Le iniquità che caratterizzano un sistema che non prevenga adeguatamente il meccanismo distorsivo di doppia o, addirittura, multipla tassazione della ricchezza in relazione a fattispecie traslative di carattere transfrontaliero sono agevolmente percepibili. I rimedi per scongiurare tali fenomeni di doppia imposizione a fronte della medesima vicenda di successione o donazione sono rappresentati dalle convenzioni bilaterali stipulate dall’Italia con alcuni Stati esteri e, nel diritto interno, dal credito per le imposte estere.
Allo stato attuale, le Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni in materia di imposte di successione e donazione sottoscritte dall’Italia non rappresentano la via d’elezione quanto, piuttosto, uno strumento residuale, atteso l’esiguo numero di accordi sottoscritti.
Con riferimento all’imposta sulle successioni, l’Italia ha stipulato sette accordi bilaterali secondo il modello di Convenzione Ocse e, segnatamente, con i seguenti Paesi: Stati Uniti d’America Svezia, Grecia, Gran Bretagna, Danimarca, Israele e Francia. Invece, l’unica Convenzione internazionale volta a impedire doppie imposizioni anche in materia di imposta di donazione è quella da ultimo citata, stipulata con la Francia.
Senza alcuna pretesa di esaustività, ma al solo scopo di fornire alcuni utili spunti di riflessione sul tema in commento, si rileva che i criteri previsti dai trattati fiscali per evitare fenomeni di duplicazione della pretesa impositiva sono sostanzialmente due, alternativi fra loro: il metodo del credito d’imposta, in virtù del quale l’imposta versata nello Stato in cui si trovano i beni può essere detratta dall’imposta dovuta nell’altro Stato, seppure entro certi limiti, e il metodo dell’esenzione, in virtù del quale i beni sono assoggettati ad imposta esclusivamente nel Paese in cui si trovano.
Si fondano sul metodo del credito d’imposta (prevedendo, dunque, una tassazione concorrente), le Convenzioni bilaterali stipulate dall’Italia con Stati Uniti d’America, Gran Bretagna e Francia.
Il metodo dell’esenzione è stato, invece, adottato nelle Convenzioni stipulate dall’Italia con Danimarca, Svezia, Grecia ed Israele: in tali trattati, infatti, è stato previsto l’assoggettamento ad imposta esclusivamente in uno dei due Stati contraenti (ad es., ai sensi dell’art. 3 della Convenzione tra Italia e Danimarca, i beni immobili situati in uno dei due Stati saranno tassati soltanto nello Stato in cui si trovano).
Il rimedio previsto dal legislatore italiano per l’eliminazione della doppia imposizione che trova applicazione laddove manchi un apposito accordo internazionale è rappresentato dal credito d’imposta, sostanzialmente analogo a quello previsto dai trattati internazionali. La differenza risiede nell’assenza di una condizione di reciprocità, di talché la detrazione è riconosciuta anche nel caso in cui lo Stato estero non accordi il medesimo beneficio.
L’art. 26, comma 1, lett. b), del Tusd dispone infatti che dall’imposta di successione dovuta in Italia debba detrarsi l’imposta versata in uno Stato estero in dipendenza della medesima successione e in relazione a beni ivi esistenti, fino a concorrenza della parte dell’imposta di successione proporzionale al valore dei beni stessi fatta salva, ovviamente, l’applicazione di eventuali trattati o accordi internazionali in essere.
In termini pressoché sovrapponibili, l’art. 55, comma 1-bis, del Tusd prevede la detrazione dall’imposta sulle donazioni delle imposte pagate all’estero in dipendenza della stessa donazione e in relazione ai beni situati in tale Stato, facendo sempre salva l’applicazione di eventuali convenzioni internazionali.
Si osserva, tuttavia, che il credito d’imposta interno non è di per sé sufficiente a eliminare tutte le ipotesi di doppia imposizione: basti pensare alle ipotesi in cui l’ordinamento dello Stato estero, analogamente a quello italiano, preveda l’imponibilità in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché situati in Italia.
In tale contesto si richiamano le raccomandazioni della Commissione europea che, in più occasioni, ha auspicato maggiore cooperazione tra gli Stati membri al fine di eliminare la doppia imposizione stante l’attuale esiguità di accordi bilaterali stipulati dagli Stati membri e di meccanismi nazionali di contrasto della doppia imposizione e di prevenzione di effetti discriminatori sulle situazioni transfrontaliere.
In conclusione, nell’attesa che anche in materia di successione e donazione si pervenga a un evoluto e omogeneo sistema di tassazione transnazionale, un’attenta pianificazione fiscale internazionale deve tenere conto dei molteplici sistemi normativi coinvolti, più o meno avanzati sul tema, della ricomposizione di eventuali situazioni di conflitto tra gli stessi, della prevenzione di situazioni di doppia/multipla imposizione e di discriminazione fiscale.