Il trust è un istituto originario dei paesi di Common law, riconosciuto anche nel nostro Paese grazie alla Convenzione dell’Aja dell’1.7.85. Si tratta di un rapporto giuridico istituito da una persona, il disponente – con atto inter vivos o mortis causa – qualora determinati beni siano posti sotto il controllo di un trustee (che, si precisa subito, deve essere diverso dal disponente per far sì che il trust non risulti “interposto”) nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico.
Le caratteristiche distintive del trust
Ai sensi dell’art. 2 della Convenzione dell’Aja, il trust presenta alcune caratteristiche distintive:
- a) i beni inclusi nel trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee;
- b) i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee;
- c) il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre dei beni conformemente alle disposizioni stabilite nell’atto di trust e alle norme specifiche impostegli dalla legge.
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La disciplina del trust
Come anticipato, il trust non risulta espressamente disciplinato da alcuna legge italiana, se non per gli aspetti fiscali, per i quali vi è esplicito riferimento, ad esempio, nell’art. 73 del Tuir. In generale, il trust deve necessariamente prevedere la presenza di un settlor (o disponente) che si spoglia dei propri beni, o parte di essi, per trasferirli a un altro soggetto, detto trustee, che li riceve e li amministra secondo le disposizioni impartitegli con l’atto istitutivo di trust, a beneficio di ulteriori soggetti detti beneficiari (beneficiaries) del trust o per uno scopo specifico stabilito dal settlor.
Il trustee è tenuto a utilizzare i beni apportati in trust in conformità con le modalità e le disposizioni stabilite nell’atto istitutivo di trust. In caso di mancanza o contraddizione di istruzioni nell’atto, il trustee deve seguire le norme stabilite dalla legge che regolamenta il trust. Il trustee deve rendere conto della propria attività e, al termine del trust, deve trasferire i beni ai beneficiari, secondo quanto previsto dall’atto istitutivo. Può essere prevista, seppur non necessariamente obbligatoria (salvo casi particolari come i trust caritatevoli), la figura di un “guardiano” il cui compito è quello di supervisionare e controllare l’operato del trustee.
Applicazioni operative
Una possibile applicazione operativa dell’istituto del trust che si sta sempre maggiormente diffondendo è l’apporto all’interno di un trust da parte dei soci di una società di capitali delle rispettive quote detenute all’interno della società stessa al fine di perseguire obiettivi di riorganizzazione e trasmissione generazionale del proprio patrimonio. Nello specifico, i soci apportano, in qualità di disponenti, in un trust le loro rispettive quote societarie non ricevendo alcunché dal trust, poiché l’atto di apporto comporta lo spossessamento definitivo dei beni conferiti con l’uscita irreversibile dalla sfera patrimoniale del/i disponente/i e la sua/loro permanente diminuzione patrimoniale.
I profili fiscali dell’apporto di beni in trust
In passato, si è registrato un ampio dibattito giurisprudenziale sull’imposizione relativa agli atti di apporto in trust, anche se l’opinione che prevedeva la tassazione proporzionale eventuale e differita del trust era la maggioritaria, contrariamente a quanto inizialmente stabilito dall’Agenzia delle entrate, che sosteneva la tesi secondo cui dovesse corrispondersi l’imposta di donazione già in sede di disposizione dei beni all’interno del trust.
Infine, ad oggi, in seguito alla pubblicazione della Circolare del 20 ottobre 2022, n. 34, l’Agenzia delle entrate si è conformata all’orientamento giurisprudenziale prevalente, ritardando l’applicazione dell’imposta di donazione proporzionale (e, se del caso, delle imposte ipotecaria e catastale) al momento del trasferimento finale dei beni ai beneficiari. Si applica invece solo un prelievo in misura fissa (imposta di registro) al momento della costituzione e dotazione patrimoniale del trust.
Pertanto, sia l’atto istitutivo che l’atto di dotazione del trust, se stipulati con atto pubblico o scrittura privata autenticata, sono soggetti all’imposta di registro fissa in base all’art. 11 della Tariffa, parte I, allegata al Dpr 131/86, attualmente pari a 200 euro.
Viceversa, è l‘atto di devoluzione finale ai beneficiari che costituisce il presupposto per l’applicazione del tributo donativo e che sarà tassato con l’imposta di donazione (e, se del caso, con le imposte ipotecarie e catastali) proporzionali. Per quanto riguarda le modalità di applicazione dell’imposta di donazione all’atto di devoluzione finale, la Circolare n. 34 conferma che le aliquote e le franchigie devono essere determinate in base al rapporto di parentela tra il disponente e il beneficiario finale.
Pertanto, se il beneficiario del trust è il coniuge, il figlio o un parente in linea retta del disponente, si applica un’aliquota del 4%, oltre a una franchigia di un milione di euro per beneficiario; se invece beneficiario è il fratello o la sorella del disponente, si applica un’aliquota del 6%, oltre a una franchigia di 100.000 euro per beneficiario; nel caso sia invece beneficiario un altro parente fino al quarto grado o un affine in linea retta o collaterale fino al terzo grado, si applica un’aliquota del 6% senza franchigia; in ultimo, qualora beneficiario sia un diverso soggetto, si applica un’aliquota dell’8% senza franchigia.
Il differimento dell’applicazione dell’imposta di donazione al momento del trasferimento finale al beneficiario implica che questo momento debba essere preso come riferimento anche per la determinazione della base imponibile e per valutare la presenza di condizioni agevolative, come quelle relative alla prima casa per le imposte ipotecarie e catastali.
Analogamente, per mantenere l’esenzione dall’imposta di donazione prevista dall’art. 3, comma 4-ter del D.lgs. 346/90, in caso di conferimento in trust di partecipazioni o di azienda, è necessario che i beneficiari del trust mantengano il controllo o l’azienda per almeno 5 anni a partire dal trasferimento finale e non più dall’atto di dotazione (come era stato stabilito in passato, quando l’Agenzia adottava la tesi della tassazione anticipata).
Inoltre, l’Agenzia precisa che, ai fini della territorialità dell’imposta di donazione, si deve fare riferimento al momento dell’apporto dei beni in trust, “momento in cui si verifica l’effettivo «spossessamento» dei beni da parte del disponente per effetto della segregazione”.