L’appetito per i Btp, forse un po’ bulimico, ha portato a raddoppiare la quota di titoli di stato detenuta dalle famiglie italiane nel 2023, salita oltre il 10% (Banca d’Italia). A farne le spese è stato il risparmio gestito, che tuttavia, da qualche mese sembra mostrare qualche segno di risveglio: a giugno, secondo Assoreti, la raccolta netta ammontava a 2,4 miliardi di euro, il miglior risultato degli ultimi 18 mesi.
Lo scenario di mercato
Del resto, nonostante il taglio dei tassi da parte della Bce sia destinato a rendere via via meno attraenti i rendimenti dei titoli di stato, ci vorrà un po’ affinché la “marea” si ritiri. Intanto, ormai da tempo, gli asset manager si sono attrezzati per trasformare la potenziale “minaccia” in opportunità. E i numeri ne danno riscontro.
“Nel primo semestre il risultato netto è cresciuto del 16,5% rispetto alla prima metà del 2023, arrivando a 313 milioni di euro”, ricorda in questa intervista Maria Luisa Gota, ceo di Eurizon, la società di gestione del Gruppo Intesa Sanpaolo che vanta un patrimonio in gestione pari a 381 miliardi di euro a fine giugno 2024, di cui il 15% è raccolto fuori dal perimetro delle reti del gruppo.
Quali aree di business stanno funzionando meglio?
I più importanti driver di crescita sono stati i risultati commerciali delle reti di Banca dei territori e delle nostre controllate in Europa dell’Est, dove abbiamo quote di mercato rilevanti, ad esempio in Croazia (oltre 30%) e Slovacchia (20%). In Italia, il focus della distribuzione da parte della Banca dei territori è stato su fondi buy and watch, che hanno raccolto 8 miliardi di euro nel primo semestre: come noto, questi prodotti hanno un meccanismo di funzionamento con scadenza e cedole simile ai titoli di stato, ma con un potenziale upside (apprezzamento ndr) determinato dal modo in cui sono costruiti.
Le condizioni del mercato generate dalla risalita dei tassi ci hanno messo nelle condizioni di confezionare prodotti con caratteristiche competitive. Un altro motore di crescita sempre più importante arriva dalle reti della divisione private grazie a una maggiore collaborazione tra le divisioni Insurance, Asset management e Private banking sotto la regia comune della nuova struttura Wealth management divisions (leggi). La presenza di un unico presidio ha un potenziale notevole, permette di creare nuove sinergie. E i risultati si stanno già vedendo.
Quali saranno i benefici, nel concreto?
Avvicinare le fabbriche prodotto alle reti consente di essere più veloci, ad esempio, nel riorientare l’offerta, come è già avvenuto con i fondi buy & watch e i fondi protetti a scadenza. Dall’ideazione di un fondo buy & watch alla messa a terra commerciale, quando arriviamo sul mercato, oggi passa solo un mese e mezzo. Non è banale.
Idee per l’innovazione di prodotto
Che spazio c’è per fare innovazione di prodotto, in un’industria che sembra aver già inventato tutto?
Lo spazio c’è e deriva anche dall’evoluzione delle condizioni di mercato. Un esempio è rappresentato dai fondi a capitale protetto “nel continuo”: una caratteristica tipica delle polizze di ramo primo, che noi abbiamo replicato in alcuni fondi comuni attraverso tecniche di ingegneria finanziaria.
Cioè tramite l’uso di derivati.
Esatto. È una soluzione molto apprezzata dai banker per traghettare i clienti da strumenti di gestione della liquidità – o comunque a breve termine – verso orizzonti di medio e lungo termine. Abbiamo lavorato anche su altri fronti, come i fondi per la gestione della liquidità destinati ad alcuni segmenti di clientela, come le imprese.
Abbiamo riorganizzato l’area responsabile delle strategie sul credito, che gestisce prodotti che richiedono una particolare specializzazione, come le cartolarizzazioni e i leveraged loan. Nel frattempo stiamo lavorando su nuove soluzioni focalizzate sui mercati liquidi e semiliquidi, destinate alla clientela private e agli high net worth individual. Inoltre siamo in fase avanzata nel disegno di nuovi fondi tematici: uno, in particolare, sulla longevity economy. Un altro utilizza un sistema di machine learning, che supporta il money manager nella gestione di portafoglio.
La strategia di Eurizon sui mercati privati
I mercati privati (leggi) sono una delle aree di maggior interesse degli ultimi anni, benché abbiano attraversato un anno non facile. Voi su cosa state lavorando?
Il più recente è un fondo di private debt istituito da Eurizon Capital Real Asset (Ecra) in collaborazione con altre Divisioni di Intesa Sanpaolo (Banca dei Territori e IMI Corporate & Investment Banking), che ha raccolto 156 milioni, sopra il target dichiarato di 150 milioni e si avvale di un modello operativo piuttosto innovativo.
