Nonostante la fama di bene rifugio, comprare e vendere oro fisico comporta costi non indifferenti
Fra spread applicato dal commerciante e tassazione il guadagno teorico della vendita rischia di assottigliarsi in modo evidente
L’oro è una delle forme di investimento che ancora costringe a confrontarsi con qualcosa di fisico, che si può tenere in mano e custodire. Nonostante la fama di bene rifugio, comprare e vendere oro fisico comporta costi non indifferenti ed è bene essere informati quando si decide di preferire questa soluzione alle forme di oro “cartacee”, decisamente più pratiche per chi ama il trading.
Come vendere l’oro fisico
“L’oro fisico va distinto in due tipologie”, ha affermato a We Wealth, Carlo Alberto De Casa, analista e autore per Hoepli de I segreti per investire sull’oro, “da un lato, abbiamo i lingotti e le monete, che sono fatti di oro quasi completamente puro. Dall’altro gli altri oggetti in oro”, come i prodotti per l’oreficeria o i gioielli veri e propri.
L’oro che si trova in questa seconda categoria offre meno garanzie sulle sue caratteristiche. “Il rischio per chi vende oro è di non sapere esattamente il valore di quello che sta offrendo”, ha dichiarato de De Casa, “quando c’è una consapevolezza chiara e l’offerta del commerciante non ci sembra corretta, semplicemente si passa oltre”.
Il consiglio di De Casa è di far valutare attraverso una perizia indipendente l’oro e il suo valore effettivo, “un’analisi possibilmente effettuata da un soggetto diverso dal potenziale compratore”. Questa accortezza, come accennato, potrebbe essere importante soprattutto per valutare l’oro fisico in diverse dai tipici formati da investimento, o perché si presume che l’oggetto abbia un valore numismatico o collezionistico particolare. La perizia è un costo aggiuntivo, ma per chi vende evita il rischio di valutazioni al ribasso in sede di vendita.
Per le sterline d’oro ad esempio, una delle monete auree più diffuse in assoluto, è possibile consultare online le quotazioni sul valore, che varia sensibilmente a seconda del conio: le nuove monete con l’effigie di Carlo III, ad esempio, sono più quotate.
Quando si vende l’oro in queste forme tipicamente da investimento, la cui caratura e purezza sono ‘garantite, è più facile farsi un’idea oggettiva di quale sia la quotazione corretta, e di conseguenza del margine che commerciante potrà applicare rispetto al valore di mercato del momento in cui si va a vendere. Un margine (spread) può considerarsi adeguato “fino al 10%” ha dichiarato De Casa, “è un fattore da considerare quando si decide di comprare o vendere oro fisico, perché anche assumendo di essere stati in grado di portare a casa una performance del 7-8% si rischia di vederla sfumare a causa dello spread”. L’oro fisico “è affascinante, ma ha costi più elevati” rispetto all’investimento solamente sulla carta che si ottiene con l’esposizione a prodotti finanziari come gli Etc.
Quali commercianti scegliere
Una volta chiarito che i costi di servizio per la compravendita saranno abbastanza significativi, viene da chiedersi quale sia, in generale, il canale più adeguato: meglio l’oreficeria/gioielleria o uno dei comuni “compro oro”? Secondo De Casa, la soluzione da preferire sono i venditori autorizzati, i cosiddetti operatori professionali in oro riconosciuti dalla Banca d’Italia: sono una soluzione che ha un maggior grado di ufficialità e, dunque, quando ci si rivolge a un interlocutore di questo tipo, si riducono le possibilità di truffe, specialmente se si acquista oro fisico. In generale, infatti, l’operazione di acquisto è decisamente più rischiosa di quella di vendita perché si può incappare in prodotti di qualità inferiore rispetto al prezzo corrisposto, ha affermato l’esperto.
Sul sito della Banca d’Italia è possibile scaricarela lista completa e aggiornata degli operatori professionali in oro sul territorio nazionale. La vendita dal gioielliere, invece, rischia di comportare spread ancora maggiori e dunque un divario più ampio fra il prezzo dell’oro al dettaglio e il prezzo di vendita effettivo.
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Come viene tassato l’oro
Una premessa fondamentale: solo l’oro da investimento è soggetto a tassazione, il che include anche i prodotti semilavorati destinati a un successivo utilizzo industriale. Sono esenti, invece, i prodotti di gioielleria e oreficeria, così come l’oro utilizzato per scopi medici o per la componentistica elettronica.
La plusvalenza realizzata sulla vendita di oro da investimento, come avviene per i titoli finanziari diversi dai titoli di Stato, è al 26%. Per dimostrare la differenza tra il prezzo d’acquisto e quello di vendita è necessario essere in possesso della ricevuta d’acquisto. Cosa succede è stata smarrita?
L’imposta sostitutiva viene comunque applicata, ma non sull’intero valore della vendita: la base imponibile sarà del 25% del corrispettivo della cessione (quindi, l’aliquota finale risulterà del 6,5% rispetto all’intero valore di vendita). Di fatto, è come se si assumesse una plusvalenza del 25% “standardizzata”, che risulterà particolarmente indigesta per chi fosse costretto a vendere oro in perdita, senza, però, poterlo dimostrare.