Investire sulle startup al femminile migliora le performance. Eppure, solo il 3% delle risorse investite dai business angel supporta le donne
Al 2° trimestre del 2022 si contavano 14.621 startup innovative in Italia. Di queste, appena il 13,4% erano a predominanza femminile
Angels4Women è la prima associazione italiana di business angel per supportare l’imprenditoria femminile, lanciata da Axa Italia in partnership con Impact Hub Milano
131 anni. Oltre un secolo. È quanto il World economic forum, nell’ultimo Global gender gap report, stima sarà necessario per colmare i divari tra donne e uomini. Su 146 paesi analizzati, nessuno ha ancora raggiunto la parità. Certo, c’è chi è un po’ più avanti, come l’Islanda, la Norvegia o la Finlandia. E chi invece resta nelle retrovie, come l’Italia, che anzi scivola dal 63° al 79° posto rispetto all’edizione dello scorso anno. Ma il risultato non cambia. 131 anni. 131 anni in cui dovremo ancora rinunciare non solo a migliorare la condizione femminile della popolazione ma anche a rilanciare la crescita, stimolare l’innovazione, aumentare la resilienza. Perché l’uguaglianza di genere vuol dire anche questo. Anche quando si parla di investimenti.
Diamo qualche numero. Stando all’ultimo report Mise-InfoCamere, al 2° trimestre del 2022 si contavano 14.621 startup innovative in Italia. Di queste, appena il 13,4% erano a “predominanza femminile”, ovvero con una presenza di donne tra founder o c-level (termine che indica i livelli più alti di responsabilità manageriale, come chief executive officer, chief financial officer, chief operating officer e chief information officer, ndr) superiore al 50%. I business angel sono invece poco più di 1.500, di cui il 14% donne secondo i calcoli del Social Innovation monitor, team di ricerca con base operativa al Politecnico di Torino. Incrociando i dati, se si guarda agli investimenti in startup al femminile, parliamo di una quota che si aggira intorno al 2-3% su 93,3 milioni di euro investiti nel 2021 in imprese allo stadio iniziale di sviluppo. Eppure, racconta Annamaria Tartaglia, founder e board member di Angels4Women, head of delegation Italy di W20 (G20) e advisor di W7 (G7), investire in startup al femminile – sempre numeri alla mano – conviene. E allora, le chiediamo, da dove parte il cortocircuito?
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“Il primo problema nasce dal fatto che la maggior parte degli investitori siano uomini, che finiscono per trovarsi di fronte a startup che ricoprono aree con cui hanno poca familiarità, a livello di prodotti o di servizi”, racconta Tartaglia. “Questo perché spesso le startup femminili nascono dall’esigenza di trovare una soluzione a un problema che la founder stessa ha sperimentato, in tema di servizi, ricerca o salute, per esempio. Il secondo tema viene innescato invece da un grandissimo pregiudizio di base: si presume che le founder non abbiano le competenze per gestire un’azienda, sia in ambito economico che tecnologico. E le founder, a loro volta, in alcuni casi faticano a presentarsi nella maniera corretta. Gli uomini tendono a proporre pitch in maniera molto strutturata, a puntare anche su proiezioni miliardarie, mentre le donne tendono a essere molto più conservative. Sembra quasi che non abbiano ambizione, non vogliano effettivamente dedicarsi a quel progetto o non siano in grado di raggiungere un determinato risultato. Ma non è così. Anzi, alla fine le performance delle loro attività risultano essere anche migliori”.
Secondo Tartaglia, per eliminare quello che può essere definito come il gender gap degli investimenti, bisognerebbe lavorare lungo due direttrici. “Lato founder, bisognerebbe partire dall’Abc. Spesso le donne che decidono di avviare una startup provengono da altre tipologie di esperienze, non necessariamente imprenditoriali. Quindi il primo punto su cui bisogna battersi è che l’educazione a fare impresa, a prescindere dal genere, dovrebbe rientrare nell’ambito della normale educazione scolastica”, suggerisce l’esperta. Vuol dire formare dalle superiori in poi chi ha già in mente o intende sviluppare in futuro un progetto imprenditoriale in modo che abbia la visione degli strumenti a sua disposizione, che conosca cosa gli può offrire il mercato, cosa vuol dire avere di fronte una platea di business angel che lo supporti nelle fasi seed, pre-seed o scaleup, ma anche quali sono i bandi offerti a livello istituzionale, cosa sono gli incubatori o gli acceleratori e cosa vuol dire lavorare con un fondo di private equity, racconta Tartaglia. Lato investitori, continua, il percorso verso l’uguaglianza di genere viaggia in parallelo. “Bisogna costruire un ecosistema di investitori italiani a più livelli, cui si possano condividere quelle che sono le startup che hanno le potenzialità per crescere”, dice Tartaglia. “Significa anche in questo caso fare formazione su cosa vuol dire essere un business angel, cosa comporta far parte delle varie associazioni di categoria, come viene fatto lo screening, la valutazione, l’investimento e come si supporta una startup non solo dal punto di vista finanziario ma anche mettendo a sua disposizione la propria expertise, il proprio network e la propria visione”.
È in questo scenario che si inserisce Angels4Women, la prima associazione italiana di business angel per supportare l’imprenditoria femminile, lanciata da Axa Italia in partnership con Impact Hub Milano ormai cinque anni fa. “C’è davvero bisogno di un gruppo di business angel donne? Spesso mi chiedono. La risposta è sì, c’è bisogno. Noi abbiamo iniziato il nostro lavoro all’interno di strutture in cui le donne erano mosche bianche. Una rarità. È chiaro che abbiamo fatto fatica a portare avanti le istanze delle startup al femminile, perché considerate poco interessanti, remunerative e organizzate, come dicevo. Quindi abbiamo deciso di costituire un gruppo per fare educazione non solo sui business angel ma anche sulle donne, aiutando loro a capire cosa vuol dire sostenere founder al femminile”, racconta Tartaglia. Anche perché rende di più, ribadisce: le aziende fondate da donne performano del 63% meglio delle aziende con team interamente al maschile. “Collaboriamo anche con tutta una serie di attori che a loro volta portano avanti l’istanza sia dell’imprenditoria femminile sia della volontà delle business angel donna di investire in determinate tipologie di progetti. Vogliamo generare una cultura intorno a queste tematiche”.
(Articolo tratto dal magazine We Wealth di luglio-agosto 2023)