Il disegno di legge di delega per la riforma fiscale approvato dal Consiglio dei ministri il 16 marzo 2023 (A.C. 1038), attualmente all’esame della VI Commissione Finanze, interviene sullo scambio di partecipazioni mediante conferimento, per razionalizzarne il regime.
Con il presente contributo commenteremo il programmato intervento, dapprima richiamando la disciplina vigente in materia di conferimenti di partecipazioni “qualificate” e poi analizzando i principi e i criteri direttivi cui dovrebbe ispirarsi il legislatore delegato, al fine di superare talune criticità e difficoltà applicative emerse nel tempo.
Il Ddl di delega fiscale
L’articolo 6 (rubricato «Principi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle società e degli enti») del Ddl di delega fiscale, alla lettera “e)” del comma 1 indica, tra i principi e criteri direttivi specifici della riforma in materia di imposte sul reddito delle società e degli enti, la «sistematizzazione e razionalizzazione della disciplina dei conferimenti di azienda e degli scambi di partecipazioni mediante conferimento, con particolare riferimento alle partecipazioni detenute nelle holding, nel rispetto dei relativi principi vigenti di neutralità fiscale e di valutazione delle azioni o quote ricevute dal conferente in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla conferitaria per effetto del conferimento» (cosiddetto “realizzo controllato”).
La relazione illustrativa, al riguardo, chiarisce che, in forza di tale previsione, il legislatore delegato dovrà eliminare gli effetti di irrazionalità e distorsione attualmente derivanti dalle norme che regolano i conferimenti d’azienda di cui all’articolo 176 del Tuir e gli scambi di partecipazioni mediante conferimento di cui all’articolo 177 del Tuir, e che in relazione a questa seconda fattispecie, in particolare, «il criterio direttivo si riferisce espressamente al caso in cui oggetto del conferimento è la partecipazione in una società holding per il quale il comma 2-bis del citato articolo 177 detta condizioni particolari di applicazione della normativa».
I conferimenti di partecipazioni qualificate nell’attuale impianto del Tuir
In proposito, richiamando anche quanto già illustrato con nostri precedenti contributi su questo sito [cfr. R. Moscaroli, «Assetti societari: conferimenti di partecipazioni di controllo», in WeWealth, 28 aprile 2020], vale ricordare brevemente che, nell’ambito del Tuir, i conferimenti di partecipazioni di controllo o di collegamento trovano una particolare disciplina di vantaggio, in considerazione della peculiare natura dell’operazione, in cui il nesso tra la partecipazione e il suo titolare viene (non già reciso, come nella compravendita, ma) sostituito dalla partecipazione ricevuta in cambio del conferimento stesso.
La natura “ambivalente” di queste operazioni, quindi, ha spinto il legislatore a tassare i conferimenti di partecipazioni di controllo e di collegamento secondo un duplice criterio:
- da un lato, rispettando il principio della simmetria fiscale tra valori tassati in capo al soggetto conferente e valori fiscalmente riconosciuti in capo alla società conferitaria;
- dall’altro, mitigando la tassazione del conferente, mediante previsione di un regime – cosiddetto del “realizzo controllato” (su cui cfr. infra) – che si pone “a metà”, tra il modello del realizzo pieno di cui all’articolo 9 del Tuir e quello della neutralità fiscale, tipico delle operazioni di riorganizzazione (conferimenti d’azienda, fusioni e scissioni).
Vengono in rilievo, a tal fine, gli articoli 175 e 177 del Tuir. In particolare:
- l’articolo 175 del Tuir disciplina i conferimenti di partecipazioni di controllo o di collegamento ex articolo 2359 del Codice civile effettuati tra soggetti residenti, nell’esercizio di imprese commerciali. Per detti conferimenti, si prevede che la plusvalenza del conferente sia determinata assumendo, quale corrispettivo ricevuto, il maggiore tra (i) il valore contabile di iscrizione delle partecipazioni ricevute in cambio nel bilancio del conferente e (ii) quello di iscrizione delle partecipazioni conferite nel bilancio del conferitario. Il regime in commento viene dunque definito come del “realizzo controllato”, perché il valore fiscale del realizzo coincide con il valore contabile per il quale è stato effettuato il conferimento, quale – appunto – deciso (e quindi “controllato”) dalle parti. Si noti, inoltre, che, laddove l’operazione avvenga “in continuità” di valori (perché l’incremento del patrimonio netto contabile della conferitaria ed il valore di iscrizione in bilancio delle partecipazioni ricevute in cambio dal conferente sono pari all’ultimo costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni conferite), il regime in commento comporterà altresì l’assenza di emersione di materia imponibile, similmente ad un regime di neutralità fiscale.
