Il prodotto interno lordo dell’area euro è calato dello 0,1% rispetto all’ultimo trimestre del 2022, quando allo stesso modo aveva subito una contrazione dello 0,1%
Vailati: “Riscossa dei Pigs? Sì, se guardiamo al recente passato. Se invece ci sincronizziamo in avanti, la risposta diventa più incerta”
Nel primo trimestre dell’anno l’economia dell’eurozona è entrata in recessione tecnica. Secondo gli ultimi dati Eurostat, il prodotto interno lordo dell’area euro è calato dello 0,1% rispetto all’ultimo trimestre del 2022, quando allo stesso modo aveva subito una contrazione dello 0,1%. Un quadro che ha visto i cosiddetti Pigs (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) viaggiare in controtendenza, al punto che c’è chi parla di una “riscossa” in corso. Se però si guarda in avanti, le prospettive diventano più incerte. Secondo Marco Vailati, responsabile ricerca e investimenti di Cassa Lombarda intercettato da We Wealth, investire sui Pigs non può prescindere dall’analisi di una serie di fattori di rischio.
Si può parlare di una “riscossa” dei Pigs, sia sul fronte macroeconomico che sui mercati?
Sicuramente la risposta non può che essere sì, se guardiamo al recente passato. Se invece ci sincronizziamo in avanti, la risposta diventa più incerta. L’andamento macroeconomico negli ultimi tre trimestri è andato sicuramente a favore dei Pigs, se li confrontiamo con la zona core e in particolare con la Germania, che è l’unica in recessione tecnica. Se si guarda agli indici Pmi di ogni paese, si nota come gli indici manifatturieri siano tutti in area negativa, mentre quelli dei servizi siano in area espansiva se non in accelerazione. Questo comporta che un paese più orientato all’industria, come la Germania, ne risenta. Il modello di sviluppo che ha portato la “locomotiva dell’eurozona” a brillare per decenni è entrato infatti in crisi con l’uscita della pandemia. Ma le motivazioni di questa parziale divergenza non è detto che persistano ancora a lungo. Non penso che la Germania resterà in recessione tecnica ancora per molto e temo assisteremo anche a un rallentamento dello sprint che ha caratterizzato finora le economie dell’area del mediterraneo. Anche perché, soprattutto per l’Italia, c’è il fattore Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) da non sottovalutare. Grossa parte della nostra crescita è legata alla voce investimenti, tornata a crescere come non faceva da tempo anche grazie a queste fonti economiche di cui stiamo beneficiando.
Quali sono i rischi di cui tenere conto, per ognuno dei paesi?
Tutti questi paesi potrebbero soffrire anche a breve termine di un inasprimento delle condizioni finanziarie. Tra l’altro, al 28 giugno è fissata la scadenza delle Tltro (o Targeted longer-term refinancing operation, operazioni di rifinanziamento a lungo termine nate per offrire alle banche prestiti a costi favorevoli e incentivarle a fornire credito a imprese e consumatori nell’area euro, ndr) che ridurrà sicuramente la disponibilità di mezzi sia per la tradizionale attività bancaria, quindi l’erogazione di crediti, ma anche per l’investimento in titoli di Stato. Un altro elemento che potrà pesare al contrario sarà il minor contributo legato al Pnrr, di cui parlavamo prima: nel momento in cui verrà meno questo vettore di crescita e si tornerà a combattere ad armi pari, non sarà facile come adesso vincere la partita del confronto con l’eurozona. Infine, ci sono i rischi generali di equilibrio politico; anche se da questo punto di vista al momento il mercato sta apprezzando la chiarezza di questo periodo. Basti pensare alla Grecia e alla recente vittoria politica: year to date è uno dei mercati azionari che ha garantito il maggior ritorno.
L’Italia, in particolare, sconta ancora un “rischio Paese” più elevato a livello di prezzi azionari?
In termini di conti pubblici sta sicuramente beneficiando di un discorso relativo: sta crescendo, la Germania no. Quindi lo spread è giusto che si stringa, a livello di Btp-Bund. Per quanto riguarda la componente azionaria, la sua performance è legata anche a una composizione settoriale. In realtà la Germania ha una Borsa più concentrata sui settori industriali e, da inizio anno, sta performando peggio rispetto alla Borsa italiana.
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Il nostro listino è sovraccarico di banche: da un lato il ritorno del margine d’interesse favorisce le banche, dall’altro il rallentamento economico alimenterà una crescita dei non-performing loans. Come si bilanciano questi due fattori? Sono più le opportunità o i rischi?
Ci sono sia le une che gli altri. Le opportunità sono più concentrate nel breve periodo e i rischi nel lungo periodo. Nel breve si vede che torna a lavorare il vettore principale del business bancario, cioè il differenziale di interessi, anche perché sulle erogazioni l’alzare il tasso a ruota con i movimenti della Banca centrale europea è stato immediato; viceversa, il processo di rialzo della remunerazione dei conti dei depositanti è un meccanismo più lento. Quindi, da subito i conti tendono a girare bene, però a fronte di un rallentamento macroeconomico aumenta anche il rischio di cadere incontro a insolvenze da parte dei clienti. Quindi bisogna essere attenti nella dinamica, nel tempismo, andando a vedere chi è più esposto.
Tornando alla Grecia, il partito conservatore di Nea Dimokratia ha trionfato, centrando l’obiettivo della maggioranza assoluta. Cosa significa, oltre che per le azioni, anche per i bond?
In generale, a prescindere dalle personali preferenze politiche, i mercati non fanno tanta distinzione tra destra e sinistra, a meno che non ci siano programmi elettorali fuori dalla norma. In ogni caso, la soluzione migliore è quella di una vittoria chiara. Nel caso della Grecia, con la seconda elezione ne è uscito un governo rafforzato. Penso che questo possa essere un buon viatico per gli investitori internazionali che guardano al mercato. Nel momento in cui c’è una guida forte, una maggioranza adeguata che può perseguire le sue politiche, il mercato lo apprezza. Non a caso, come anticipavo, la Borsa greca è la migliore dell’area euro da inizio anno e anche il rendimento garantito dai titoli di Stato greci da gennaio è una spanna sopra gli altri paesi.
Quale strategia di investimento adottare sui Pigs, in definitiva?
Sicuramente considerarli, senza però fossilizzarsi troppo. Nel senso che la grossa divergenza di rendimenti rispetto alla componente core è alle spalle. Non dico che non possa proseguire, anzi, probabilmente lo farà ancora perché siamo tuttora nella fase di erogazione del Pnrr. Però a tendere il differenziale di crescita con i paesi core sarà inferiore. Per cui, inserirli in portafoglio senza però concentrare troppo il rischio. In altre parole, sì Pigs ma non troppo e non a senso unico: con occhi aperti e attenzione ai rischi e al cambiamento delle tematiche che ne hanno determinato un buon avvio d’anno.