- Fra i millennial europei le performance di investimento (50%) e il brand dell’istituto (48%) rimangono i fattori principali nella scelta di un wealth manager
- Incarnato: “All’offerta di servizi digitali si affiancano quelli distribuiti anche dalle reti fisiche, con i Piani di Accumulo che fanno da padroni
I prossimi 30 anni vedranno il passaggio di mano di circa 3.800 miliardi di euro da una generazione all’altra, solo in Italia. Un travaso di ricchezza storico, indice di un’evoluzione inevitabile: gli intermediari finanziari, inclusi gli incumbent, dovranno prepararsi a intercettare un nuovo cluster di clientela. Non è un caso che Azimut abbia recentemente siglato un accordo vincolante con Fsi Sgr per la creazione di Tnb, una banca di nuova generazione, dedicata alla consulenza patrimoniale ma, soprattutto, “nativa digitale”. E non è l’unica a strizzare l’occhio ai cosiddetti “millennial”, nati tra i primi anni ’80 e la metà degli anni ’90.
Le caratteristiche dei millennial
“I millennial hanno una naturale propensione al digitale, che li porta a preferire il self-doing e a interagire meno con i consulenti”, spiega a We Wealth Giovanni Andrea Incarnato, EY Italy wealth & asset management sector leader. “Sono più consapevoli dei costi a causa del loro minore patrimonio investibile e danno grande importanza al confronto e alla prova dei servizi prima di sottoscriverli”, aggiunge. Alla luce di ciò, non sorprende che i servizi e i prodotti più diffusi indirizzati a questa generazione riflettano le caratteristiche citate. “Relativamente ai servizi, spiccano sicuramente i robo advisor (e la gestione patrimoniale digitale) e i broker online, che permettono ai clienti di investire con o senza consulenza a una frazione di costo, con user experience superiori e una certa facilità di utilizzo”, racconta Incarnato.
All’offerta di servizi digitali si affiancano quelli distribuiti anche dalle reti fisiche, con i Piani di accumulo che fanno da padroni, anche grazie alla possibilità di investimento progressivo in piccole somme. “In relazione ai singoli prodotti, titoli ed Etf risultano fra i più utilizzati, in particolare da chi opera in autonomia, con un’attenzione a prodotti con classificazione Esg (Environmental, social, governance) coerenti con i valori a cui questa generazione si mostra sensibile. Inoltre, le criptovalute sono fra gli asset non tradizionali che sicuramente catturano maggiormente l’attenzione dei più giovani”, dichiara Incarnato.
L’analisi di We Wealth
Come evidenziato da un’analisi a campione condotta da We Wealth, su questo mercato lavorano tra l’altro diversi soggetti: ci sono realtà bancarie, come Crédit Agricole Italia, ma anche broker come Directa Sim, eToro, Scalable e Trade Republic fino a reti di consulenza come Fideuram Direct, Fineco e Azimut. Sui 10 operatori coinvolti nell’indagine, sette offrono Pac in Etf e servizi di trading: Directa Sim, eToro, Fideuram Direct, Fineco, Scalable Capital, Trade Republic e Moneyfarm.
Altri sei – Crédit Agricole Italia, Fideuram Direct, Fineco, Azimut, Euclidea e Moneyfarm – includono invece nel loro “menù” dedicato ai millennial servizi di gestione patrimoniale online, robo advisor o app di investimento basate su portafogli modello. Nel caso di Crédit Agricole Italia si tratta attualmente di una gestione patrimoniale con post-vendita in app ma, come anticipato a We Wealth, a breve la sottoscrizione sarà possibile in modalità “full self” dall’applicazione con un taglio minimo d’ingresso di 1.000 euro. Al 9 maggio 10.200 clienti under 40 utilizzavano già questo servizio. A mirare ai millennial sono infine anche gli Etf frazionati offerti da Trade Republic, che consentono di acquistare appunto anche soltanto una “fetta” dei fondi.
