallo scorso 15 marzo. Con la crisi di fiducia che ha colpito alcune banche negli Stati Uniti dopo il fallimento di Svb, gli investitori hanno avuto un motivo in più per smobilitare i propri depositi dai conti correnti e dirottarli sui fondi monetari. Il fattore “sfiducia” si è aggiunto al semplice calcolo sui rendimenti: negli Stati Uniti i depositi rendono circa mezzo punto percentuale all’anno, mentre i fondi monetari possono offrire ritorni fino al 4,8% grazi all’innalzamento dei tassi sulle operazioni “reverse repo” (accordi di riacquisto di titoli con la Fed).
Il forte divario fra il rendimento dei depositi bancari e quello dei fondi monetari, che reagisce molto più prontamente alle variazioni dei tassi d’interesse della banca centrale è destinato ancora a durare. Una nota degli analisti di Goldman Sachs, infatti, ha messo in luce come, storicamente, i rialzi dei tassi di riferimento avessero impiegato alcuni trimestri prima di mostrare i propri effetti sui rendimenti dei depositi: “L’ultimo ciclo di rialzi dei tassi usa ha confermato la visione per la quale la trasmissione dai tassi di riferimento a quelli dei depositi sia diventata più limitata”.
La disparità fra monetari e depositi è stata sottolineata, in un post del 3 aprile, anche dalla stessa Fed di New York, nel quale si afferma che “dal marzo 2022, i rendimenti dei fondi comuni monetari sono aumentati di 4,13 punti percentuali, pari al 97% dell’aumento dei tassi dei fondi federali effettivi, mentre i tassi dei depositi retail sono aumentati solo di 0,32 punti percentuali, pari all’8% di tale aumento”.
La crescita delle masse gestite dai fondi monetari in concomitanza dei rialzi dei tassi non è una novità, anche se era da diversi decenni che non si vedeva una stretta monetaria così forte. La Fed stima che ogni punto di rialzo dei tassi si traduca in 150 miliardi di dollari di masse aggiuntive per i fondi monetari nell’arco dei due anni successivi.
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Non mancano previsioni roboanti sulla crescente attrattiva dei fondi monetari anche per il prossimo futuro. Secondo un’analisi di Barclays, nel prossimo anno le masse gestite dai fondi monetari potranno aumentare di altri 1.500 miliardi di dollari.
“Ci aspettiamo un forte aumento dei saldi dei fondi monetari nel prossimo anno. Se, da un lato, sembra che le preoccupazioni sulla solvibilità delle banche in generale stiano svanendo, dall’altro sembrano aver attirato l’attenzione di questa base di depositi”, ha scritto in una nota ai clienti Joseph Abate, stratega del mercato monetario di Barclays, “gli investitori istituzionali hanno notato che non ricevevano un compenso altrettanto elevato per l’assunzione di rischi bancari non garantiti mantenendo i depositi al di sopra del tetto assicurato dei 250.000 dollari”.
Il fondo monetario, lo ricordiamo, ha caratteristiche simili a quelle della liquidità: esso investe in titoli a breve termine, prevalentemente a basso rischio, che possono essere venduti rapidamente con poco rischio. Il suo rendimento riflette più da vicino l’andamento dei tassi di riferimento e aumenta “in coppia” con questi ultimi. Per lungo tempo i tassi a breve termine ultra bassi o negativi hanno reso poco attraente questa soluzione per gli investitori al dettaglio. Oggi, invece, l’ipotesi di ripercussioni negative sul mercato azionario rendono un i fondi monetari un’alternativa più attraente della liquidità, in attesa di tempi più promettenti per i bond a lungo termine o sulle azioni.
Le preoccupazioni per l’economia
Drenare risorse dai conti correnti per portarle sui fondi monetari, però, produce conseguenze economiche che iniziano a preoccupare anche la politica americana. Mentre il deposito bancario permette al sistema finanziario di avere più risorse a disposizione per prestare denaro a famiglie e imprese, i soldi parcheggiati nei fondi monetari non possono rientrare nel circolo dell’economia reale. “Sono come le banconote messe sotto il materasso, solo che viene fatto a livello di investitori istituzionali: è denaro morto”, ha dichiarato a Marketwatch il senior research associate per il programma sulla stabilità finanziaria di Yale, Steven Kelly. La conseguenza di questo travaso, pertanto, è equiparabile a quello di una stretta monetaria perché riduce l’attività di credito e, nella peggiore delle ipotesi, avvicinerà gli Stati Uniti alla recessione.