- L’articolo 177, comma 2, del Tuir, invece, disciplina la specifica ipotesi del conferimento di partecipazioni, con il quale la società conferitaria acquisisce il controllo di una società ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1, del Codice civile (cosiddetto “controllo di diritto”), ovvero incrementa, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo già detenuta. La disposizione in esame stabilisce che, in detta particolare ipotesi, le partecipazioni ricevute dal conferente a seguito del conferimento sono valutate, ai fini della determinazione del reddito dello stesso, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento. La disposizione in parola trova diversi punti di contatto (e di sovrapposizioni applicative) con la precedente (e cioè con l’articolo 175), discostandosene tuttavia per altri profili, tra cui quello dell’ambito soggettivo di applicazione (che include le persone fisiche che detengono le partecipazioni come privati e non come imprenditori). Come nel caso dell’articolo 175, inoltre, essa prevede (non già un regime di neutralità, bensì) una particolare modalità di determinazione del “valore di realizzo” dell’operazione, basata, come indicato, sul valore (contabile) dell’incremento di patrimonio netto effettuato in contropartita al conferimento (“realizzo controllato”).
- Il successivo comma 2-bis dell’articolo 177, introdotto nel 2019 dal “decreto Crescita” (decreto-legge n. 34 del 2019), infine, estende il regime di “realizzo controllato” già previsto dal comma 2 ai conferimenti di partecipazioni di minoranza effettuati a favore di società interamente partecipate dal conferente (esistenti o di nuova costituzione), a condizione che dette partecipazioni siano “qualificate” e cioè rappresentino una percentuale di diritti di voto in assemblea ordinaria superiore al 2 o 20%, ovvero una partecipazione al capitale superiore al 5 o al 25%, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Per i conferimenti di partecipazioni detenute nelle holding, inoltre – e qui sta la criticità riferita dalla relazione illustrativa – le predette percentuali vanno riferite alle società indirettamente partecipate che esercitano un’impresa commerciale secondo la definizione del Tuir (e cioè secondo l’articolo 55 del Tuir), tenendo conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa.
La relazione illustrativa e le prospettive di riforma
Ora, proprio l’ultima delle previsioni citate (e cioè il comma 2-bis dell’articolo 177) si è rivelata di particolare utilità per favorire le riorganizzazioni delle holding di famiglia ed i passaggi generazionali (che infatti riguardano spesso anche partecipazioni di mero collegamento), rivelando tuttavia dei “limiti” o comunque delle criticità interpretative e applicative (anche conseguenti alle interpretazioni dell’Agenzia delle entrate), con riferimento: alla “uni-personalità” della conferitaria (e cioè al fatto che la conferitaria debba essere partecipata interamente dal conferente), allo stesso concetto di società holding soggetta alla suddetta regola e alla necessità che le percentuali “qualificate” (2-20% dei diritti di voto o 5-25% del capitale, a seconda che si tratti di titoli negoziati o meno) vadano verificate, tenendo conto della demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa, non solo sulle partecipazioni detenute direttamente dalla holding, ma anche con riferimento a tutte le partecipazioni di secondo, terzo o di ulteriore livello.
Tornando quindi alle prospettive di riforma, la relazione illustrativa ricorda che «in via generale, si applica il cosiddetto regime di realizzo controllato laddove la partecipazione detenuta superi le soglie fissate dalla norma. Laddove, invece, il conferimento riguardi partecipazioni detenute in società holding è richiesto che le percentuali minime si riferiscano a tutte le società indirettamente partecipate che esercitano un’impresa commerciale e si determinino, relativamente al conferente, tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa. In base alla consolidata interpretazione della norma in esame, la demoltiplicazione si applica anche alle società operative di secondo livello; in sostanza, l’approccio “look-through” va applicato sino ai livelli inferiori della catena e la presenza di una sola partecipazione in una società operativa “sotto soglia” preclude la fruizione del regime di realizzo controllato. Il criterio direttivo prevede che la sistematizzazione e la razionalizzazione della materia debba comunque far salvo il principio di neutralità fiscale sotteso ai conferimenti di azienda e il principio del cosiddetto realizzo controllato tipico degli scambi di partecipazione mediante conferimento».
La relazione illustrativa, pertanto, evoca un intervento riformatore teso a superare la terza delle criticità sopra evidenziate (e cioè quella legata all’approccio “look-through”), senza fare riferimento esplicito ad altre questioni.
L’auspicio è che l’intervento del legislatore abbia portata più ampia, così da superare le incertezze interpretative e le criticità sino a oggi emerse e da rendere la disciplina in parola di più semplice accesso e impiego, lasciando impregiudicati, sempre, i principi di simmetria fiscale tra valori tassati in capo al soggetto conferente e valori fiscalmente riconosciuti in capo alla società conferitaria.