A fronte di tale rigoroso regime sanzionatorio, non sorprende il successo avuto dalle procedure di “collaborazione volontaria” e similari, succedutesi negli ultimi anni; eppure, risulta che l’entità dei patrimoni finanziari esteri non dichiarati sia ancora rilevante. È quindi utile chiedersi che cosa succeda a chi si ritrovi ad ereditare una situazione “irregolare”.
Appreso di essere beneficiario di attività illegalmente detenute all’estero, il cittadino italiano si troverà di fronte ad un’alternativa: accettare o meno l’eredità. In tale ultima ipotesi, non acquisendo mai la disponibilità dei beni, egli ovviamente non potrà risentire alcuna conseguenza negativa.
Nel caso in cui l’erede intenda invece provvedere ad accettazione, dovrà presentare la dichiarazione di successione entro l’anno dall’apertura della stessa (termine entro cui potrà anche apportare alla dichiarazione medesima eventuali correzioni ed integrazioni, cfr. art. 31 d.lgs. 346/90).
La dichiarazione dovrà ricomprendere tutti i beni ed i diritti trasferiti iure hereditario (con la sola eccezione per il caso in cui l’eredità venga devoluta al coniuge ed ai parenti in linea retta del defunto e l’attivo ereditario abbia un valore non superiore a euro 100.000,00 e non comprenda beni immobili o diritti reali immobiliari, salvo che per effetto di sopravvenienze ereditarie tali condizioni vengano a mancare, cfr. art. 28, comma 7, dlgs. 346/90).
La presentazione della dichiarazione di successione in maniera completa e tempestiva comporterà una rilevantissima conseguenza: nel caso in cui le somme giacenti all’estero non fossero state dichiarate, le sanzioni, sia di natura penale che di natura amministrativo/tributaria, non si trasmetterebbero all’erede, ai sensi degli artt. 150 c.p. e 7 l. n. 689/1981 (mentre l’erede potrebbe essere chiamato al pagamento dei debiti del de cuius nei confronti dell’Erario, ove non prescritti: in tal caso, ciascun erede sarebbe tenuto per la propria quota ai sensi dell’art. 752 c.c., salva l’ipotesi di solidarietà nei confronti del Fisco prevista dall’art. 65 DPR 600/73).
Se invece l’erede, accettata l’eredità, acquisisse la disponibilità di beni/attività illecitamente detenuti all’estero dal de cuius, ed omettesse di presentare la dichiarazione di successione e di effettuare poi la prevista segnalazione nel quadro “RW” della propria dichiarazione dei redditi, sarebbe soggetto alle rilevanti sanzioni tributarie di cui sopra, oltre ad eventuali sanzioni di natura penale (ivi compreso l’autoriciclaggio, punito con la reclusione da 2 a 8 anni).
Inoltre, in tale ipotesi, l’erede sarebbe soggetto anche alla sanzione amministrativa che, nel caso di presentazione di una dichiarazione infedele, sarebbe pari al 120% (per i Paesi white list) o al 240% (per i Paesi Black list) della maggior imposta accertata.
Nel caso, invece, in cui l’erede scoprisse l’esistenza di beni illegalmente detenuti successivamente alla scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione di successione, il termine di dodici mesi decorrerebbe da tale data (sempre che egli possa dimostrare, ai sensi della lett. e) del secondo comma dell’art. 31, di non averne avuto conoscenza anteriore).