Stando all’Osservatorio dell’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere, nel 2020 le imprese femminili hanno subito una contrazione dello 0,29%, quasi 4mila attività in meno rispetto al 2019
Angels4Women è la prima associazione italiana di business angel volta a supportare l’imprenditoria femminile, lanciata da Axa Italia in partnership con Impact Hub Milano quattro anni fa quattro anni fa
In Italia, stando ai dati raccolti da Azzurra Rinaldi (direttrice della School of gender economics all’Università Sapienza di Roma intervenuta in occasione del primo Angels for women forum organizzato da Axa), il 37% delle donne non possiede un proprio conto corrente personale e il tasso di occupazione femminile si aggira intorno al 49%. Un contesto che ha contribuito tuttavia a rafforzare, specie negli ultimi anni, un desiderio di innovazione che ha visto crescere tre volte di più il numero di nuove imprese femminili rispetto a quelle maschili. Mentre si ampliava il gap da colmare fronte investimenti.
“La strategia di Lisbona del 2000 fissava per i paesi membri dell’Unione europea la soglia minima del tasso di occupazione delle donne al 60%”, ricorda Rinaldi. “Proprio nel 2019, prima dello scoppio della crisi pandemica, avevamo superato per la prima volta nella nostra storia la soglia del 50% di occupazione, anche se di appena un punto percentuale. Però, come spesso accade con i risultati conseguiti dalle donne in questo paese, quel dato che sembrava essere consolidato ha subito una retromarcia. Con la pandemia i lavori femminili sono stati spazzati via. Ne consegue che molte donne non lavorano, non guadagnano e non sono abituate a gestire e a parlare di soldi. Ma c’è anche un altro effetto da considerare, una reazione a un mercato del lavoro che non le accoglie: negli ultimi sei anni sono nate più nuove imprese femminili che imprese maschili. Imprese che vantano una serie di caratteristiche positive. Per esempio, sono molto resistenti”.
Rinaldi: “Il gender gap crea sacche di inefficienza economica”
Basti pensare che, secondo i dati dell’Osservatorio dell’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere, nel 2020 le imprese femminili hanno subito una contrazione di appena lo 0,29% pari a quasi 4mila attività in meno rispetto al 2019. Una perdita contenuta, insomma, e principalmente concentrata nel centro nord (il Mezzogiorno segnò infatti una crescita dello 0,26%). “Le imprese femminili producono reddito e parte del reddito che producono va nel bilancio dello Stato sotto forma di prelievo fiscale, quindi ne beneficiano tutti. Ma non vengono ascoltate. Sui 229 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, sono stati stanziati solo 100 milioni per creare nuove aziende”, continua Rinaldi. “Le diseguaglianze di genere creano sacche di inefficienza dal punto di vista economico. Bisogna superare lo schema oppositivo donne contro donne e donne contro uomini e comprendere che dobbiamo lavorare insieme per un bene comune”.
Angels4women: gli “angeli” che puntano sulle donne
È in questo scenario che si inserisce Angels4Women, la prima associazione italiana di business angel per supportare l’imprenditoria femminile, lanciata da Axa Italia in partnership con Impact Hub Milano quattro anni fa. “In quattro anni abbiamo investito in nove startup e accolto un network di oltre 70 socie”, spiega Stefania Quaini, managing director di Angels4women. “La volontà è quella di costruire diversità dando opportunità a chi oggi, forse, ancora non ce l’ha. I dati mostrano infatti come le donne siano effettivamente sottorappresentate in quanto imprenditrici al femminile: le startup innovative a predominanza femminile rappresentano il 13%, cui si aggiunge un 14% di business angel donne”.
“Abbiamo sposato questo progetto per una natura di vicinanza a ciò in cui Axa crede”, interviene Giacomo Gigantiello, ceo di Axa Italia e presidente di Angels4Women. “Il fatto che si conti ancora una sola impresa al femminile su sei al maschile dimostra come bisogna fare ancora molto. Sono necessarie azioni concrete. Ma bisogna anche parlarne di più e puntare su role model che diano la via”. Dello stesso avviso anche Paola Bonomo, consigliera indipendente, advisor e business angel, secondo la quale bisogna lavorare anche sulla narrazione. “Perché ci sono così poche imprenditrici? Anche perché la storia di quelle che ci sono si racconta poco. Dobbiamo raccontarla quella storia, altrimenti faremo fatica a crescere la prossima generazione di imprenditrici”, avverte Bonomo.
Imprenditrici, tra l’altro, che faticano ancora ad attrarre capitali. “In Europa e in Italia, in particolare, abbiamo importato il modello del venture capital americano. Quindi un modo di lavorare che spinge gli investimenti sulle startup fondate da soli uomini: il 2% dei fondi di venture capital, negli Usa, va a startup fondate da sole donne e il 18% a startup con team misti. In Europa si parla del 21% a startup fondate da sole donne e dell’8% a startup con team misti”, racconta Giancarlo Rocchietti, presidente e fondatore del Club degli investitori. “Penso ci sia un problema di bias che abbiamo importato nel mondo dell’investimento, sia angel che venture capital”, interviene Antonella Grassigli, ceo e co-founder di Doorway. “Quando facciamo uno screening di una startup, la prima cosa di cui ci accertiamo è che il team sia focalizzato al 100% sull’impresa. Ma se una donna desidera contemporaneamente costruire una famiglia, come fa a convincere un investitore? Sul venture capital qualcosa stiamo facendo, per abbattere i bias lato investitori. Sugli angel siamo ancora un pochino indietro. Bisogna educarli non solo a investire in startup al femminile ma anche in startup che rispondano a bisogni femminili”.