- Il wealth management è inclusivo? Per reti e banche private si apre un importante spazio d’azione contro il gender gap della finanza
- Nel 2022 le iscritte nella sezione dei consulenti abilitati all’offerta fuori sede dell’Albo unico rappresentavano il 22,30% del totale
- Calabrese: “Occorre migliorare la comunicazione e la promozione delle opportunità di carriera offerte alle donne e costruire campagne pubblicitarie e di marketing mirate”
L’ingresso delle donne nella finanza – e in particolare nell’industria del wealth management – può essere paragonato a una lenta marea. Secondo l’ultima fotografia scattata dalla relazione annuale dell’Ocf, al 31 dicembre 2022 le iscritte nella sezione consulenti abilitati all’offerta fuori sede dell’Albo unico rappresentavano il 22,30%. Un dato lievemente in crescita rispetto al 22,10% del 2021. Se poi si osservano i vertici aziendali, la situazione appare ancora più critica. Come evidenziato dalla seconda edizione dell’indagine annuale sul wealth management al femminile di We Wealth, tra le banche private solo Bnl-Bnp Paribas può contare su una guida al femminile (Elena Goitini, amministratore delegato di Bnl e responsabile di Bnp Paribas per l’Italia) accompagnata da Allianz Bank Financial Advisors per le reti di consulenza (l’amministratore delegato, Paola Pietrafesa).
“Per attrarre i talenti al femminile, le banche private e reti di consulenza dovrebbero adottare diverse strategie”, suggerisce Teresa Calabrese, presidente della Commissione Ocf per il passaggio generazionale e gender gap. “In primis, migliorare la comunicazione e la promozione delle opportunità di carriera offerte alle donne; proprio per questo siamo impegnati come commissione con eventi presso le università e le camere di commercio. Poi, dovrebbero essere costruite delle campagne pubblicitarie e di marketing mirate, che sottolineino i vantaggi e le prospettive di crescita che il settore può offrire. Inoltre, è essenziale creare politiche di reclutamento che favoriscano l’inclusione delle donne, abilitando l’accesso alle carriere manageriali”.
L’emancipazione economica delle donne fa bene al Pil
Nel 1997, ricorda Calabrese, le donne rappresentavano appena l’11% del totale dei consulenti finanziari. In 25 anni la percentuale è salita ma è ancora “ben lontana dalla parità di genere del Goal 5 dell’Agenda Onu 2030”, dice Calabrese. “Certamente oggi lo sviluppo tecnologico aiuta a conciliare meglio lavoro e vita privata, ma ancora molto resta da fare”. E, com’è noto, si tratta di una problematica che si estende anche al di fuori del perimetro della finanza. Eppure è noto che l’emancipazione economica delle donne abbia effetti positivi sullo sviluppo dei paesi. In più, l’Ocse stima che se il contributo economico delle donne fosse uguale a quello degli uomini, nel 2025 il Pil annuo ammonterebbe a 28mila miliardi di dollari, ovvero il 26% in più rispetto a uno scenario immutato. “In altre parole, una maggiore partecipazione femminile al mondo del lavoro retribuito, oltre a essere più giusta, sarebbe economicamente vantaggiosa”, osserva Calabrese. “È necessario eliminare le barriere che impediscono alle donne e alla società di crescere e realizzare il pieno potenziale economico”.
Calabrese: aiutiamo i talenti al femminile a esprimersi
Come nel concreto? La commissione presieduta da Calabrese “ha iniziato con una serie di incontri presso le università – dice la manager – ma anche con un convegno al Senato sostenuto dal ministro dell’Università e della ricerca scientifica Anna Maria Bernini e un altro al Salone del risparmio per parlare di indipendenza economica ed empowerment femminile nel settore finanziario. Stiamo proseguendo i nostri incontri negli atenei e nelle camere di commercio anche per favorire il passaggio generazionale nella professione, che offre ottime opportunità ai giovani e alle giovani”.
“La verità è che in passato erano le donne a gestire il denaro, quindi è un mestiere che si avvicina alla nostra indole. Anche perché, a mio avviso, abbiamo una sensibilità particolare per cogliere determinate esigenze dei clienti. Non parlerei di intelligenza emotiva, ma di empatia. Quell’empatia che permette di capire i bisogni dell’altra persona”. Poi conclude: “Credo che non siamo stati ancora in grado di raccontare bene questo mestiere, perché è un mestiere che offre grande manovra e libertà. Dobbiamo aiutare i talenti al femminile a esprimersi”.
Articolo tratto dal n° di maggio di We Wealth.
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