Il trasferimento generazionale della ricchezza è uno dei grandi
temi su cui gravita l’informazione finanziaria dedicata ai
consulenti, ma il grado di reticenza da parte della clientela nel
parlare dell’argomento, anche da parte dei soggetti più abbienti,
appare piuttosto elevato. Secondo i dati pubblicati a fine 2021 da
Wealth X, una società di ricerche specializzata, i soggetti
High-net-worth (Hnwi) avrebbero trasferito solo in Europa qualcosa
come 3.600 miliardi di dollari entro il 2030 – una somma pari al
15% di tutti i cespiti ereditati nel continente. Pianificare il
cosiddetto passaggio generazionale non significa solo ridurre
eventuali prelievi fiscali legati alla successione, ma anche
prevenire all’origine dissidi e costose battaglie legali. E’, insomma
un tema interessante soprattutto per i grandi patrimoni.
Pianificazione successoria? Un tema indigesto
Eppure,
è emerso dall’ultimo High Net Worth Investor Report 2022, realizzato
dalla società di ricerca australiana Investment Trends, meno della
metà (46%) dei consulenti ha parlato di pianificazione successoria
con i loro clienti altamente patrimonializzati. La maggioranza, fra
gli Hnwi non interpellati dal proprio consulente sul tema,
preferirebbe comunque non parlare dell’argomento: lo afferma un terzo
degli intervistati, contro un 21%, che si dice invece desideroso di
farlo. Secondo quanto ha affermato la responsabile della ricerca
Irene Guiamatsia, in un’intervista a Professional Planner, questa
reticenza è indubbiamente una sfida per i consulenti, anche se quel
21% di Hnwi aperti a discutere di successione “è una fantastica
opportunità perché offre la possibilità di acquisizione del
cliente ad infinitum: se si è in grado di servire le famiglie
attraverso le generazioni, l’onere di conquistare continuamente nuovi
clienti diminuisce”.
Nonostante vi sia una maggiore
propensione alla gestione finanziaria, anche negli Stati Uniti è
significativa la percentuale di individui che non dispone di alcun
piano successorio. Secondo una ricerca pubblicata lo scorso ottobre
dalla banca D.A. Davidson & Co, il 74% delle donne e il 59% degli
uomini, sondati su una base rappresentativa di tutti gli adulti
statunitensi, non aveva alcun piano per il passaggio generazionale.
La probabilità di averne uno, è emerso dal sondaggio, aumenta
parecchio, dal 18 al 56%, se l’intervistato ha avuto un rapporto con
un consulente finanziario. Chi ha lavorato con un professionista
finanziario si sente anche più sicuro (39% contro 26%) e preparato
(33% contro 20%) nel discutere del loro piano successorio e delle
loro volontà di fine vita rispetto a coloro chi non ha mai avuto
rapporti con un consulente.
In generale, il principale
motivo per il quale non viene affrontato il tema dell’eredità, per
il 37% del campione, è che non si ritiene di aver denaro a
sufficienza per doversene preoccupare. Più interessante notare che,
nell’insieme degli intervistati assistiti da un consulente, la
principale ragione (44%) è un’altra: non si parla di eredità perché
si rimanda la questione nel futuro, si tende a procrastinare. Un
altro 11% afferma di provare semplicemente disagio a parlare di un
argomento legato alla morte.
Come approcciare il tema dell’eredità con i clienti
Secondo la trust company Pendleton Square, intervenuta sul
tema lo scorso marzo, la prima domanda che il consulente può fare
per provare a introdurre il discorso con il cliente è anche la più
semplice: chiedere se un piano successorio c’è o meno. “E’ sciocco
credere che una famiglia rimanga con un consulente che non ha
identificato la mancanza di un piano successorio come un problema”,
ha affermato la società. La domanda successiva, qualora il piano
effettivamente esista verte su chi l’abbia preparato: “Un problema
scivoloso si verifica quando un piano successorio viene elaborato da
un avvocato o da un altro esperto che è competente in un settore ma
inesperto di pianificazione successoria”, ha affermato Pendleton
Square, “questo può portare a pericolose supposizioni sulla
validità, l’efficienza e l’operatività di un piano successorio che
proviene da una fonte fidata”. In seguito, viene suggerito di
domandare anche quando sia stata effettivamente l’ultima volta che il
piano è stato rivisto: nel frattempo potrebbero esserci stati
cambiamenti rilevanti, come divorzi, matrimoni o cambiamenti nella
carriera.
Secondo un focus dell’American College of financial services, la cosa più importante
della pianificazione successoria è “iniziare a parlarne” e un
buon modo per farlo sarebbe quello di non tardare troppo a trattare
l’argomento: “Iniziate presto la conversazione sulla pianificazione
successoria con i clienti e rivedetela regolarmente per assicurarvi
che sia ancora in corso”, si legge nel breve vademecum, “per i
clienti più giovani è più facile discutere di pianificazione
successoria, perché vedono la morte in un futuro molto lontano”.
Tenuto conto che l’obiezione più probabile, se si parla del tema con
un soggetto giovane, potrebbe riguardare la poca entità dei fondi da
trasmettere, ha affermato il professore in materia fiscale
dell’istituto Ted Kurlowicz, è importante far considerare le
componenti che vengono spesso sottovalutate come i contributi alla
previdenza integrativa o la semplice possibilità di ricevere
un’eredità nel futuro.
“Pianificare il
passaggio generazionale è un elemento fondamentale della
pianificazione finanziaria, ma molto spesso si preferisce non
affrontarlo visto che ci fa pensare ad un evento molto spiacevole, la
nostra morte. Il primo consiglio che mi sento di dare è quello di
affrontarlo come ultimo step della pianificazione finanziaria, dopo
che tutti gli altri aspetti sono stati sistemati (eventuali
assicurazioni, portafogli di investimento legati ad obiettivi
personali”, ha dichiarato a We Wealth Lorenzo Brigatti di
Lixinvest, “dare prima spazio ad altri temi può aiutare a far
acquisire credibilità e fiducia agli occhi del cliente, che
torneranno utili quando bisognerà affrontare questo argomento, molto
delicato”.
Un secondo step potrà fare leva sui
benefici che gli eredi potrebbero trarre da questo genere di lavoro:
“Senza nessuna pianificazione successoria, si possono creare dei
conflitti personali molto violenti tra i beneficiari dell’eredità,
in particolare quando ci sono situazioni complesse che coinvolgono
parecchi immobili o quote societarie, situazioni molto comuni nella
clientela Hnw”, ha detto Brigatti, “questi conflitti possono
rovinare irreparabilmente relazioni familiari ed in alcuni casi anche
la memoria della persona che viene a mancare”. Per queste ragioni,
“presentare la pianificazione del passaggio generazionale come un
atto d’amore verso chi andrà a ricevere l’eredità ed un modo per
mantenere armoniose le relazioni tra le persone che amiamo può
essere un ulteriore incentivo ad affrontare questo tema spinoso”.