Fra poco più di tre settimane, il prossimo 31 marzo, decadranno gli effetti del provvedimento Ivass che, lo scorso 6 febbraio, ha sospeso le richieste di riscatto dei sottoscrittori delle polizze Eurovita. Ma se prima qualcosa non si muoverà nella ricerca di nuovi azionisti, difficilmente i risparmiatori potranno riavere indietro il capitale investito tanto presto.
La società, il cui coefficiente di solvency sarebbe sceso al di sotto del minimo regolamentare (100%), è stata messa sotto la gestione del commissario Alessandro Santoliquido, il cui compito è accompagnare la società in una fase di necessari rafforzamenti patrimoniali. Il 22 febbraio Eurovita ha fatto sapere che Cinven, il fondo che controlla la compagnia assicurativa, ha versato 100 milioni di euro a fondo perduto nel capitale. Un primo passo al quale, però, dovranno necessariamente seguirne altri.
Le coperture di solvency sono fondamentali per garantire che ciascun sottoscrittore possa ricevere il proprio investimento senza incorrere in perdite. Qualora gli intestatari delle polizze decidessero di riscattare in massa la società potrebbe essere costretta a rimborsare solo una parte del capitale se il livello di solvency non è almeno al 100%. La mossa dell’Ivass è dunque servita a prendere tempo ed evitare che un’uscita allarmata dei sottoscrittori potesse minare la capacità di rimborso della compagnia.
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Un danno che minerebbe reputazione di tutto il settore
Le potenziali perdite e in minor misura un prolungato stop ai riscatti, sarebbe un colpo gravissimo per la fiducia dei rispamiatori nei confronti delle polizze vita di ramo I, la cui garanzia sulla protezione del capitale è la principale attrattiva agli occhi dei sottoscrittori. Questo prodotto assicurativo nasce per garantire il trasferimento di ricchezza fra generazioni e viene costantemente promosso come uno dei sistemi più sicuri per la protezione del patrimonio. Anche solo una perdita nell’ordine del 10%, come potrebbe avvenire in questo caso stando alle minusvalenze che deriverebbero dalla liquidazione del portafoglio gestito da Eurovita, farebbe male alla reputazione del sistema.
Il danno di immagine “allargato” avrebbe spinto alcune compagnie assicurative e banche a sostenere un contributo volontario per la ricapitalizzazione della società finita in difficoltà. Ne ha dato notizia il Sole 24 Ore alla vigilia di un incontro del comitato esecutivo dell’Ania svolto 7 marzo, durante il quale il tema Eurovita sarebbe stato discusso, anche se ufficialmente ciò non è stato confermato né smentito. A motivare la cosiddetta soluzione di sistema è anche la grande diffusione degli accordi distributivi che Eurovita aveva sottoscritto negli anni con alcune fra le maggiori reti di banche e consulenza finanziaria in Italia (la lista completa è ancora consultabile sul sito ufficiale), per un totale di 6500 promotori.
Lo spettro dell’amministrazione straordinaria
Se il progetto dovesse fallire e non si trovassero nuovi capitali per Eurovita, la società potrebbe andare incontro all’amministrazione straordinaria. Questo atto renderebbe conclamata la crisi della compagnia, i cui amministratori sarebbero sollevati dagli incarichi per decreto. Con ogni probabilità, nel corso dell’amministrazione straordinaria, che può protrarsi fino a due anni, si prolungherebbe anche il periodo di blocco per i riscatti delle polizze – e non si può escludere che alcuni fra le migliaia di sottoscrittori possa essere gravemente danneggiato da un blocco così lungo. Anche in questo secondo scenario, la solidità del comparto assicurativo, che resta complessivamente buona nonostante l’impatto dovuto all’aumento dei tassi nel valore dei vecchi bond in portafoglio, apparirebbe meno stentorea di un tempo.