Data la maggiore avversione al rischio delle donne rispetto agli uomini, le assicurazioni potrebbero rappresentare un’opportunità particolarmente interessante. Per il momento, però, resta una strada ancora non battuta
Ne abbiamo parlato con Riccardo Cesari, membro del board dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) e co-autore di una ricerca sulle competenze assicurative degli italiani
A monte di chi prende le scelte finanziarie, esiste un altro divario che è quello delle competenze finanziarie e assicurative, non equamente distribuite fra uomini e donne. “Il gender gap, già presente e noto in campo finanziario, risulta ancora più ampio in campo assicurativo – è addirittura doppio se vogliamo usare la nostra metrica”, ha detto a We Wealth, Riccardo Cesari, membro del board dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) e co-autore di una ricerca sulle competenze assicurative degli italiani. Il risultato di questo divario vede sbilanciate verso gli uomini le competenze e le scelte decisionali è noto: la gran parte dell’industria assicurativa (e del risparmio) è rappresentata da esponenti maschili, che si rivolgono a un pubblico prevalentemente maschile. È un meccanismo che rischia di auto-alimentarsi.
La sua origine, come si diceva, arriva da lontano, almeno dai banchi di scuola. Cesari, infatti, ha sollecitato l’attenzione sui risultati conseguiti nei test Invalsi da maschi e femmine vari istituti d’istruzione superiore: ovunque le ragazze brillano più dei ragazzi in italiano, mentre il risultato si ribalta in matematica. È una delle “evidenze indirette” che Cesari ha citato per provare a spiegare il gap di genere nelle competenze assicurative. Queste ultime, più ancora di quelle finanziarie, richiedono la comprensione di contratti ancor più complessi, ha affermato il consigliere dell’Ivass. Come si spezza questo circolo vizioso? Probabilmente, andando alla radice, colmando innanzitutto il divario nelle competenze finanziarie ed assicurative. La stessa Ivass ha avviato una collaborazione con la Global Thinking Foundation che ha lo specifico obiettivo di combattere le disuguaglianze di genere e che proseguirà con varie iniziative anche quest’anno. “Oltre agli sforzi in tema di educazione assicurativa (e finanziaria) per accrescere il grado di conoscenza e consapevolezza della popolazione adulta”, ha detto Cesari, “stiamo da tempo spingendo le compagnie e gli intermediari verso l’adozione di contratti non solo ‘trasparenti’ ma anche facilmente comprensibili, per linguaggio, forma, struttura”. Anche se “trasparenza e comprensibilità possono entrare in conflitto, soprattutto alla luce di una normativa tecnicamente articolata e complessa, per usare un eufemismo”.
Data la maggiore avversione al rischio delle donne rispetto agli uomini, le assicurazioni potrebbero rappresentare un’opportunità particolarmente interessante. Per il momento, però, resta una strada ancora non battuta. Infatti, “la mancanza di un’adeguata comprensione dello strumento del contratto assicurativo porta le donne, e i soggetti avversi al rischio in generale, a forme alternative di protezione”, ha spiegato Cesari, “che si estrinsecano in comportamenti prudenziali come la maggiore propensione al risparmio da parte delle donne”. La consulenza finanziaria ha da tempo fatto propria, quantomeno nell’ambito dei buoni propositi, la sfida dell’educazione e dell’inclusione femminile nel processo d’investimento. È evidente, però, che il settore “risente”, da un lato, di un bacino di professionalità prevalentemente maschili e, dall’altro, di una clientela di decisori finanziari composta, in larga parte, da uomini. Nel 2020 il Registro degli Intermediari assicurativi vedeva al suo interno una rappresentanza femminile limitata al 21,9%. Anche nella leva di professionisti più giovani, fino ai 40 anni, per ogni donna erano iscritti oltre due uomini.
La ricerca accademica finora non è riuscita a dare risposte definitive su quanto il sesso del consulente finanziario possa influenzare le scelte d’investimento dei clienti. Alcune ricerche (ad esempio Klein nel 2021) avevano indicato una minore propensione da parte degli uomini a seguire consigli provenienti da advisor donne. E questo anche se, a domanda diretta, non emergevano pregiudizi legati al gender. Ricerche precedenti (come Lascu, 1997) avevano indicato come le donne avessero più probabilità di scegliere intermediari del loro stesso sesso.
I dati sulle donne dirigenti nelle compagnie assicurative, inoltre, le vedono ancora in forte minoranza. Fra le assicurazioni quotate nessuna donna, al 2019, occupava la carica di presidente, direttore o amministratore delegato, ha rilevato un recente Quaderno dell’Ivass. E i consigli di amministrazione che non includevano neanche un membro femminile erano circa un terzo di tutto il comparto assicurativo italiano. “Il predominio della componente maschile in tutta la catena di produzione e distribuzione dei prodotti assicurativi, dalle posizioni apicali alla rete territoriale, è certamente un elemento che non aiuta a chiudere il gender gap nell’educazione assicurativa”, ha affermato il consigliere dell’Ivass. “Certamente una consulenza più femminile”, ha concluso Cesari, “sia nella presenza tra gli agenti/broker sia nell’approccio (più sostanza e meno forma; più aspetti qualitativi che dati quantitativi) potrà contribuire a dare concretezza a un binomio che sembrerebbe abbastanza ‘naturale’ tra assicurazione e mondo femminile”.
Articolo tratto dal numero del mensile We Wealth di marzo 2022