- L’indice Hang Seng Tech, che traccia i 30 maggiori gruppi tecnologici quotati a Hong Kong, è salito di oltre il 22% dai minimi del 13 gennaio
- Vintani: “Per un’esposizione al tech cinese si può valutare un investimento dedicato, con un peso che non superi il 5% in un portafoglio a ritorno assoluto”
Azioni tech cinesi in rally. L’indice Hang Seng Tech, che traccia i 30 maggiori gruppi tecnologici quotati a Hong Kong, è salito di oltre il 22% dai minimi del 13 gennaio, battendo anche il Nasdaq 100 (+3%). Una corsa che sembrerebbe riflettere un rinnovato interesse degli investitori per la Terra del Dragone in scia alla vicenda DeepSeek, la startup asiatica che ha recentemente scosso i mercati mondiali con il lancio di un nuovo modello avanzato (e low cost) di intelligenza artificiale.
Mentre Nvidia bruciava 589 miliardi di dollari di capitalizzazione nella seduta di lunedì 27 gennaio, i titoli cinesi del settore sono di fatto entrati in mercato toro. È il caso per esempio del colosso dell’e-commerce Alibaba, che nell’ultimo mese segna un +51%. Ma anche del produttore di elettronica di consumo Xiaomi, della multinazionale dell’automotive Byd, del motore di ricerca Baidu e delle piattaforme di e-commerce JD.com e Meituan, cresciuti rispettivamente del 29%, 25%, 20%, 7% e 14%. Da ricordare che il titolo di Alibaba è salito tra l’altro di oltre il 6% mercoledì scorso, dopo l’annuncio di una collaborazione con Apple sul lancio di una funzionalità di intelligenza artificiale da offrire a chi possiede un iPhone in Cina.
Il rally delle azioni tech cinesi durerà?
Ma durerà? “Il settore della tecnologia è sempre stato attivo in Cina, sebbene prevalentemente sul mercato domestico”, ricorda Giorgio Vintani, analista e consulente finanziario indipendente intervistato da We Wealth. “Negli ultimi anni, in particolare, sono emerse alcune società che fanno capolino nei paesi più vicini offrendo i loro servizi in Asia: penso ad Alibaba e, più di recente, a Temu”, aggiunge. Secondo l’esperto, le aziende cinesi sarebbero avvantaggiate dal fatto che all’interno del Paese non tutte le grandi applicazioni fondate da realtà americane sono accessibili, basti pensare al caso di WhatsApp. Il che ha portato alla nascita di programmi alternativi come WeChat e, pur in un settore diverso, Alipay.
Verso le “magnifiche 7” cinesi?
“Detto questo, è ancora presto secondo me per parlare di un nuovo gruppo di Magnifiche 7 come quelle americane (Alphabet, Amazon, Apple, Meta Platforms, Microsoft, Nvidia e Tesla, ndr) che hanno una diffusione molto più estesa delle corrispondenti applicazioni cinesi. Ci vorrà ancora molto perché Alibaba superi Amazon o perché Baidu raggiunga Google”, prosegue l’esperto. Fatte queste premesse, per Vintani l’importanza della tecnologia nel mercato domestico cinese sta aumentando e la recente apertura del Presidente Xi Jinping – che ha incontrato diversi imprenditori locali tra cui Jack Ma – ne è la riprova.
Azioni: come investire sul tech ora
Ma è il momento di ribilanciare i portafogli esposti al tech, considerando che da anni rappresenta il settore principale dell’S&P 500, avendo raggiunto il peso di un terzo dell’indice (33,34%)? “Ovviamente, non si può prescindere dalla tecnologia americana, il comparto che crea maggior valore in assoluto”, sostiene Vintani. “Per quanti volessero avere un’esposizione al tech cinese, si può valutare un investimento dedicato, con un peso che non superi il 15% del portafoglio in un contesto interamente dedicato alla tecnologia o il 5% in un portafoglio a ritorno assoluto”, suggerisce l’esperto. “Nonostante il boom dell’ultimo periodo, del resto, le azioni cinesi del comparto devono ancora recuperare terreno prima di tornare agli antichi fasti”, ricorda Vintani.
Come comprare azioni cinesi
Un’alternativa per investire nelle azioni cinesi e, più in particolare, nel settore della tecnologia è quella di acquistare un Etf (Exchange traded fund) che investa o nel Paese o nello specifico settore. Alcuni di questi strumenti sono quotati a New York ed espressi in dollari Usa. “I rischi da considerare sono il rischio paese, che include la possibilità di cambi nella regolamentazione e di un intervento diretto del governo nel settore; la volatilità, che è maggiore di quella dei mercati sviluppati; e ovviamente il rischio valutario, legato al cambio dello yuan contro il dollaro americano e di questo contro l’euro”, conclude Vintani.