È un fondo nato come Fia (fondo d’investimento alternativo ndr) destinato ai clienti professionali, che opera attraverso l’erogazione di finanziamenti diretti a vantaggio delle imprese italiane, per almeno l’80% del portafoglio, con un focus sulle aziende con un fatturato inferiore ai 300 milioni di euro, concentrate su progetti di sviluppo, tramite internazionalizzazione, digitalizzazione e transizione energetica. Il 50% delle risorse è finanziato in co-lending con la Divisione Banca dei Territori.
Qualcuno potrebbe storcere il naso, pensando a un potenziale conflitto di interessi.
Per evitarlo, abbiamo previsto una rigorosa valutazione ex ante del credito da parte di Ecra, prima che parta l’operazione di finanziamento. Non c’è conflitto di interesse. È piuttosto un esempio virtuoso di collaborazione sinergica tra Asset management, Banca dei territori e Imi corporate & investment banking, che è coinvolta nella strutturazione dell’operazione. Sono già stati deliberati i primi due investimenti del fondo che supporteranno due imprese italiane nei rispettivi percorsi di crescita industriale. Abbiamo un vantaggio competitivo importante in questo mercato. Più in generale, lo sviluppo di Ecra è strategico.
Per quale motivo?
Dal punto di vista commerciale, consente al Gruppo di presentarsi come interlocutore unico, nella sua relazione con i clienti istituzionali, per l’offerta di soluzioni dedicate ai mercati sia pubblici che privati. Dal punto di vista operativo, di monitoraggio e anche contrattuale, questo garantisce una migliore efficienza.
Eurizon e la strategia sugli eltif 2.0
Il regolamento eltif 2.0 ha reso più attrattivi i fondi europei a lungo termine. Quali progetti avete su questo fronte?
Noi crediamo nell’eltif come strumento di raccordo tra risparmio privato e bisogni di finanziamento dell’economia reale. Ci tengo a ricordare che Eurizon è stata la prima sgr italiana a lanciare un eltif, a gennaio del 2019. Oggi ne abbiamo tre attivi, per 180 milioni di euro. L’aggiornamento normativo ha reso questi strumenti ancora più interessanti.
Sui mercati privati, però, la cinghia di trasmissione rappresentata dai canali distributivi, non di rado s’inceppa…
Bisogna continuare a fare formazione e facilitare il lavoro dei banker. Noi lo stiamo facendo, ad esempio, introducendo – a certe condizioni e per certi target di clientela – anche una quota di private market nella fase di costruzione dei portafogli consigliati, che mettiamo a disposizione delle nostre reti distributive. Uno strumento concreto per permettere ai canali di vendita di valorizzare questa componente della nostra offerta.
La sfida della tokenizzazione
Sul fronte dell’innovazione di processo, c’è il tema della tokenizzazione.
È una nuova frontiera, molto interessante. Siamo nella fase conclusiva di una sperimentazione focalizzata sulla tokenizzazione di un fondo comune d’investimento. Abbiamo potuto constatare come questa tecnologia consenta di accorciare di due giorni il customer journey del cliente, sia in fase di acquisto che di disinvestimento. Tutti gli attori coinvolti nel processo – sgr, banca collocatrice, banca depositaria e corrispondente, sono sulla blockchain, si confrontano con la stessa “verità”. Questo elimina una serie di flussi, di necessità di riconciliazione, consente di guadagnare efficienza e ridurre i rischi operativi.
Quanto tempo passa dalla sperimentazione alla messa a terra commerciale?
Bisogna essere certi che tutti i processi siano oliati e le operazioni avvengano in estrema sicurezza. Potrebbero volerci da uno a due anni.
La Retail investment strategy e l’evoluzione normativa
Il quadro normativo è in rapida evoluzione. A metà giugno, la Retail investment strategy ha compiuto un ulteriore passo avanti. Che impatto sull’asset management?
Il pacchetto consegnato alla nuova Commissione rappresenta, a mio avviso, un buon compromesso (leggi). L’eliminazione del divieto agli incentivi sui prodotti è positiva, perché garantisce l’erogazione di un servizio di consulenza anche ai clienti di piccola e media dimensione.
Il tema più delicato è quello dei benchmark di costo, con i quali case prodotto e distributori si dovranno confrontare.
Questi benchmark saranno, a quanto pare, circoscritti al ruolo di strumenti di vigilanza, pubblicati per identificare, in sostanza, gli “outlier”, i prodotti fuori mercato. La nostra disciplina nella costruzione delle soluzioni d’investimento ci porta a escludere che i nostri prodotti possano rientrare in quel gruppo.
Eurizon e la strategia sugli etf
E sugli etf, che crescono più velocemente rispetto alla gestione attiva?
Noi abbiamo una gamma di fondi LTE, limited tracking error, gestita dalla nostra società lussemburghese Eurizon Capital SA, che ha raccolto più di 20 miliardi di euro. Riteniamo che questo business possa evolvere nella direzione degli etf. Vedo interesse in particolare, nel segmento degli etf attivi. Eurizon, in ogni caso, è e rimarrà un gestore attivo.
Abbiamo oltre 130 fondi con 4 o 5 stelle Morningstar (a giugno 2024), circa il 64% dei nostri prodotti si classifica nei primi due quartili a tre anni. Siamo capaci di generare performance e continuiamo ad affinarla.