Dopo aver assistito a una flessione intorno al 9,9% nell’anno della crisi pandemica, l’export made in Italy ha conosciuto un rimbalzo del +20% nel primo quadrimestre del 2021
Colombari: “Esistono criticità da valutare prima ancora di attivare un rapporto commerciale. Un’eccessiva velocità o leggerezza non possono che alimentarle”
Qual è stato l’impatto della crisi pandemica sull’export made in Italy?
Nel 2020 abbiamo assistito a una flessione molto importante, intorno al 9,9%. Ma dobbiamo dire che l’Italia ha guadagnato la medaglia d’argento per minore contrazione dell’export a livello globale. Il nostro sistema paese, seppur grandemente danneggiato dalla pandemia, ha dunque saputo reagire meglio. E nel 2021, riprendendo ancora la metafora sportiva, ha ottenuto anche la medaglia d’oro. Perché è stato il più veloce ad accelerare tra tutti i paesi esportatori, mostrando un’incredibile capacità di rimbalzo nel primo quadrimestre (si parla del +20% rispetto allo stesso periodo del 2020). Stando alle prime stime sullo scorso anno, si contano oltre 500 miliardi di euro di export, un record assoluto per la Penisola. Ma un altro dato interessante è che le previsioni a livello istituzionale sono anche per il 2022 di una crescita intorno al 5-7%. Uno scenario, dunque, estremamente dinamico, con numeri molto importanti in aree merceologiche molto differenziate, dal settore dei macchinari-utensili a quello del vino.
Quali sono i rischi da cui tutelarsi? E perché la gestione e la salvaguardia del credito export sono prioritari per lo sviluppo e l’internazionalizzazione del sistema produttivo nazionale?
Noi conduciamo le nostre valutazioni sia integrando dati di sistema sia valorizzando la nostra esperienza di 25 anni – come Invenium – nel recupero crediti export. Quindi da un lato vediamo aziende che vogliono e riescono a crescere e conquistare nuovi mercati. Ma dall’altro vediamo anche aziende che affrontano dei rischi forti, non sempre correttamente valutati. I rischi dell’export sono di diversa natura: valutari, legati alla disponibilità di materie prime, oppure connessi a temi di natura politica o sistemica. E poi, naturalmente, legati ai mancati pagamenti. Proprio per questo ci concentriamo da sempre su una loro analisi integrata. Un complesso di criticità che devono essere valutate prima ancora di attivare un rapporto commerciale. Alcune volte, infatti, un’eccessiva velocità o leggerezza non possono che alimentarle.
A quali professionisti rivolgersi e quali sono gli strumenti a disposizione delle piccole e medie imprese?
Prima di esportare, è prezioso il ruolo dell’export manager e degli organi istituzionali, come l’Associazione italiana commercio estero o la rete di Camere di commercio italiane all’estero. Professionalità e istituzioni che fanno strategia e cultura dello sviluppo. E poi ci sono gli strumenti del mondo bancario e quello assicurativo (come garanzie, polizze o lettere di credito). Strumenti che, tuttavia, non sempre sono accessibili a tutte le imprese, sia dal punto di vista giuridico che economico. Quindi resta sempre una quota di export che potrebbe andare in default, diventare non-performing, restare impagata o pagata in ritardo. In questa fase, molto delicata, è essenziale il ruolo di player specializzati.
Quali sono, in definitiva, i passi da compiere per difendersi dai rischi potenziali?
Una corretta analisi delle controparti e dello scenario complessivo è indispensabile. Dovrebbe essere scevra da quell’emotività che caratterizza l’attivazione di ogni rapporto commerciale. Un’analisi serena, insomma, delle complessità dell’ordinamento e della situazione politica-geografica in cui si va a operare. E infine una valutazione attenta del rischio di credito e un’impostazione corretta del rapporto contrattuale, per creare valore e tutelare gli equilibri aziendali.