Negli ultimi anni il mondo della consulenza finanziaria sta attraversando una trasformazione radicale. Entro il 2028, infatti, circa 180 miliardi di euro passeranno nelle mani delle nuove generazioni, una cifra che salirà a 300 miliardi entro il 2033, secondo le stime di AIPB (Associazione Italiana Private Banking). Tuttavia, c’è un dato che fa riflettere: il 69% dei clienti privati tra i 65 e i 74 anni non coinvolge i propri figli nella gestione del patrimonio e questo crea inevitabilmente un vuoto che il settore dovrà essere in grado di colmare.
Le banche e i consulenti dovranno prepararsi ad affrontare questo passaggio generazionale non solo con le strategie più tradizionali, ma anche adottando strumenti digitali innovativi. Perché sarà cruciale dialogare e relazionarsi con generazioni diverse, come ha sottolineato Martino Dallasta, esperto di marketing digitale e fondatore di MD Consulting, una società che si occupa di formare e aiutare banche e consulenti finanziari, nonché SCF nell’acquisizione di nuova massa in gestione.
Tra “fee-only” e consulenza olistica: nuove sfide per il settore
Uno dei trend più rilevanti nella trasformazione del settore è l’affermazione del modello fee-only, di importazione anglosassone, che consente ai consulenti finanziari di essere pagati esclusivamente per la consulenza offerta al cliente, senza parcelle o costi aggiuntivi. Questo modello esclude gli eventuali conflitti di interesse legati alla vendita di prodotti finanziari. E l’aspetto positivo è che, negli ultimi anni, anche le banche italiane hanno iniziato a prenderlo sempre più in considerazione.
“In Italia, i fondi sono tra i più costosi al mondo e il fee-only, in questo senso, offre maggiore trasparenza. Il consulente viene pagato direttamente dal cliente, senza rischiare di scoprire incentivi nascosti di cui non è a conoscenza. Tuttavia, convincere il pubblico a pagare un professionista in modo più diretto resta una sfida per il settore. Spesso è molto più semplice non essere al corrente dei costi e poi ritrovarsi a pagare molto di più rispetto ai costi di gestione a parcella”, spiega Dallasta.
Consulenza finanziaria: il ruolo della tecnologia
La difficoltà nel vedere il consulente finanziario indipendente come un professionista (vero) è una delle sfide che il settore dovrà cercare di superare in questo 2025. La chiave per colmare questo gap – di fiducia – può essere proprio la tecnologia. In che modo? Grazie a delle piattaforme digitali, innovative e soprattutto intuitive.
“Le piattaforme digitali dovrebbero essere sempre più user-friendly e smart, anche per abbracciare e agevolare una fetta di clienti più giovani. Non solo, è importante centralizzare in queste piattaforme diverse tipologie di servizio, in modo che siano concentrate in un unico ambiente. Per esempio la parte dei crediti, dei mutui e tutto il mondo dei servizi assicurativi”, continua.
Il consulente finanziario indipendente dovrebbe entrare nell’ottica di offrire una intermediazione olistica e a 360°. Il valore percepito dal cliente di avere una figura di riferimento, un professionista, che si occupi di tutti i problemi che possono sorgere a livello finanziario, economico, assicurativo, aziendale è sicuramente molto più alto. E potrà soltanto crescere.
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Investire senza consulente: i rischi del fai-da-te e dei fin-influencer
Ma tra le “battaglie” che il settore sembra ancora non aver vinto c’è anche la tendenza da parte dell’investitore a ricorrere al semplice ma insidioso fai da te. Spesso questo comportamento si traduce in scelte di investimento sbagliate, basate su consigli poco affidabili.
“Secondo un report della Consob, due italiani su tre, tra gli under 35, prendono decisioni finanziarie basandosi su consigli trovati su Twitter e Instagram o, in generale, sui social network. Questo fenomeno, che dipende sicuramente da una maggiore accessibilità alle informazioni (di qualsiasi tipo) da parte dell’utente, espone gli investitori a consigli poco affidabili. In più, è importante sottolineare che molti fin-influencer non sono abilitati e promuovono strategie speculative ad alto rischio, come il copy trading. Questo porta a perdite economiche per l’investitore che rischia di maturare una crescente sfiducia verso tutto il settore”, avverte Dallasta.
Contrastare questa tendenza non è impossibile. Un bravo consulente finanziario è quello capace di far capire all’investitore che bisogna mettere i propri risparmi nelle mani di un esperto, sia esso un professionista iscritto all’albo o abilitato all’offerta fuori sede. In questo modo si ha la garanzia che l’attività del consulente sia controllata e regolamentata, online e offline.
Social media e digitalizzazione: come usarli al meglio
Ma come si suol dire: se il nemico non lo batti, unisciti a lui. E quindi sfruttare il digitale rafforzando la propria presenza sui canali online può essere una valida strategia per ampliare il portafoglio di clienti distinguendosi dalla “concorrenza sleale”. E nel 2025 è inevitabile adattarsi a un mondo che cambia.
“La verticalità della propria comunicazione è la chiave per avere successo, anche sul digitale. Il problema della comunicazione online è la standardizzazione: il 99% dei consulenti finanziari parla, per esempio, di previdenza e investimenti. Mentre può risultare strategico per accrescere la propria reputazione partire da una nicchia o da bisogni specifici per attirare una piccola fetta di clienti, fidelizzarli e poi espandere il proprio target”, continua Dallasta.
“Parlando di strumenti, invece, quelli più efficaci per incrementare la raccolta si dimostrano ancora una volta i webinar sponsorizzati. Organizzare salotti finanziari online può essere la soluzione ideale per intercettare un pubblico mirato e con bisogni specifici”.
ETF e nuovi trend di investimento
Seguire le tendenze, anche quando si parla di prodotti di investimento, è un altro punto chiave per essere competitivi sul mercato. L’importante è farlo sempre in modo consapevole, senza farsi trascinare dall’entusiasmo.
“Oggi, per esempio, vediamo che gli ETF stanno guadagnando molta popolarità tra gli investitori italiani. Secondo Morningstar, nel 2024 la raccolta sugli ETF ha raggiunto i 247 miliardi di euro (contro i 145,4 del 2023) e questo è un segnale del crescente interesse per questo tipo di prodotti a basso costo”, spiega Dallasta. “Sfruttare trend come questo per avvicinarsi a tutta quella parte di clienti interessata a un prodotto di investimento specifico va bene, ma non può essere la soluzione a tutti i mali. La cosa fondamentale è cercare sempre di adottare un modello di ricerca che ci permetta di capire qual è il tema da sfruttare per acquisire nuovi clienti in modo graduale, attento e consapevole”.
Insomma, il futuro della consulenza finanziaria sarà determinato da un mix di tradizione e innovazione. Le generazioni stanno cambiando e con esse anche le esigenze da soddisfare: essere in grado di adattarsi a questo nuovo panorama farà la differenza tra chi saprà crescere e chi rimarrà indietro.
“L’approccio vincente è quello del consulente a 360°: non basta più gestire un portafoglio, bisogna diventare la figura di riferimento per tutte le esigenze finanziarie del cliente”, conclude.