“L’approccio degli operatori italiani rimane, in generale, più tradizionale e incentrato sull’expertise del banker, salvo alcune eccezioni che hanno introdotto in parallelo soluzioni completamente digitalizzate”, osserva Incarnato. “La strategia finora adottata è quella di migliorare la generale user experience delle piattaforme e avviare azioni di costruzione della relazione con gli eredi dei clienti in portafoglio, facendo leva però sulla capacità del banker di supportare le scelte d’investimento”, sostiene l’esperto. Alcuni operatori hanno investito in soluzioni innovative più vicine a questo segmento, come i servizi di custodia di criptovalute, racconta inoltre Incarnato.
Le offerte dei neo broker
Ma come si confrontano queste offerte con quelle dei neo broker? Secondo Incarnato, si tratta di due campi da gioco diversi: la value proposition dei neo broker si basa principalmente sull’operatività autonoma del cliente, un’evoluzione del trading online che offre un’esperienza d’uso migliorata e prodotti accessibili, ma dove il cliente riceve una guida e un supporto limitati nelle scelte di investimento. “I servizi offerti dai wealth manager tradizionali, per quanto automatizzati, incorporano invece al loro interno una componente gestoria e l’expertise dal comitato investimenti”, afferma Incarnato. “Dunque, l’offerta dei neo broker può essere funzionale per chi vuole provare a investire un ammontare contenuto o per gli investitori già esperti, ma è meno attraente per chi ha poca conoscenza dei mercati finanziari. Infatti, le fintech più avanzate nello sviluppo della loro offerta hanno iniziato ad affiancare al trading soluzioni di robo advisor guidate”.
Le sfide per il wealth management
Fatta questa premessa, secondo l’esperto il wealth management italiano dovrebbe evolversi in coerenza con le esigenze della clientela millennial, ma senza “snaturare” il proprio core business e l’expertise consulenziale che ne determinerebbe il vantaggio competitivo. A confermarlo sarebbero anche alcune risultanze del nuovo EY global wealth management report 2025, dal quale emerge che fra i millennial europei le performance di investimento (50%) e il brand dell’istituto (48%) rimangono i fattori principali nella scelta di un wealth manager, seguiti dai tool digitali al quarto posto (35%).
“Per rimanere rilevanti, i wealth manager dovranno sicuramente investire nell’esperienza d’uso dei canali digitali, non solo come strumento di relazione e operatività, ma anche per creare trasparenza sulle performance e sui costi, costruendo così maggiore fiducia con il cliente”, sostiene Incarnato. La figura del banker, dice, rimarrà fondamentale per indirizzare le esigenze di confronto dei clienti e far percepire il valore aggiunto dell’expertise consulenziale, adottando però una postura commerciale più dinamica e flessibile. “Infine, sarà fondamentale innovare approcci e modalità di comunicazione, sia in termini di canali agiti (come notifiche in app e gamification) che di contenuti che arricchiscano il cliente anche dal punto di vista non finanziario, come educazione finanziaria, workshop tematici ed eventi lifestyle esclusivi”, conclude Incarnato.
(Articolo tratto dal n° di giugno 2025 di We Wealth.
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Domande frequenti su Finanza, chi strizza l’occhio ai millennial? L’analisi di We Wealth
Secondo l'articolo, i fattori principali per i millennial europei nella scelta di un wealth manager sono le performance di investimento (50%) e il brand dell'istituto (48%). Questi elementi guidano le loro decisioni finanziarie.
L'articolo indica che ai servizi digitali si affiancano quelli distribuiti dalle reti fisiche. In particolare, i Piani di Accumulo (PAC) sembrano essere molto diffusi tra i millennial.
Nei prossimi 30 anni, si prevede un passaggio di circa 3.800 miliardi di euro da una generazione all'altra solo in Italia. Questo rappresenta un significativo travaso di ricchezza.
L'articolo menziona 'Le offerte dei neo broker' come una delle sezioni principali, suggerendo che questi nuovi intermediari finanziari stanno attivamente cercando di attrarre i millennial con offerte specifiche.
L'articolo identifica 'Le sfide per il wealth management' come un tema centrale, implicando che la gestione patrimoniale deve adattarsi alle esigenze e preferenze specifiche dei millennial per avere successo.