In Italia i servizi di open banking più diffusi sono l’aggregazione dei dati di conto corrente; la verifica dell’autenticità dell’Iban bancario tramite la corretta associazione ad un codice fiscale o partita Iva; le applicazioni che permettono di gestire/organizzare la finanza personale
Nel 2021, in Europa, sono state registrate acquisizioni in ambito Open Banking per un valore totale di circa 2 miliardi di euro
L’open banking è in grande crescita a livello europeo, ma in Italia non ha ancora “sfondato”. Secondo un’indagine condotta da Cbi e Pwc, che ha raggiunto le principali dieci banche italiane, è emerso che meno del 5% dei clienti utilizzano servizi di open banking. Quest’ultima innovazione, resa possibile in Europa dalla direttiva Psd2 entrata in vigore nel 2016, permette, previo consenso dell’utente, di condividere dati bancari con società terze – che possono fornire servizi aggiuntivi all’utente.
Secondo il Global Open Banking Report di Cbi sono già oltre 60 i Paesi che hanno avviato iniziative per abilitare questo genere di condivisione e dunque di “apertura” del dato bancario. Dal 2019 circa 500 terze parti, che offrono servizi abilitati dalla condivisione dei dati bancari, hanno ricevuto l’autorizzazione per operare in Europa (incluso il Regno Unito). Ad essere attive in Italia, però, sono solo 13 terze parti. “Un’offerta incompleta da parte della banca” potrebbe spiegare in parte il fenomeno” della scarsa adozione dell’open banking da parte dei clienti italiani, per il 70% delle banche intervistate gli elevati investimenti necessari sono la principale barriera per l’adozione dei servizi di open banking, si apprende dal report.
“L’Italia sta proseguendo il proprio percorso verso l’open banking anche se, ad oggi, il tasso di adozione è ancora contenuto sia a livello di operatori di mercato (sono 13 i third party provider attivi) che di utenti finali (meno del 5% utilizzano servizi open banking)”, ha dichiarato Marco Folcia, Partner di PwC Italia. “In tal senso”, ha aggiunto, “i principali elementi che potrebbero stimolarne la crescita sono: l’incremento dell’awareness verso gli utenti finali sulle potenzialità dell’open banking ed i benefici associati, il miglioramento delle interfacce dedicate alle terze parti messe a disposizione dalle banche e lo sviluppo di iniziative di collaborazione, anche con operatori esterni al mondo finanziario, per diffondere una cultura open fra player di mercato.”
Lo studio, condotto su 41 operatori di mercato europei, rivela che, su un totale di 2.400 API rilevate, il 63% di esse si basa su dati Psd2 relativi ad Account Information (AIS) e Payment Initiation (PIS). In misura inferiore (14%), cominciano ad emergere servizi basati su investimenti, prestiti o dati assicurativi.
Nel caso italiano, ad esempio, i servizi più diffusi sono l’aggregazione dei dati di conto corrente provenienti da diversi istituti di credito; la verifica dell’autenticità dell’Iban bancario tramite la corretta associazione ad un codice fiscale o partita Iva; le applicazioni che permettono di gestire/organizzare la finanza personale, ad esempio attraverso l’analisi di entrate ed uscite.
Trattandosi di dati maneggiati da terze parti, l’autorizzazione del cliente avviene solo quando queste ultime godono di sufficiente fiducia. “I nuovi servizi abilitati dalla Psd2, anche se fortemente innovativi, hanno delle caratteristiche ancora settoriali (legate perlopiù al mondo dei pagamenti); inoltre, non è immediato per il cliente abituarsi all’intermediazione di un soggetto terzo nell’accesso ai propri servizi bancari, soggetto verso il quale deve sviluppare un adeguato livello di conoscenza e fiducia”, ha commentato Alessandra Perrazzelli, vice direttrice generale della Banca d’Italia, “i segnali sono però positivi e importanti novità potranno arrivare dalle iniziative della Commissione Europea in tema di Open Finance e Digital Financial Strategy”.
“L’open banking rappresenta una grande opportunità per l’industria finanziaria per creare innovazione collaborativa, a vantaggio della clientela corporate e retail. Le banche che continueranno a investire in innovazione tecnologica, competenze digitali e sostenibilità saranno le protagoniste della trasformata arena competitiva internazionale”, ha commentato Liliana Fratini Passi, la direttrice generale di Cbi, che lo scorso novembre è stata insignita del titolo di ‘Woman in FinTech of the Year’. “Il report evidenzia che siamo ancora in una fase iniziale di crescita e che ci sono ampi margini di sviluppo per gli operatori bancari che sapranno guardare oltre la compliance, verso l’Open Finance.”