A tal riguardo, alcune recenti sentenze attinenti a contratti unit-linked emessi da imprese di assicurazioni straniere hanno affrontato questi temi, fornendo interessanti spunti interpretativi.
Con particolare riferimento alla natura del contratto, il Tribunale di Roma con due sentenze “gemelle” del 28/05/2021 ha statuito che le polizze unit-linked dedotte in giudizio “pur avendo un’elevata componente finanziaria, rimangono comunque prodotti assicurativi perché l’assicuratore corre il rischio cd. demografico, in quanto la prestazione (ancorché agganciata al valore di un fondo comune o di un indice) è comunque dovuta al verificarsi di un evento attinente alla vita umana”. A tal fine, i giudici hanno ritenuto sufficiente che, nel caso di specie, il contratto riconoscesse il valore della polizza maggiorato di una percentuale del 1% a prescindere dalla circostanza che l’assicuratore non riconoscesse all’assicurato una prestazione minima garantita.
Il Tribunale ha pertanto ritenuto che sebbene all’apparenza tali prodotti siano molto simili ai fondi di investimento, le loro modalità di funzionamento prevedevano tuttavia una regolamentazione diversa in quanto ai sensi del Testo Unico della Finanza (“TUF”) alle predette polizze non si applicavano le disposizioni ivi previste per le sollecitazioni all’investimento.
La sentenza riguarda l’intermediazione da parte di agenti e brokers di polizze unit linked emesse da un’impresa irlandese. Gli assicurati lamentavano la violazione degli obblighi informativi e di condotta previsti dall’art. 21 TUF e la mancata stipula del contratto quadro, di cui all’art. 23 TUF, chiedendo la condanna della compagnia assicurativa alla restituzione del premio.
Nel rigettare le pretese degli assicurati, il Tribunale di Bergamo ha rilevato, da un lato, che l’intermediazione delle polizze era stata interamente curata da intermediari assicurativi tradizionali e non da soggetti abilitati ai sensi del TUF, motivo per cui la normativa del TUF sull’intermediazione non trovava applicazione; dall’altro – avendo constatato che solo gli intermediari avevano curato l’attività di collocamento dei prodotti presso la clientela – ha riconosciuto che gli obblighi asseritamente violati e le condotte contestate dagli assicurati non potevano essere imputate all’impresa di assicurazioni.
Quanto al principio del doppio binario, è stato ribadito che il perimetro della categoria dei c.d. soggetti abilitati previsti e regolati dal TUF non ha mai incluso i tradizionali intermediari di assicurazione, da sempre soggetti alle disposizioni del Codice delle Assicurazioni Private e dei regolamenti di attuazione dell’IVASS.
Inoltre, il Tribunale di Bergamo ha statuito che non sono imputabili all’impresa di assicurazioni le irregolarità eventualmente compiute dall’intermediario indipendente, ciò che appare del tutto in linea con le disposizioni di legge che regolano in modo distinto le fasi della emissione e dell’intermediazione del prodotto e dei relativi obblighi gravanti su intermediario ed ente emittente. Quando infatti l’impresa assicuratrice si limita a concepire il prodotto e ad emetterlo, senza distribuirlo, risponderà solo ed esclusivamente per l’attività di emissione e dunque per la predisposizione di una documentazione pre-contrattuale ed informativa trasparente, completa ed esaustiva. Al rispetto di tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa sull’intermediazione sarà tenuto esclusivamente il distributore, che risponde della loro eventuale violazione e non dell’ente emittente, che rimane esposto eventualmente al rischio della responsabilità da prospetto.
Il dibattito giurisprudenziale avente ad oggetto la natura delle polizze unit-linked e la ripartizione di responsabilità tra emittente e distributore derivanti dalla violazione di obblighi informativi non è destinato a concludersi nel prossimo futuro, anche in considerazione del fatto che contraenti e beneficiari potranno azionare i propri diritti avvalendosi delle c.d. azioni di classe. Infatti, il 19 Maggio 2021 è entrata in vigore la legge no. 31 del 12 Aprile 2019 che ha modificato le attuali previsioni del nostro ordinamento processuale che avevano introdotto nel 2007 le c.d. class actions, al fine di facilitare e incentivarne l’utilizzo. Le nuove disposizioni infatti hanno ampliato l’ambito di applicazione oggettivo e soggettivo di tale strumento processuale e il meccanismo di adesione, consentendo alle parti di intervenire in un’azione di classe non solo prima del suo inizio, ma anche ad azione già instaurata e fino a 5 mesi dalla data della sentenza. La nuova disciplina prevede altresì incentivi di natura economica per i legali degli attori e per il rappresentante comune della classe.
Pertanto, le imprese di assicurazione e gli intermediari dovranno prestare ancora maggiore attenzione nel realizzare prodotti conformi alla disciplina di legge e regolamentare vigente, nonché nell’adempimento delle regole di condotta imposte a ciascun operatore, per evitare o almeno ridurre il rischio che il prodotto assicurativo o le modalità con le quali è distribuito possano dar luogo ad un’azione di classe con conseguenze decisamente pregiudizievoli in caso di soccombenza.
A fronte di tali rischi, l’instaurazione e l’incremento di tali azioni di classe potrebbe tuttavia comportare una maggiore uniformità negli orientamenti della giurisprudenza in materia di polizze unit-linked, dovuta alla competenza esclusiva di alcune sezioni presso ciascun tribunale, che potrebbe evitare arbitraggi tra diverse corti e maggiore specializzazione nell’affrontare temi tecnici comuni.